martedì 29 dicembre 2015

Giocare un ruolo

Nella vita quotidiana, come sui palcoscenici più in vista, gli esseri umani si comportano quasi sempre come mistificatori, che gon?ano la loro importanza e pervengono, in questo modo, appunto, a «giocare un ruolo». Il gioco è a volte grossolano, a volte di un'estrema finezza; e d'altronde un tale gioco impegna, compromette; è serio. I ruoli debbono essere conservati sino alla fine; non sono ruoli puri, che l'attore può abbandonare quando ne è stanco o quando avverte di recitare male. Il ruolo prolunga la realtà, ed è pertanto reale; il giuoco esplora il possibile; la commedia non esclude, in astratto, la sincerità; di più, la suppone e le aggiunge anche qualcosa; qualcosa di reale: la coscienza d'una situazione, di un'azione, d'un effetto da ottenere.
E' precisamente così che la vita quotidiana somiglia a un teatro, e che il teatro può riassumere, condensare, «rappresentare» la vita per degli spettatori reali. 

lunedì 21 dicembre 2015

DIRITTO E DOMINIO

Il diritto non è che la volontà del dominatore. Anche la società politicamente più dispotica è sempre alla ricerca del diritto. Tutti i tipi di governo partono dal principio che tutto il diritto e tutto il potere appartengono al popolo preso nella sua collettività. Nessuno di essi, infatti, tralascia di richiamarsi alla collettività e il despota agisce e comanda “in nome del popolo” esattamente come il presidente o qualsiasi aristocrazia. Il diritto è dunque la legittimazione del dominio. Non di questo o quel determinato dominio, ma del dominio in quanto tale. Esso si pone in modo estraneo rispetto all’unico, in quanto per sua natura il diritto mi “viene concesso”. Che sia la natura o Dio o la decisione popolare, ecc., a concedermi un diritto, si tratta sempre di un diritto estraneo, di un diritto che non sono io a concedermi o a prendermi. Non è perciò la fonte del diritto a decidere la sua intima valenza di ratifica del dominio, ma il fatto che comunque esso è sempre un’entità che si pone sopra l’individuo. Per cui non può mai esistere una completa coincidenza tra il diritto e la volontà individuale, dal momento che ogni diritto è, per intrinseca definizione, una categoria particolare e ipostatizzata che si fissa in dimensione universale, mentre l’individuo è una dimensione unica, in sé irripetibile. Diritto storico, diritto naturale o diritto divino o qualsiasi altro diritto; il diritto di per se stesso non è in grado di risolvere i problemi dell’unicità posti al singolo.

domenica 13 dicembre 2015

Una società anarchica

Una società anarchica è, di per se stessa, comunista, essa sarà definibile una volta che noi ci saremo liberati dal peso di tutte le gerarchie interne ed esterne e avremo abbattuto tutti gli ordinamenti statali-capitalisti. Sarà definita quando ognuno sarà posto nella condizione materiale di potere seguire liberamente, senza alcuna ingerenza autoritaria, le sue particolari e inimitabili inclinazioni, fuori da tutti i tabù e da ogni genere di catene e inibizioni sociali.
E’ logico che questo modo di vedere la questione del vivere individuale e sociale porti a dar corso a nuove e più attraenti forme di vita liberata. Nella visione anarchica rivoluzionaria, il comunismo appare epurato da tutti i suoi più odiosi aspetti religioso-autoritari e viene quindi valorizzato criticamente nei suoi aspetti positivi, in quanto non mutila ne appiattisce la personalità dei singoli che comunitariamente lo mettono in pratica, ma, al contrario, il loro associarsi dà modo di esaltare qualitativamente le singole diversità.
In sostanza, l’utopia anarchica è un invito rivolto agli uomini per vivere la propria vita da protagonisti e non da anonime comparse, dentro il corso vivo degli avvenimenti interni ad una umanità non più popolata da fantasmi, ma da individui in carne ed ossa, divenuti finalmente consapevoli della necessità che l’unico ordine sociale che si può riconoscere è quello in armonia con il proprio movimento di vita, con la propria incessante ricerca di libertà e di desideranti orizzonti.

lunedì 7 dicembre 2015

L'erba pazza

Il locoismo è un fenomeno di  tossicodipendenza degli animali nei confronti di numerose piante. Si tratta di un folto gruppo di specie di erbe selvatiche dei campi (almeno una quarantina) appartenenti soprattutto al genere delle Leguminose, che sono psicoattive per diversi animali. Gli animali sino ad oggi individuati coinvolti nella tossicodipendenza da “erba pazza”, nota come locoismo, sono: mucche, muli, cavalli, pecore, antilopi, maiali, conigli, galline. Una volta che l’animale ha appreso a distinguere l’erba che gli procura l’ebbrezza fra le numerose che ingerisce, diventa un ricercatore e consumatore abituale di quella particolare pianta. Una caratteristica del locoismo risiede nella tenacia con cui gli animali cercano la pianta per loro inebriante. Mentre gli allevatori sradicavano l’“erba pazza” dai pascoli, si sono viste mucche e cavalli rubare i sacchi in cui l’erba era stata raccolta, rovesciando addirittura i carri dove questi sacchi erano stati stipati. I cavalli, in preda ad allucinazioni e attacchi maniacali incontrollabili, dopo aver divorato i fiori e le foglie dell’“erba pazza”, si mettono a scavare per estrarre e mangiare anche la radice. Un dato sorprendente riguarda il fatto che, più gli animali si interessano all’“erba pazza”, più questa si diffonde nel pascolo, sino a diventare la pianta dominante. Decine di pascoli sono stati abbandonati dagli allevatori perché oramai invasi esclusivamente dall’“erba pazza”. Nonostante le misure repressive adottate dagli allevatori (sradicamento dell’“erba pazza” dal pascolo, separazione dei piccoli appena nati dalle madri tossicodipendenti, ecc.) sia la pianta che il comportamento animale di ricercarla e consumarla continuano a esistere e ad essere uno dei più importanti flagelli della zootecnia nordamericana. Molti animali dediti al locoismo muoiono, ancor prima che per la tossicità intrinseca dell’“erba pazza”, a causa dei pesanti digiuni da altri alimenti a cui si sottopongono, così impegnati dall’unico interesse che gli è rimasto su questa terra: cercare il “seme pazzo”.

mercoledì 2 dicembre 2015

L'UOMO DI ARAN di Robert J. Flaherty

La Vita quotidiana di un uomo e della sua famiglia in una piccola comunità su un isola dell'arcipelago di Aran, al largo dell'Irlanda. La lotta contro il mare, i campi costruiti con la terra raccolta negli anfratti degli scogli, la pesca e la cattura dello squalo "pellegrino".

"Ne L'uomo Aran noi raccontiamo la storia con la macchina da presa; dei pezzetti di dialogo post-sincronizzato furono introdotti nel film, a cose fatte, come rumori episodici e non determinanti per la storia. Non aveva nessuna importanza se il dialogo potesse essere compreso o no - infatti la maggior parte del pubblico poi non lo comprese - ma l'importante era poter avere un film che offrisse campo libero per una struttura musicale; noi pensiamo che L'uomo di Aran sia un opera in questo senso riuscita: la sua è una struttura più lirica che di prosa poiché è la musica e non le parole che viene utilizzata per determinare la storia. La musica, di John Greenwood, è stata ricavata da alcune canzoni cantateci da Maggie, la donna che nel film interpreta, così come fa nella sua vita quotidiana, il ruolo della madre." 
(Robert Flaherty, in Henry Agel, "Robert Flaherty", Seghers, Parigi 1964)

"Parlando di cinema e poesia, io intendevo sempre parlare di poesia narrativa. La differenza era tecnica: anziché la tecnica narrativa del romanzo, di Flaherty o di Joyce, la tecnica narrativa della poesia. Osservate il montaggio de L'uomo di Aran. Ecco, avrete un'idea del montaggio piegato a una tecnica narrativa di cinema di poesia: sia pure di una poesia esiodea, come dicono gli agiografi."
(Pier Paolo Pasolini, Empirismo eretico, Milano 1972)

domenica 29 novembre 2015

IL CAPITALE E IL DENARO

Il capitale è la forma immediata del denaro, la sua forma arcaica.
L’esistenza del denaro come idea in una testa è l’idea che il denaro può comprare tutto. Così, basta che il denaro penetri in una testa ed ecco che diviene ciò che manca, ciò che difetta, ciò che deve aumentare, ecco che diviene sete di denaro. 
La passione del denaro è la passione dell’universalità, è la passione d’essere tutto. Il denaro è immediatamente la contraddizione tra l’idea di tutto ciò che esiste e tutto ciò che esiste.
Il capitale è il denaro che vuol realizzarsi come denaro.
Il capitale è il denaro che sale alla testa.
Il denaro è immediatamente una menzogna sul denaro: mentre il denaro è essenzialmente ciò che manca, la rarità che esiste, il capitale come idea in una testa di capitalista e come attività del capitalista è: ciò che manca ma che può aumentare indefinitamente. 
E’ il denaro che vuol realizzarsi senza sopprimersi.
La disgrazia del pensiero borghese è di voler realizzare il denaro senza sopprimerlo.

mercoledì 18 novembre 2015

Senza integrazione non c’è disintegrazione

L’anarchia è la migliore forma di organizzazione sociale anche, e soprattutto, perché è l’unica che si adatta alla nostra forma di vita a meno di non supporre, ma sarebbe da sciocchi, che nel nostro genoma c’è anche la propensione alla autodistruzione.
Bisogna quindi amare e vivere nelle natura guardando gli animali non vuol dire lottare contro il progresso, ma contro la sua degenerazione. Nella nostra natura c’è sia l’anarchia che la tecnologia: non facciamo errori grossolani. Qui è non comprendere che anche la tecnologia, che è neutrale è stata poi assoggettata alle teorie dell’assurdo; se, come me, non poni cesura totale tra naturale e culturale allora anche la tecnica, in senso non banale, è natura: perché ne è emersione. 
Utilizzare gli strumenti interni al sistema che si contesta scatenando le contraddizioni, questo è necessario, senza integrazione non c’è disintegrazione: generando paradossi l’anarchia sarà possibile.

lunedì 9 novembre 2015

LO STATO

Lo Stato non è pensabile senza il dominio e la schiavitù; deve dominare tutti coloro che ne fanno parte: questa si chiama appunto volontà dello Stato. Ecco perché ogni stato è dispotico, sia il despota uno solo oppure siano molti o addirittura tutti.
La volontà dominatrice dello Stato si realizza grazie all’universale identificazione nella legge, dato che questa non è più l’emanazione di un signore ma della volontà popolare. Ma l’alienazione statale riposa sull’astrazione dell’ideale umano. Lo Stato moderno cioè lo Stato al suo stato puro, si fonda proprio su questa pretesa di rappresentare istituzionalmente le ragioni dell’idea umana, dell’umanità.
Lo Stato come la Chiesa, non può essere riformato, ma solo abolito. Si tratta di un’abolizione radicale che non ammette deroghe o modifiche perché costituisce la premessa di ogni futuro discorso sulla positività sociale dell’unico: l’esistenza comunitaria di questi dipende dalla non esistenza dello Stato.
Per chiudere nessuno per lo Stato può avere una volontà propria e, se qualcuno dimostra di averla, esso deve escluderlo, rinchiuderlo o esiliarlo. Infatti, se tutti dimostrassero di avere tale volontà, lo Stato non esisterebbe.

lunedì 2 novembre 2015

TONI di Jean Renoir


L'italiano Toni è uno degli operai stranieri immigrati che nel Sud della Francia lavorano nella costruzione della ferrovia. Già amante di Marie, sua padrona di casa, egli si innamora della spagnola Josepha, la quale sposa il capo operaio Albert, che l'ha violentata. Dopo due anni, Toni lascia Marie, che tenta il suicidio, e convince Josepha a lasciare il marito. Costei però scappa con il cugino e uccide Albert che la insegue. Toni sotterra il cadavere, si accusa dell'omicidio e viene ucciso dalla polizia, nonostante Josepha si sia costituita.

"La nostra ambizione era che il pubblico potesse immaginare che una macchina da presa invisibile avesse filmato le fasi di un conflitto senza che gli esseri umani trascinati inconsciamente in questa azione se ne fossero accorti. Non era probabilmente il primo a tentare un'avventura del genere, né l'ultimo. In seguito il neorealismo italiano doveva portare il sistema alla perfezione. All'epoca di Toni i grandi successi del cinema francese si fondavano sull'imitazione del teatro Boulevard. Era naturale che sentissi una forte tentazione di opporre a questi artefici la rappresentazione di un fatto di cronaca nel suo autentico ambiente naturale".
(Jean Renoir, in Cinema Nuovo n.87, 25 luglio 1956)

"Toni era in apparenza uno dei tanti studi di maniera sulla vita provenzale, ma andava al di là del costume e dell'ambientazione locale, e sapeva evocare con precisione e incisività tutte le passioni celate fra le pieghe della tradizione e dell'abitudine. In questo film, la natura era un elemrnto vivo e presente; e la vita intima dei personaggi era concretata in soluzioni e osservazioni non dissimili da quelle geniali di Murnau, Sjostrom, Pudovkin, Vidor. Toni era un saggio di composizione cinematografica nel senso più pieno della parola.
(Richard Griffith, in Paul Rotha e Richard Griffith, Storia del cinema, Einaudi, Torino 1964)

domenica 25 ottobre 2015

La rivoluzione non possiamo farla da soli

Poiché la rivoluzione non possiamo farla da soli, cioè non possiamo colle sole nostre forze attirare e spingere all’azione le grandi masse necessarie alla vittoria, e poiché anche aspettando un tempo illimitato le masse non potranno diventare anarchiche prima che la rivoluzione sia incominciata, e noi resteremo necessariamente una minoranza relativamente piccola fino al giorno in cui potremo cimentare le nostre idee nella pratica rivoluzionaria, negare il nostro concorso agli altri ed aspettare per agire di essere in grado di farlo da soli, sarebbe in pratica, e malgrado le parole grosse e i propositi radicali, un fare opera addormentatrice, ed impedire che si incominci colla scusa di volere con un salto arrivare di botto alla fine. Noi non vogliamo aspettare che le masse diventino anarchiche per fare la rivoluzione, tanto più che siamo convinti che esse non lo diventeranno mai se prima non si abbattono violentemente le istituzioni che le tengono in schiavitù. Credo che l’importante non sia il trionfo dei nostri piani, dei nostri progetti, delle nostre utopie, le quali del resto hanno bisogno della conferma dell’esperienza e possono essere dall’esperienza modificate, sviluppate ed adattate alle reali condizioni morali e materiali dell’epoca e del luogo. Ciò che più importa è che il popolo, gli uomini perdano gli istinti e le abitudini pecorili, che la millenaria schiavitù ha loro inspirate, ed apprendano a pensare ed agire liberamente. Ed è a questa grande opera di liberazione che gli anarchici debbono specialmente dedicarsi.

lunedì 19 ottobre 2015

CORIANDOLO

Pianta erbacea annuale alta 40-120 cm; fusto lanciato e striato; foglie inferiori divise in pochi e larghi segmenti, con bordi dentellati, foglie superiori molto più numerose e finemente divise in lacinie lineari e acute, entrambe glabre, luccicanti; ombrelle a 4-8 raggi; fiori bianchi; frutto rotondo; semi rotondeggianti, da bruno a rosso-giallo, con spigoli alternati, diritti, ondulati. Fiorisce da maggio a giugno. Cresce tra le messi (0-1000 m). Naturalizzata, subspontanea, anche coltivata, diffusa tramite le coltivazioni e a queste sfuggita.
Nell'antico Egitto si aggiungeva al vino per le supposte proprietà psicoattive e gli indovini facevano uso dei semi per scacciare i demoni selvaggi. Porfirio, nel III secolo d.C., presenta una preparazione per rilevare i segreti, composta da semi di coriandolo, zafferano, giusquiamo nero, semi di apio, oppio, succo di cicuta. Ricordiamo la ricetta di Agrippa per invocare gli spiriti. E' un ingrediente della ricetta del XVI secolo per radunare i demoni inferiori e di un'altra per evocare gli spiriti. In quest'ultimo caso, la miscela da fumigare era composta da giusquiamo, radice o semi di finocchio, olibano, semi di coriandolo e corteccia di cassia. Si andava in una foresta oscura, dove si accendeva una candela nera. S'inalava poi il fumo della preparazione finché la candela non si spegneva all'improvviso. Allora compariva dall'oscurità lo spettro della notte. per cacciarlo, si doveva fumare asafetida (Ferula asa-foetida) e olibano.
In gran quantita potrebbe essere narcotica e anche allucinogena.

domenica 11 ottobre 2015

L'origine del dramma

L'origine del dramma (della tragedia greca come dei canovacci drammatici del Medio Oriente e dell'Europa) è stata ritrovata in alcuni rituali stagionali che sviluppavano, per sommi capi, la seguente sequenza: combattimento tra due principi antagonisti (Vita e Morte, Dio e Dragone, ecc.), passione del Dio, lamento della sua morte gioia che saluta la sua resurrezione. Se è vero che il dramma deriva da questi soggetti rituali e che si è costituito come fenomeno autonomo utilizzando gli elementi del rito stagionale, a ragione si parla quindi di origini sacre del teatro profano. Ma la differenza qualitativa fra le due categorie di fatti non è per questo meno evidente; lo scenario rituale apparteneva all'economia del sacro, esprimeva esperienze religiose, riguardava la salvezza della comunità considerata come un tutto; il dramma profano, quando si definì il suo proprio universo spirituale e il proprio sistema di valori, provocava delle esperienze di tutt'altra natura (le emozioni estetiche) e perseguiva un ideale di perfezione formale perfettamente estranea ai valori dell'esperienza religiosa. Vi è dunque una soluzione di continuità fra i due piani, anche se, lungo i secoli, il teatro si è mantenuto in una atmosfera sacra. Esiste un divario incommensurabile tra chi partecipa religiosamente al sacro mistero di una liturgia e chi ne gode da esteta la bellezza spettacolare e la musica che l'accompagna,

domenica 4 ottobre 2015

M - IL MOSTRO DI DUSSELDORF di Fritz Lang

L'uccisione di alcune bambine semina iòl terrore nella città di Dusseldorf. Anche la malavita organizza la caccia al "mostro". E'un mendicante cieco ad identificarlo. Portato davanti ai malviventi per essere giudicato. Il "mostro" pronuncia un'autodifesa. L'intervento della polizia lo salva da un'esecuzione sommaria.

Sempre di più, a volte con riluttanza, sono giunto alla conclusione che in ogni mente umana alberga un impulso a uccidere. (Friz Lang, in Los Angeles Herald Express, 12 agosto 1947)

M è evidente la preoccupazione di rappresentare in modo realistico uomini e ambienti. Lo stupratore assassino di Peter Lorre è uno dei personaggi più sconvolgenti e meno teatrali che Fritz Lang abbia creato. Nella descrizione dell'ambiente della malavita e della polizia, egli sintetizzò un aspetto caratteristico di Berlino. Gli elementi realistici e quasi documentaristici di questo film crearono la base per le opere di Fritz Lang americano. (Rudolf Arnheim, in Cinema n. 28, 15 dicembre 1949)

L'assassino nei tratti fisionomici di Peter Lorre, ripete il pauroso e vendicativo senso d'inferiorità della piccola borghesia, quindi non è condannabile per se stesso. Non ha colpa se i secoli hanno adunato in lui dolori e mali che lo spingono alla ferocia: è condannato all'assassinio della sua sorte. Si difende da una minaccia che non riesce a distinguere, incrudelendo nel modo più ripugnante contro l'innocenza del prossimo, presa a immagine della società che odia.
((Vito Pandolfi, Il cinema nella storia, Sansoni, Firenze 1957)

lunedì 28 settembre 2015

BEGGARS BANQUET il '68 dei Rolling Stones

Per questo Banchetto dei mendicanti i Rolling recuperano tutte le energie migliori del bagaglio rock: L'impegno del gruppo è totale ed i risultati consistono in un sound che, seppure diversificato ed aperto a nuove evoluzioni, si mostra estremamente rifinito e suggestivo. Gli spazi sonori sono coperti con precisione da tutti i componenti della band, ma dal compattissimo ensamble emergono, ancora una volta le finezze chitarristiche di Jones e Richard e l'inebriante interpretazione di Jagger. Se diversificate sono le scelte della sonorità, per i contenuti dei testi si naviga nel contraddittorio. Ma è il 1968; quale data migliore per rispecchiare le contraddizioni della vita sociale e delle spinte culturali che in essa si agitano? E infatti l'LP contiene due brani dal contenuto diametralmente opposo: l'una, Sympathy for the devil, canta di untorbido patto con le forze diaboliche del male, l'altra, Street fighting man, si fa carico dell'esplosiva tensione politica circolante nei paesi dell'occidente industriale. Jean-Luc Godard, coglie meglio di ogni altro, con il film One plus one / Sympathy for the devil, questi aspetti contrastanti presenti negli Stones e nell'universo culturale che li circonda.
Gli echi rumorosi delle rivolte di piazza rimbalzano da Parigi alla sonnolenta Londra, dove la carica ribelle può contare anche sulle forze entusiaste della musica rock.



Ehi ragazzo, dappertutto sento il rumore dei passi di dimostranti che caricano
perché, ragazzo, l'estate è arrivata ed è il momento adatto per lottare nelle strade.
Ma che può fare un povero ragazzo
se non suonare in un gruppo rock'n'roll,
visto che nella sonnolenta Londra
non c'è proprio posto per chi lotta nelle strade,
proprio no.

martedì 22 settembre 2015

LIBERARE LO SPAZIO

Liberare lo spazio da questa innaturale sovrapposizione è il compito di una geografia che voglia essere anarchica. Natura contro storia significa spazio contro Stato, armonia tra uomo e natura significa, invece, spazio riconciliato con la storia. E questa è esattamente, per Reclus, la società anarchica: la riorganizzazione. senza autorità, dello spazio. La disarticolazione della logica gerarchica che irregimenta il territorio statale deve avvenire individuando i gangli politici, militari ed economici che costituiscono le basi stesse del "sistema nervoso" del dominio. Liberato lo spazio dalla sovrapposizione autoritaria dello Stato, e quindi dai suoi rapporti di forza del tutto innaturali, gli uomini dovranno organizzare la società secondo quella unica "legge" che legittima un'osservanza universale: la legge di natura.
Ma poiché. come abbiamo visto, la natura si modifica nel tempo a causa dell' azione umana (è, appunto, la Storia che interviene sullo spazio), allora occorre trovare una sintesi tra queste due istanze, sintesi capace di riportare il sociale all' interno del naturale. La via indicata da Reclus parte dall' idea federalistica della aggregazione spontanea delle comunità umane. In altri termini, lo spazio viene riorganizzato senza l'intervento dell' autorità perché gli uomini che vi abitano non hanno bisogno di coercizioni per vivere, visto che, «ad onta della violenza, la natura tende a rimettere ciascun popolo dentro i confini naturali». Confini, beninteso, che non hanno nulla a che fare con quelli rivendicati dalle varie culture nazionalistiche e patriottiche; questi confini, infatti non esistono in natura, come invece pretendono tali ideologie.



lunedì 14 settembre 2015

MA RAINEY

Gertrude Ma Rainey fu una delle più grandi e delle più amate cantanti di blues di tutti i tempi. Il suo blues era rude e senza fronzoli, pieno di profondità e con un calore che andava ben al di là delle semplici parole. Poteva mugolare hmmmmmm, e il pubblico mugolava con lei. Era una donna dall'aspetto straordinario, di una bruttezza attraente, piccola di statura, tozza, dai lineamenti molto marcati e una bocca dipinta senza risparmio, pieni di denti d'oro; era sempre carica di diamanti alle orecchie, al collo, in una tiara che portava in testa, alle dita, dappertutto. Perline e braccialetti si mescolavano tintinnando ai fronzoli dei suoi costosissimi costumi di scena. In scena aveva un enorme fondale con un'aquila, e faceva la sua apparizione uscendo da uno scatolone a forma di fonografo, mandando baci. 
Ma aveva una voce di contralto profonda e ricca, a volte leggermente lamentosa, a volte come un urlo, un ruggito, ma sempre con un fondo di severità e di malinconia.
Ma Rainey veniva dalla Georgia (era nata a Columbus nel 1886) e nonostante lavorasse nei ministrel shows e nei tent shows fin dall'inizio del secolo, conosceva profondamente la realtà di vita del suo pubblico. Chain Gang Blues rispecchia il suo impegno sui temi più comprensibili per il suo pubblico: le chain gang (squadre di forzati), che comprendevano anche donne e bambini, si potevano vedere al lavoro persino per le strade di città come Atlanta.

It was early this mornin' that I had my trial 
It was early this mornin' that I had my trial 
Ninety days on the country road, and the judge didn't even smile 

(Proprio stamattina presto mi hanno fatto il processo, /  Proprio stamattina presto mi hanno fatto il processo, / mi hanno dato 90 giorni sulla strada provinciale, / e il giudice non ha fatto nemmeno un sorriso) 

lunedì 7 settembre 2015

L'eguaglianza sociale

Dal punto di vista anarchico si realizza veramente la libertà individuale solo attraverso il completo dispiegamento dell’uguaglianza sociale e si realizza veramente l’uguaglianza sociale solo attraverso il completo dispiegamento della libertà individuale. Insomma, si afferma che per realizzare l’uguaglianza bisogna far leva sulla libertà, per realizzare la libertà bisogna far leva sull’uguaglianza. Per attuare l’una far leva sull’altra, vuol dire portare fino in fondo i loro presupposti, ma per attuare i presupposti di entrambe occorre accettarne del tutto le conseguenze. L’anarchismo, in altri termini, rinfaccia al liberalismo di essere una dottrina parziale della libertà e al socialismo di essere una dottrina parziale dell’uguaglianza. La parzialità consisterebbe nel fatto che tutte due queste dottrine intendono realizzare i loro principi facendo dipendere temporalmente i due valori, nel senso che prima si dà corso all’uno poi all’altro, laddove l’anarchismo ritiene che solo nell’attuazione della loro contemporaneità stia proprio il segreto della loro riuscita.

martedì 1 settembre 2015

LA TERRA di Aleksandr Dovzenko

In un villaggio dell'Ucraina il giovane contadino Vasyl tenta di organizzare una cooperativa agricola; i kulak, che temono per le loro proprietà, lo assassinano nel tentativo di impedire la collettivizzazione della terra. Gli altri giovani del komsomol del villaggio decidono di continuare l'opera di Vasyl cancellando i confini dei campi e seminando la terra della fattoria collettiva.

"Realizzai La Terra nello stabilimento cinematografico di Kiev. La gioia del buon risultato creativo fu brutalmente soffocata dal mostruoso infimo articolo di Demjan Bednyj, intitolato Filosofi, comparso sul giornale Izvestia. Ero così sconvolto da quel articolo, mi vergognavo talmente a passeggiare per le strade di Mosca, che letteralmente incanutii e invecchiai in pochi giorni. Per me fu un autentico trauma psichico"
(Aleksandr Dovzenko, (1939) in "Iskusstvo Kino", maggio 1958)

Nel film di Aleksandr Dovzenko la chiave del mordente sta in massima parte nella morte. Prorio questa, la più semplice di tutte. La morte mai considerata come un fine, un termine, polvere che torna polvere. Un sacrificio, ed essenziale, una parte del processo senza fine della vita sempre rinnovantesi... Panteismo? No. Adorazione della natura? Niente affatto. Chiara dialettica marxista: l'unione degli opposti. I film di Dovzenko sono pieni di morti. Nessun artista in nessun campo ha lacerato i cuori con maggior decisione. Ma nessuna morte in Dovzenko è stata mai futile.
(Slegfried Kracauer, "Film: ritorno alla realtà fisica", Il Saggiatore, Milano 1962) 

domenica 26 luglio 2015

ELEANOR RIGHBY The Beatles

La morte è un argomento che la musica pop di solito preferisce evitare. Quando ne ammette l'esistenza, o lo sterilizza con cori celestiali o lo tratta come una storiella di umorismo macabro. Di conseguenza, il triste decesso di una zitella in Eleanor Righby - per non dire della brutale immagine del prete che si ripulisce le mani dalla terra allontanandosi dalla sepoltura - fu nel 1966 un vero shock per gli ascoltatori di musica pop. Arrivando insieme al triste arrangiamento per ottetto di archi di George Martin, il suo impatto fu stupefacente. Spesso rappresentati come produttori di fantasticherie avulse dalla realtà, nei confronti della loro società i Beatles erano, nei loro momenti migliori, più penetranti e realisti di qualsiasi altro artista popolare del loro tempo.

Ah, guarda tutta la gente sola
ah, guarda tutta la gente sola.
Eleanor Righby raccoglie il riso nella chiesa
dove c'è stato un matrimonio,
vive in un sogno.
Aspetta alla finestra con indosso il viso
che tiene in serbo in uma caraffa vicino alla porta,
per chi lo fa?
Tutta la gente sola, da dove viene?
Tutta la gente sola, a chi appartiene?
Padre McKenzie scrive le parole di un sermone
che nessuno sentirà,
nessuno si avvicina.
Guardalo mentre lavora, e di notte quando non c'è nessuno,
si rammenda i calzini.
Di chi si preoccupa?
Tutta la gente sola, da dove viene?
Tutta la gente sola, a chi appartiene?
Ah, guarda tutta la gente sola
ah, guarda tutta la gente sola.
Eleanor Righby morì nella chiesa
e la seppellirono sotto una lapide con il suo nome
Nessuno venne.
Padre McKenzie si allontana dalla sepoltura
pulendosi le mani dalla terra.
Nessuno fu salvato.
Tutta la gente sola, da dove viene?
Tutta la gente sola, a chi appartiene?

domenica 19 luglio 2015

Lo Spirito Anarchico

L'anarchia, «è un' aspirazione umana, che non è fondata sopra nessuna vera o supposta necessità naturale, e che potrà realizzarsi secondo la volontà umana». Questa «aspirazione umana» si pone oltre ogni valenza razionale e teoretica perché deriva da «un sentimento, che è la molla motrice di tutti i sinceri riformatori sociali, e senza del quale il nostro anarchismo sarebbe una menzogna o un non senso. Questo sentimento è l'amore degli uomini, è il fatto di soffrire delle sofferenze altrui».
«Per spirito anarchico intendo quel sentimento largamente umano che aspira al bene di tutti, alla libertà ed alla giustizia per tutti, alla solidarietà ed all'amore fra tutti».
Detto in altri termini, l'anarchismo è prima di tutto un' etica che va al di là di ogni spiegazione razionale perché «è nato dalla rivolta morale contro le ingiustizie sociali». In quanto aspirazione umana verso la libertà universale, si pone oltre la necessità naturale, come ogni altra necessità storica o scientifica. L'anarchia infatti è una costruzione culturale e il concetto di libertà ne è la massima espressione, nel senso che testimonia la valenza tutta precaria e volontaria di tale conquista: «la libertà non si conquista e non si conserva se non attraverso lotte faticose e sacrifici crudeli, la libertà piena e completa è certamente la conquista essenziale, perché è la consacrazione della dignità umana».

domenica 12 luglio 2015

HEIM Roger

Direttore del Museo di Storia Naturale di Parigi dal 1951 al 1965, è stato uno dei più importanti micologi del Novecento. Fervente antinazista, militò nella Resistenza francese e fu deportato a Buchenwald e a Mathausen.
Fu anche strenuo difensore della natura e un ecologista ante litteram, mobilitandosi per la difesa della foresta di Fontainebleau e per la salvaguardia dei varani di Komodo. Queste battaglie gli valsero la nomina di presidente dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura.
Il suo nome è legato soprattutto alla storia della riscoperta dei funghi sacri messicani, in cui fu fedele compagno d'avventura di R.G. Wasson, contribuendo all'identificazione di numerose specie di funghi fino allora sconosciuti alla scienza occidentale, alcune delle quali portano ancora oggi il suo nome, ad esempio la Psilocybe mexicana Heim, la Psilocybe  aztecorum Heim, la Conocybe siligineoides Heim.

sabato 4 luglio 2015

L'AGE D'OR di Luis Bunuel

Il film non ha un unico intreccio narrativo. Si apre con un documentario sugli scorpioni. Seguono poi immagini della vita di banditi maiorchini. La cerimonia di posa della prima pietra di Roma viene disturbata da un uomo che tenta di violentare una donna. Costui viene arrestato, si libera dei poliziotti e partecipa a un ricevimento dell'alta società durante il quale induce al suicidio un ministro, schiaffeggia la padrona di casa e amoreggia con sua figlia, la quale però preferisce un vecchio direttore d'orchestra. Dal castello delle "120 giornate di Sodoma" esce, sfinito, il protagonista del romanzo di Sade, il quale altri non è che Gesù Cristo.

La storia era una sequenza di morale e di estetica surrealista intorno a due figure principali, un uomo e una donna. Emerge l'eccitante conflitto di tutta la società umana fra il sentimento dell'amore e qualunque altro di ordine religioso, patriottico o umanitario; anche qui i personaggi e i paesaggi sono reali, però l'eroe è animato dall'egoismo, che rende desiderabili tutte le azioni, escludendo il controllo o altro sentimento. L'istinto sessuale e il sentimento della morte formano la sostanza del film. E' una pellicola romantica realizzata con tutta la frenesia del surrealismo.
(Luis Bunuel, in J.F. Aranda, "Luis Bunuel", Editorial Lumen, Barcellona 1969)

Ha studiato come un entomologo ciò che noi chiamiamo amore, per svelarne sotto l'ideologia, la mitologia, i luoghi comuni e la fraseologia, il totale e crudele macchinario del sesso. Mette in evidenza per noi i metabolismi ciechi, i veleni segreti, i riflessi meccanici, le secrezioni ghiandolari, lo stretto intrecciarsi di forze che nella vita uniscono l'amore e la morte. Una metempsicosi biochimica in cui l'individuo muore perché sopravviva la specie.
(Henry Miller, in "The New Review", Parigi 1931)

domenica 28 giugno 2015

QUELLI CHE CI SONO SEMPRE (il prezzemolo umano)

Tutti conoscono quelli che ci sono sempre. Sono apprezzati e detestati come tutti quelli che si prendono cura e rimangono laddove tutti gli altri vivono e passano (il parroco, l'infermiera, la maestra, gli anziani, il farmacista). Sono il falso specchio della libertà, loro, gli assidui, gli schiavi di una servitù inedita che li illumina di una luce splendente: i combattenti, gli irriducibili, i senza privato, i senza pace. La rabbia per combattere, finiscono col trovarla nelle loro vite mutilate; attribuiscono le ferite ad una lotta nobile e immaginaria, mentre si sono feriti da soli allenandosi allo sfinimento. In verità, non hanno mai avuto la possibilità di scendere su un campo di battaglia: il nemico non li riconosce, li prende per un semplice disturbo, con la sua indifferenza li spinge alla follia, all'ordinaria insignificanza, all'offensiva suicida. L'alfabeto del potere non ha lettere per ricordarsi del loro nome; per il potere sono già scomparsi, ma resistono come fantasmi insoddisfatti. Sono morti e si sopravvivono nel transito dei visi che li attraversano, sui quali hanno più o meno presa, con i quali dividono la tavola, il letto, la lotta, finché i passanti non partono, o restano spegnendosi, diventando gli inerti di domani.

(Tatto da ROMANZO IN POLVERE di Gepy Goodtime, edizioni La Paz, Caracas 1977)

domenica 21 giugno 2015

Le strutture statali creano oppressione

Bakunin critica la visione mazziniana dello Stato in quanto forma di teologia politica: il suo progetto rivoluzionario non consiste nella semplice divisione tra Stato e Chiesa, ma nel loro annullamento in quanto entità dominatrici sulle masse popolari.
Le strutture statali creano oppressione, sono contrarie alla natura dell'uomo che non può fare a meno di vivere insieme agli altri suoi simili, essendo un essere sociale. Bakunin mira alla costituzione del comune popolare, in cui ogni cittadino sia libero di esprimere se stesso e le proprie qualità, contribuendo al libero progresso della collettività.
Sono questi i principi che l'anarchico russo ha sottolineato nel 1866 a Ginevra, in occasione del Congresso Internazionale dei lavoratori: "Distruggere l'influenza di ogni dispotismo in Europa, mediante l'applicazione del diritto di ogni popolo, grande o piccolo, debole o potente, civile o non civile, di disporre di se stesso e di organizzare spontaneamente, dal basso in alto attraverso la via di una completa libertà, al di fuori d'ogni influenza e d'ogni pretesa politica o diplomatica, indipendentemente da ogni forma di stato, imposta dall'alto in basso, da un'autorità qualunque, sia collettiva, sia individuale, sia indigena, sia straniera, e non accettando per basi e per leggi che i principi della democrazia socialista, della giustizia e solidarietà internazionale".

domenica 14 giugno 2015

PERRY BRADFORD

"Ci sono quattordici milioni di neri nel nostro grande paese, e questi neri compreranno dei dischi se questi dischi saranno incisi da uno dei loro, perché alla fine dei conti noi siamo i soli a saper cantare e interpretare correttamente dei pezzi di hot jazz"
Perry Bradford, compositore attivo, band leader, pianista e cantante, con un tocco di cantilena cittadina nel gergo che usava, attaccava bottoni ai funzionari delle case discografiche bianche e li tormentava, deciso a far uscire un disco con una delle sue canzoni interpretate da un cantante di colore. La persona che finalmente riuscì a persuadere fu Fred Hagar della Okeh Records, il quale, a quanto si diceva, aveva ricevuto lettere minatorie scritte da gruppi di pressione del nord e del Sud, che lo avvertivano che fare incidere delle ragazze di colore, avrebbe portato a un boicotaggio dei fonografi e dei dischi Okeh.
"Dio benedica il signor Hagar, perché, con tutte quelle minacce, ci voleva un uomo dai nervi saldi e con un bel fegato per liquidare quei gruppi influenti e prendere la storica decisione che doveva avere un'eco mondiale". Hagar scardinò la vecchia porta del pregiudizio per far entrare la prima ragazza di colore, Mamie Smith, perché si potesse spremere tutta nella gran tromba del fonografo, e potesse urlare con la sua voce robusta di contralto la canzone That Thing Called Love.

That thing called love - money cannot buy,
That thing called love - will male you weep and cry.
Sometimes you're sad - romantic and glad,
The most wonderfull thrill - you ever had ...

(Quella cosa che si chiama amore - e che il denaro non può comprare / Quella cosa che si chiama amore - ti farà piangere e sospirare / A volte sei triste - sei romantico o allegro / E' l'emozione più bella - che hai avuto mai...)

lunedì 8 giugno 2015

I Punti di Resistenza

I punti, i nodi, i focolai di resistenza sono disseminati nel tempo e nello spazio con minore o maggiore densità, a volte modellano gruppi o individui in modo definitivo, accendono punti del corpo, momenti della vita, tipi di comportamento. Grandi rotture radicali, grandi divisioni binarie o massicce? A volte. Ma più spesso abbiamo a che fare con punti di resistenza mobili e transitori, che introducono nella società sfaldature mobili, che rompono unità e producono raggruppamenti, che traversano gli individui stessi, ritagliandoli e rimodellandoli, e tracciano in loro, nel loro corpo e nella loro anima, regimi irriducibili. Proprio come la rete di relazioni di potere finisce per formare un tessuto spesso che attraversa i dispositivi e le istituzioni, senza localizzarsi precisamente in esse, allo stesso modo il disseminarsi dei punti di resistenza attraverso le stratificazioni sociali e le unità individuali. La codificazione strategica di questi punti di resistenza è ciò che rende possibile una rivoluzione.

martedì 2 giugno 2015

LA NUOVA BABILONIA di Grigorij Kozincev e Leonid Trauberg

Descrizione non illustrativa ma simbolica delle vicende della Comune parigina del 1871, dalla vittoria operaia alla restaurazione borghese. Il film si divide in otto capitoli: 1. la guerra, rappresentata attraverso una Parigi-mercato (opposizione borghesia/operai); 2. il ballo (borghesia/sua disfatta); 3. l'assedio di Parigi (tedeschi/lavoratori/soldati); 4. il 18 marzo 1871 (popolo/borghesia/esercito); 5. la Comune; 6. il 49° giorno di lotta (operai/soldati); 7- la pace e l'ordine (la rstaurazione borghese); 8. il tribunale (la fucilazione dei comunardi).

Prima di girare LA NUOVA BABILONIA abbiamo fatto un viaggio in Francia, siamo passati per Berlino, ed è ciò che abbiamo visto là, il confronto spietato delle classi, l'affermarsi del nazismo, che ha ispirato il nostro punto di vista del film.
(Dichiarazione di L. Trauberg rilasciata a Venezia nel maggio 1972)

Noi non abbiamo mai parlato di avanguardia. Noi dicevamo arte di sinistra.
(Dichiarazione di G Kozincev in AA. VV. "Cinema e avanguardia in Unione Sovietca" Officina Edizioni Roma 1975)

La storia, per Kozincev, è un qualcosa in cui di frequente "i conti non tornano" e "le motivazioni non valgono assolutamente niente", mentre è in corso un processo pauroso "in cui si perde tutto e non si acquista nulla" e dal quale nasce "l'embrione di un mondo in cui regnano gli oggetti, mentre l'uomo viene avvilito e umiliato".
(Giorgio Kraiski in AA.VV.  "Cinema e avanguardia in Unione Sovietca" Officina Edizioni Roma 1975)




mercoledì 27 maggio 2015

JANIGER OSCAR

Oscar "Oz" Janiger, cugino del poeta Allen Ginsberg, fu uno dei primi psichiatri a studiare il potenziale dell'LSD sulla creatività: si calcola che tra il 1954 e il 1962 abbia somministrato la sostanza a oltre 3000 volontari, tra cui gli scrittori Anais Nin e Aldous Huxley, gli attori Cary Grant e Jack Nicholson.
Assunse in prima persona la sostanza tredici volte, confessando che lo aiuto a vedere che molte, molte cose erano possibili.
L'interesse di Janiger nei confronti degli psichedelici non si limitò all'LSD, ma studiò attentamente anche la DMT (con Alan Watts e Humphreys Osmond), il potenziale allucinogeno del tabacco e il peyote (con Marlene Dobkin de Rios).
Dopo la messa fuorilegge dell'LSD (nel 1966), continuò a essere un fervente sostenitore del potenziale positivo della sostanza, ma giocoforza si vide costretto a impegnarsi in altre ricerche. Tra queste vale la pena ricordare un controverso studio sulle basi biologiche dell'omosessualità e alcune forme di depressione premestruale.
Nel 1986 cofondò la Albert Hofmann Foundation, società no-profit con lo scopo di conservare il patrimonio culturale e scientifico della ricerca psichedelica. Negli ultimi anni della sua vita (morì nel 2001), si occupò dello studio dei delfini nel loro ambiente naturale. 

martedì 19 maggio 2015

L'uomo che mi seguiva alla stazione

È notte. Mi fanno entrare in un ufficio. Una giovane donna sta scrivendo a macchina; alla sua destra in un piatto un panino. Sono affamato.
La donna continua il suo lavoro senza parlare. Un poliziotto è di guardia all’ingresso della stanza. Ho le mani legate. Con tono umile e supplichevole chiedo di poter andare in bagno. “Slegatelo e accompagnatelo” risponde. Con la porta semiaperta estraggo i documenti che tengo piegati nei boxer e li faccio a pezzi e li butto nel water e tiro lo sciacquone e mi giro lamentandomi per dei dolori alla pancia. 
“Andiamo”
Sono preoccupato ma non lo faccio vedere. Che cosa possono farmi adesso? Tutte le prove sono distrutte, di cosa possono accusarmi?
Attraverso un corridoio, sento rumori sordi e grida strozzate. Mi si gela il sangue. Il poliziotto si ferma davanti ad un ufficio, apre la porta e mi intima di entrare. La richiude alle mie spalle. Riconosco quel volto, è l’uomo che mi seguiva alla stazione.
Seduto sul bordo della scrivania, in abito marrone marcio, mi fissa: “I suoi documenti sono falsi: come ti chiami veramente? Chi sei?”
Rispondo.
“È falso! Stai mentendo la carta d’identità è stata falsificata! Dimmi chi sei?”
Disgraziatamente mi viene da ridere.
Gli schiaffi che ricevo mi fanno pentire di aver riso. Mi getto su di lui e gli assesto un pugno memorabile. Si riprende in fretta, non chiama nessuno, mi guarda con freddezza, poi estrae dalla giacca un revolver non di ordinanza che appoggia sul tavolo.
Non ricordo più quanti pugni e calci hanno colpito il mio volto ed il corpo, ferendomi senza rimedio. Provo rabbia e dolore. Dolore per la bocca che sanguina, così come le orecchie, dolore per le ossa che scricchiolano sotto i colpi. Perdo la nozione del tempo, non vedo più il mio agressore, soltanto i colpi.

(Tatto da ROMANZO IN POLVERE di Gepy Goodtime, edizioni La Paz, Caracas 1977)

martedì 12 maggio 2015

Luddismo

I luddisti, i demolitori non hanno una volontà sistematica di distruggere a prescindere dal fine di tale distruzione. Se essi attaccano le macchine non è per paura o perché non hanno nulla di meglio da fare, ma semplicemente perché le macchine che conoscono sono macchine inventate e prodotte nell’ambito di un preciso modello economico e di precise esigenze, quelle dell’impresa capitalistica. Una macchina usata al di fuori di una logica capitalistica potrebbe essere una macchina DIVERSA da quella usata da un modello produttivo capitalistico imperniato sul profitto.  È facile dedurre che la tecnologia riflette i rapporti di potere nella società, e questo logicamente significa che chi detiene  un maggior potere continua a determinare la forma e la direzione della tecnologia nel futuro prevedibile.
Oggi assistiamo alla maturazione finale di un sistema capitalistico ancora antisociale in cui libertà ed inventiva si sono cristallizzate in un monopolio del potere sancito dalla formula del progresso automatico.  Dire no all’innovazione tecnologica serve a due scopi insieme. Primo, fermare il progresso ci rammenta che siamo coinvolti in un movimento che non abbiamo avviato a cui non abbiamo mai deciso di partecipare. Secondo dire no non arresta la storia umana, quanto piuttosto mette in discussione l’attuale forma di sviluppo e cambia le regole del gioco presente.

lunedì 4 maggio 2015

LULÙ o IL VASO DI PANDORA Georg Wilhelm Pabst

Ascesa decadenza e morte di Lulù che, dopo essere riuscita a farsi sposare dal ricco Peter Schon, si fa amare dal figlio di Peter, Alwa, e gli fa uccidere l'anziano marito. Processata, riesce a fuggire con Alwa ma, senza soldi, i due amanti si trascinano tra bisce e bassifondi. In miseria, Lulù si prostituisce e la notte di Natale viene uccisa da Jack lo Sventratore.

Nonostante l'avvento del parlato, resto convinto che al cinema il testo per se stesso è ben povera cosa. Quello che conta è l'immagine. Ecco perché continuo a sostenere che creatore di un film sia molto più il regista che non l'autore dello scenario. Il cinema rimane il più potente mezzp di espressione che si sia potuto trovare. 
(Georg Wilhelm Pabst, Parigi 1937)

Lulù è immersa biologicamente nell'atmosfera plumbea del mondo industriale, dove la ripetizione infinita dei gesti permette la vita, e come scatole chiuse le case si accumulano. Il terreno su cui lei dovrebbe appoggiarsi è costituito dalla ferrea divisione del lavoro, dalla struggle for life, uomo contro uomo. La disposizione con cui Pabst presenta questo diffuso stato d'animo, questa larva gigantesca di movimenti collettivi, lascia presentire le guerre e le tirannie, esprime l'interrogativo che Lulù pone al mondo in cui vive. (Vito Pandolfi, Il cinema nella storia, Sansoni, Firenze 1959) 

mercoledì 29 aprile 2015

Il lavoro non è vita

Sottrarre la nostra vita al dominio ed allo sfruttamento, al lavoro forzato ed al bisogno, alla mercificazione ed alla sopravvivenza significa non solo combattere contro questa forma della realtà, ma anche mettere in atto una realtà altra, mettere in atto forme e modi di vita differenti.
Significa immaginare una vita degna di essere vissuta e praticare questa immaginazione trasformando, subito, la forma, i modi, i tempi della nostra esistenza.
La nostra vita è unica, singolare, irripetibile. Essa può diventare l'unica e sola opera d'arte che valga davvero la pena di realizzare. 
Dobbiamo imparare a stimarla come cosa rara. Dobbiamo imparare ad assegnare, ad ogni suo momento, il valore che merita. Non possiamo svenderla ad un padrone, buttarla via nella noia della sopravvivenza, mortificarla con il lavoro forzato e con la vuotezza in cui cercano di imprigionarla.

mercoledì 22 aprile 2015

È ora di rovesciare il mondo esistente

"Finora la pratica non ha fatto che rinforzare il mondo esistente; si tratta ora di rovesciarlo".

Il vecchio mondo si contorce in convulsioni di rabbia scoprendo che le idee teoriche dei situazionisti sono destinate ad assumere un valore d'uso e che appaiono nella strada, che la reale dimensione del conflitto che esse annunciano è mondiale, la sua sfida irriducibile, lo scandalo della sua esistenza irrecuperabile...
Il nostro compito consiste in una critica inesorabile diretta anche contro i nostri cosiddetti amici che contro i nemici dichiarati; e per assolverlo, rinunciamo volentieri a una popolarità democratica a buon mercato...
Basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca. Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati...
Solo quando il meglio sarà sufficiente, il mondo sarà governato dalla più grande aristocrazia della storia, l'unica classe della società e la sola classe storica dei padroni senza schiavi...
Se se ne fottono di noi, non se ne fotteranno a lungo. Le rovine non ci fanno paura, noi erediteremo il mondo.

venerdì 17 aprile 2015

Little Brother Montgomery

Il padre di Little Brother era proprietario di un honky-tonk, dove, passavano decine di musicisti, tanto che Brother sentì lo stimolo a suonare fin dall'età di cinque anni.
Little Brother scappò di casa che aveva 11 anni. Cantava un blues molto vivo, con una voce acuta, leggermente nasale e un accompagnamento al piano di una dignità disciplinata e matura serietà.

The first time I met the blues, mama, they came walking throught the wood.
The first time I met the blues, baby, they came walking throught the wood.
They stopped at my house first, mamma, and done me all the harm they could.
Now the blues got at me, Lord, and run me from tree to tree.
Now the blues got at me, and run me from tree to tree.
You should have heard me begging, "Mister Blues, don't murder me!"

(La prima volta che ho incontrato il blues, mamma camminava nei boschi. /  La prima volta che ho incontrato il blues, baby camminava nei boschi. / Per prima cosa si fermò alla mia casa, e mi fece tutto il male che poteva. / Ora il blues mi sta addosso, Signore, mi insegue da un albero all'altro. / Ora il blues mi sta addosso, mi insegue da un albero all'altro. / Mi avrai sentito pregarlo, "Mister Blues, non ammazzarmi!")

E' vero quasi alla lettera che il blues camminava nei boschi la prima volta che Little Brother lo incontrò. La sua città natale, Kentwood, nella Louisana, era proprio nel cuore della zona forestale del Sud. Quest'area, una parte della quale prendeva il nome di Piney Woods, copriva vasti tratti del Mississippi, della Louisiana, dell'Alabama e del Texas, e dava il maggior contributo all'industria americana del legname. Kentwood era una delle tante città nate da quest'industria del Sud, che nel 1909 dava quasi la metà del prodotto nazionale di legname, e grandi quantità di trementina. In tutta la zona dei Piney Woods attorno alle cittadine sorgevano depositi di legname, di tronchi, segherie e campi di trementina collegati di solito dalla ferrovia, sulla quale viaggiavano hobos, musicisti ambulanti e lavoratori.

sabato 11 aprile 2015

L'ACQUA

La rivoluzione tecnologica ha permesso di pompare, depurare e distribuire l’acqua attraverso meccanismi sempre più sofisticati e a distanze sempre maggiori dalla fonte di approvvigionamento, il sistema industriale ha devastato i fiumi e le falde con le sue nocività, la civiltà dei consumi ha contribuito a devalorizzare l’acqua, alimentando la percezione che essa sia un bene illimitato, sempre disponibile e a buon mercato.
Occorre mettere in discussione questo sistema che mercifica tutto, non solo l’acqua, esalta l’individualismo e massacra le relazioni sociali. Bisogna recuperare innanzitutto la dimensione comunitaria dell’acqua, le attività collettive ad esse legate e quindi anche la percezione che essa sia un bene comune prezioso che tutti sono tenuti a difendere.
Riscattare l’acqua dalla funzione commerciale cui è stata relegata è possibile soltanto se la si considera in termini di prossimità, vicinanza. Allora sarà normale condividerla, non sprecarla, tenerla pulita. Sarà normale vigilare affinché gli avvoltoi del profitto, grandi e piccoli, non si avventino su di essa per sottrarla alla disponibilità di tutti e depredarla fino all’ultima goccia.   

domenica 5 aprile 2015

ARSENALE di Aleksandr Dovzenko

Nell'arsenale di Kiev scoppia la rivolta contro la Rada ucraina: gli operai scendono in sciopero con grande preoccupazione dei padroni che tentano in ogni modo di sconfiggere le forze progressiste del movimento operaio. Lo scontro avviene e si rivela vittorioso per la feroce repressione, ma il simbolo dell'operaio crivellato dai colpi dell'arma da fuoco avanza minacciosamente.

"Non si può dipingere un grande quadro con un unico pennellino. Per usare un'immagine, la sceneggiatura dev'essere scritta con ambo le mani tenendo in una un pennellino per disegnare minuziosamente gli occhi e le ciglia, e nell'altra un grande pennello per dipingere a grandi colpi gli spazi immensi, le passioni, i movimenti di massa. più l'autore è capace di sintesi artistica, più cose può introdurre in un'unica sceneggiatura, armoniosamente coordinando le dimensioni dei pennelli e dell'azione, e il dialogo con le altre forme di utilizzazione della parola." (Aleksandr Dovzenko, 1955)

Il cinema sovietico degli ultimi anni ha inteso scoprire e presentare una ricca galleria di fisionomie di classe. Esempio classico in questo campo è la formidabile scena dell'Arsenale di Dovzenko in cui si rappresenta il silenzio premonitore che avvolge Kiev prima della rivolta. Con una serie di brevi scene, che colgono un movimento, una immagine, un profilo il film esplora tutti gli strati sociali. I volti rivelano la classe, impressa nelle fisionomie degli individui; non rivelano l'uomo nella classe sociale, ma la classe sociale nell'uomo. (Béla Balàzs, 1949)