giovedì 27 febbraio 2014

La vita in società

La vita in società, permette agli animali più deboli, ai più deboli fra gli uccelli e i mammiferi, di resistere e di difendersi contro gli uccelli e gli animali da preda più terribili; rende possibile la longevità; consente alla specie di allevare i piccoli con il minor spreco di energie possibili e di mantenere più o meno costante il numero dei suoi membri nonostante un bassissimo tasso di natalità. Quindi, pur ammettendo che forza, rapidità, colori protettivi, astuzia e capacità di resistenza alla fame e al freddo, cioè le qualità indicate da Darwin e Wallace, sono altrettanti elementi a vantaggio dell'individuo o della specie in date circostanze, sosteniamo che in qualsiasi circostanza la socialità è il più grande vantaggio nella lotta per l'esistenza. Quelle specie che consapevolmente vi rinunciano sono destinate all'estinzione, mentre gli animali che meglio degli altri sanno vivere in società sono quelli che hanno maggior possibilità di sopravvivere e di evolversi, anche se sono inferiori agli altri in tutte le facoltà enumerate da Darwin e da Wallace, eccezion fatta per la facoltà intellettuale. 

lunedì 24 febbraio 2014

IL SAPER MORIRE

Cicerone dice che filosofare altro non è che accingersi a morire. Questo avviene perché lo studio e la contemplazione conducono in una certa misura la nostra anima fuori di noi e la occupano separatamente dal corpo, il che è una sorta di iniziazione e di somiglianza alla morte stessa; oppure ciò avviene perché tutta la saggezza e tutto il discorso del mondo si risolvono alla fine nell'insegnarci a non aver paura della morte. 
E' incerto dove la morte ci attenda, attendiamola ovunque. La premeditazione della morte è premeditazione della libertà. Il saper morire ci affranca da ogni soggezione e costrizione. Non v'è nulla di male nella vita per colui il quale ha ben compreso che la privazione della vita non è male.

venerdì 21 febbraio 2014

S. F. ORACLE

Il più gioioso, colorato, giocoso giornale psichedelico degli anni '60. Dodici numeri usciti dal '66 al '68, nato dal sogno  di Allen Cohen: "ho sognato un giornale arcobaleno" sponsorizzato dal Psychedelic Shop dei fratelli Thelin, l'Oracle è stato il diario di bordo di quel magico esperimento comunitario formatasi intorno all'incrocio di Haight Ashbury a San Francisco. Le sue pagine arcobaleno hanno ospitato le voci più illuminate del periodo, da Watts a Leary, da Ferlinghetti a Snyder, da Lamantia a Alpert, da Ginsberg a Sinclair. Per non parlare dei fiammeggianti disegni e collage di tra i tanti Griffin, Mouse, Bowen e Schnepf. Gli argomenti assolutamente cosmici andavano dall'Astromanzia allo Yoga psichedelico, dal Manifesto per Mutanti alla Lista di Controllo per Astronauti dello Spazio Interiore, dal Salmo per la Riunione delle Tribù alla Politica come Estasi, dal Mandala per Quelli che si trovano in Agonia Fisica alle Note dal Giornale Genetico.
Guardare all'Oracle era una sorta di esperienza occulta di trance trasmessa l'un l'altro, per mezzo della carta, da esploratori degli spazi interiori, attraverso la dimensione spazio-temporale.

domenica 16 febbraio 2014

Anarchismo cristiano

Leone Tolstoj, filosofo sentimentale, storico poco illuminato e teologo abbondantemente eretico, ma grandissimo romanziere, ha creduto di vedere nell'analisi anarchica soprattutto proudhoniana della società (basata sulla violenza) una conferma in certo qual modo scientifica del messaggio di Gesù di Nazareth. Si proclamò egli stesso anarchico cristiano. Concepì quindi la sua teoria di non resistenza al male "provocato" dalla violenza e predicò la resistenza passiva. I Duchobors e i Nazareniani Jugoslavi avevano scoperto la cosa prima di lui, ma Tolstoj riuscì a tal punto a influenzarli che li fece diventare dei propagandisti della sua personale dottrina. Ma l'anarchismo cristiano di Tolstoj ebbe il suo maggior successo in Olanda. Alcuni dei suoi seguaci riuniti attorno a Felix Ortt, verso il 1900, presero la cura di elaborare un programma e pubblicarono un settimanale Vrede (la pace), e anche degli opuscoli sui soggetti del programma. In Olanda c'è stata una Unione anarco-comunista religiosa fino al 1940 e forse questa setta tolstoiana esiste ancora ...

giovedì 13 febbraio 2014

L’essere che viene

L’essere che viene: né individuale né universale, ma qualunque. Singolare, ma senza identità. Definitivo, ma solo nello spazio vuoto dell'esempio. E, tuttavia, non generico né indifferente: al contrario, tale che comunque importa, oggetto proprio dell'amore. La sua logica: i paradossi della teoria degli insiemi, l'indiscernibilità di una classe e dei suoi elementi, di una cosa e del suo nome. La sua etica: essere soltanto la propria maniera di essere, potere unicamente la propria possibilità o potenza, far esperienza del linguaggio come tale. La sua politica: fare comunità senza più presupposti né condizioni di appartenenza, esodo irrevocabile dallo Stato, costruzione di un corpo comunicabile.   

lunedì 10 febbraio 2014

BERINGER Kurt

Nativo di Schwarzwald si laurea in medicina all'Università di Colonia specializzandosi successivamente in psichiatria a Heidelberg. Nel 1928 partecipa in qualità di neuropatologo a una spedizione russo-tedesca in Mongolia e Buriazia per studiare la distribuzione della sifilide in queste aree. Dal 1932 inizia a lavorare a Monaco dove diventerà direttore della Clinica psichiatrica e neurologica.
Autore di uno dei libri più influenti, dal punto di vista della neurofisiologia e della psicologia, pietra miliare nella psicofarmacologia del peyote, pubblicato nel 1927 con il titolo Der Meskalinrausch. Tra i primi a inaugurare il filone di ricerca sugli allucinogeni come "psicosi sperimentali", idea-guida che resisterà a lungo e forse non ancora da tutti abbandonata.

mercoledì 5 febbraio 2014

Cameratismo amoroso

Altra denominazione dell'amore libero, dato che l'amore è prima di tutto, per gli anarchici individualisti, una varietà dei rapporti camerateschi (in clima di libertà o di libera disposizione di se stessi - fra anarchici oggi, fra tutti quanti nel bel tempo futuro dell'anarchia). Non dipende che dal libero accordo degli interessati. Non riguarda i terzi, ma non li esclude se l'accordo è unanime. Esclude la gelosia ma non la passione. Rifiuta tutti i pregiudizi. Accetta per esempio l'incesto e l'omosessualità. Non è sottoposto a nessuna nozione di durata. Può essere interrotto unilateralmente e la rottura deve essere accettata dall'altra parte. Non causa alcun diritto. La stessa persona può avere contemporaneamente parecchi rapporti di cameratismo amoroso. Lo scambio di sentimenti: la sua latitudine viene lasciata alla discrezione piena e completa degli interessati. 

sabato 1 febbraio 2014

Gli Hollers (Il lavoro e il canto)

Mentre alla fine del secolo a New Orleans si suonava e si cantava il blues (o quello che poi è stato chiamato blues) in tutti gli Stati Uniti si potevano sentire i lavoratori negri che del blues cantavano le forme più primitive.
"I got de blues,
But I'm too damnmean to cry"
(Mi sento addosso il blues / ma sono troppo crudele per piangere)
Il blues si caratterizzo alle origini come l'espressione di sentimenti individuali, come un racconto personale di estrema semplicità, fatto a volte di un solo verso ripetuto con insistenza.
"Gwine take morphine an' die
Gwine take morphine an' die
Gwine take morphine an' die"
( Prenderò la morfina e morirò)
Molti tra gli stessi cantanti usavano il termine one-verse song per significare che tutta la canzone era basata sulla ripetizione di un solo verso. Per quanto riguarda i braccianti e i raccoglitori di cotone, tra loro questo tipo di canzoni si ritrovavano nella loro forma più rudimentale, gli hollers, grida solitarie, vaganti, che echeggiavano nei campi di cotone. Lo holler aveva radici nel periodo della schiavitù, come testimonia questa descrizione fatta da Frederick Olmsted nel 1853, di una squadra di schiavi del South Carolina che erano stati affittati dal loro padrone ad una compagnia ferroviaria:
"Uno di loro produsse un suono che non avevo mai sentito, un grido lungo, forte, musicale, che saliva, scendeva e si rompeva nel falsetto, mentre la sua voce risuonava nei boschi nell'aria tersa e pungente della notte come un segnale di tromba. Quando aveva finito, la melodia veniva ripresa da un altro, poi da un altro ancora, e infine da molti altri in coro."