lunedì 25 aprile 2016

IL TEMPO di Philip K. Dick

Negli anni Cinquanta, quando vivevo davvero in Francisco Street 1126, quel mondo sembrava irreale; in realtà è stato decenni dopo. Ma adesso che siamo decenni dopo, quel tempo e luogo passato sembrano reali o comunque in qualche modo lo sembra il passato, mentre questo è un falso. E come dico, è straordinario anche come nel '74 abbia avuto la visione degli eventi di Sonoma degli ultimi tre mesi! Qual'è la mia vera relazione con il tempo? Ho esperienza del passato recente, del futuro recente e del passato molto lontano; un bel po' della mia anima o psiche sembra essere transtemporale ...- forse è per questo che ogni dato spazio-tempo presente mi sembra in qualche modo irreale o illusorio. Io abbraccio lo spazio che c'è in mezzo, e dunque vado al di là; l'ho sempre fatto, e il transtemporale è l'eterno, lo Spirito divino, immortale. Da quanto tempo sono stato qui, e per quante volte? Chi o che cosa sono io, e quanto vecchio?
La realtà esterna mi si presenta come un mistero, e così anche la mia identità interiore.  

venerdì 15 aprile 2016

'A VITA di Totò

                                   'A vita è bella, si,&è stato un dono,
                                       un dono che ti ha fatto la natura.
                                   Ma quanno po' sta vita è na sciagura,
                               uie mm' 'o chiammate dono chisto ccà ?

E nun parlo pe me ca, stuorto o muorto,
riesco a mm'abbuscà na mille lire.
Tengo 'a salute, e, non faccio per dire,
songo uno 'e chille ca se fire 'e fà.

Ma quante n'aggio visto 'e disgraziate:
cecate, ciunche, scieme, sordomute.
Gente ca nun ha visto e maie avuto
nu poco 'e bbene 'a chesta umanità.

Guerre, miseria, famma, malatie,
cristiane addeventate pelle e ossa,
e tanta gioventù c' 'o culo 'a fossa.
Chisto nun è nu dono, è 'nfamità.


venerdì 8 aprile 2016

Dobbiamo stare insieme

"Dobbiamo stare insieme. Dobbiamo essere in condizione di dire ai porci che se non ci servono il mangiare quando è ancora caldo, e se non ci distribuiscono il sapone in tempo, ognuno nella fila comincerà a tirargli in testa qualcosa, e allora le cose cambieranno, e potremo vivere meglio. Ma se continuiamo a combatterci gli uni contro gli altri, un'unità del genere non ce l'avremo mai. Lo dico sempre ai fratelli che ci sono alcuni, tra questi bianchi, che vogliono lavorare con noi contro i porci. Basta che la smettano con le loro chiacchiere da biancuzzi cretini. Se si va avanti con gli scontri razziali, l'unica cosa che ne esce fuori sono dei gruppi fanatici che si combattono tra di loro. Ed è proprio quello che i porci vogliono".

(George L. Jackson, intervista inedita)

venerdì 1 aprile 2016

LA TERRA TREMA di Luchino Visconti

Ad Aci Trezza, centro peschereccio nei pressi di Catania, il pescatore Ntoni Vallastro tenta di lottare contro i grossisti del pesce che sfruttano tutta la comunità. A tale scopo, egli cerca la solidarietà dei compaesani, ma rimane isolato, e così ipoteca la casa per poter comprare una barca e lavorare in proprio. Dopo i primi limitati successi, la barca si schianta in una tempesta. La famiglia Vallastro torna in miseria più di prima, si sgretola, è costretta anche ad abbandonare la casa. Ntoni torna a cercare lavoro a giornata, ma non è un vinto: ha preso coscienza degli errori compiuti, e sa cosa resta da fare per mutare le condizioni di vita di tutto il paese
"A me, lettore lombardo, abituato per tradizionale consuetudine al limpido rigore della fantasia manzoniana, il mondo primitivo e gigantesco dei pescatori di Aci Trezza e dei pasori di Marimeo era sempre apparso sollevato in un tono immaginoso e violento di epopea: ai miei occhi lombardi la Sicilia di Verga era apparsa davvero l'isola di Ulisse, un isola di avventure di fervide passioni, situata immobile e fiera contro i marosi del mare Jonio. Pensai così a un film sui Malavoglia" (Luchino Visconti, in "Stile" volume VII, inverno 1941)
"L'epoca d'oro del cinema italiano si conclude con un solo grande film sul Mezzogiorno: La Terra Trema di Visconti. Un film che vale a riscattare e colmare il vuoto che lo circonda, capace com'è di porsi come un faro - assai difficile da raggiungere, in verità - per i giovani registi che attraversano le nebbie della crisi del neorealismo. Quelle coppie di remi che sospingono la barca - e il mare è simbolo di speranza - richiamano alla mente, e non v'è azzardo, il pulsare dei pistoni e delle bielle della corazzata Potemkin."
(Dario Natoli, in "Cronache meridionali" numero 6, dicembre 1961)