martedì 24 maggio 2016

L’esigenza amorosa

Come insegnano ormai i bambini, il piacere di vivere non deve più affermarsi pagando un tributo alla retorica della sua sconfitta. A dispetto delle antiche oppressioni, l’amore di sé, quale lo scoprono l’infanzia e la nuova coscienza degli amanti irradia da una potenza di cui la potenza industriale, perfettamente concentrata nell’irradiazione nucleare, sarà stata il mortale surrogato. È il motivo per cui io considero l’esigenza amorosa di essere tutto, in ogni tempo e ovunque, come l’unica alternativa alla società mercantile.
O l’economia porterà a compimento la perdizione del vivente, o la società si fonderà sulla predominanza dei desideri affrancati dall’universo mercantile. O noi periremo nella stupidità crescente del profitto e del prestigio promozionale, o il primato del godimento porterà alla rovina il lavoro attraverso la creatività, lo scambio mediante il dono, il senso di colpa tramite l’innocenza, la volontà di potenza grazie alla volontà di vivere, gli appagamenti angosciati per mezzo del ritmo naturale del piacere e del dispiacere.
Una scommessa aperta. Tra la tendenza ad abbandonare il meglio per il peggio, e la trasmutazione dell’Es individuale. Tra il disprezzo di sé, questa virtù di cui si onora lo schiavo, di rimettersi ad una guida – politico, prete, medico, psicanalista, pensatore, istituzione, governo -, e un’arte di godere, pazientemente decantata dalle impregnazioni della morte.
Il movimento del Libero Spirito ha posto la domanda nel momento storico in cui il processo mercantile iniziava la sua accelerazione. La fine del XX secolo sentirà la risposta nell’esplosione finale della macchina per snocciolare l’individuo. Ma nelle parole pericolosamente strappate al linguaggio di Dio, e nelle parole trascinate, ai nostri giorni, nella derisione di una sopravvivenza insignificante e di una vita che non ha un senso riconosciuto, è lo stesso ciclone del godimento che, con la sua violenza intemporale, spazza la storia. La ricerca di un amore da inventare nella pura materia dell’umano fonda la misura universale di una società radicalmente nuova.

martedì 17 maggio 2016

Alexander Skrjabin

Nato da una famiglia aristocratica, all'età di un anno perse la madre, una pianista, morta di tubercolosi.
Alexander Skrjabin  è stato un visionario spesso ai limiti dell'allucinazione, completamente affascinato da esoterismo e teosofia. Per comprendere la portata della sua geniale fantasia, basta osservare la prima stesura del testo poetico e i molti schizzi preparatori che il musicista russo ha lasciato alla morte per Misterium, un'opera che avrebbe dovuto essere eseguita in un tempio emisferico sull'Himalaya per celebrare "la nascita di un nuovo mondo", con una grandiosa sintesi religiosa di tutte le arti: suoni, danze, luci, profumi, colore e poesia.
Una teoria sostenuta da questo stesso autore poneva in stretta relazione i colori alle note musicali: lui stesso suonava addirittura su una tastiera per luci con i tasti opportunamente colorati di tinte diverse, intrecciando melodie al di fuori del senso comune, lasciandosi trascinare da questo o quel colore e non dalla nota in sé. 
L'amalgama di colori, texture e suoni che nelle sue composizioni attirano o allontanano l'ascoltatore è quello che lui stesso e la sua musica lo distinguono dagli altri: il suo DNA rinchiuso in quegli accordi atonali tonica-dominante che annullano la dicotomia modale maggiore-minore. La musica di Skrjabin conteneva estasi. Egli sosteneva che la fine del mondo sarebbe stata una orgia universale, voleva unire tutta l'umanità attraverso queste composizioni, una orgia di colori e suoni la Omni-Art, voleva eseguire un progetto multimediale sulle cime dell'Himalaya di sette giorni chiamata Mysterium. 
Nelle sue composizioni riesce a  far emergere la disordinata energia creatrice di un genio in perpetua agitazione, e che può passare da pagine di grottesca schizofrenia contrappuntistica (ad esempio la Nona sonata) a malinconiche evocazioni di paesaggi gotici che possono nascondere persino un castello medievale (la Terza sonata). 
Era una persona con diverse visioni del mondo ed è stato considerato uno dei principali compositori simbolisti russi a causa delle sue armonie insolite.
 Era un musicista mistico con influenze spirituali, sviluppò strutture musicali originali e armonie inusuali all'epoca. Skrjabin era tra i compositori più innovativi e più controversi del suo tempo, tra follia e genialità, la sua intera fisionomia spirituale e coscienza era condizionata dal satanismo, voleva portare gli elementi diabolici alla luce del giorno per sottoporli alle leggi della bellezza e della proporzione.
Nel 1915 si ammalò a causa di una puntura d'insetto sul labbro superiore sotto i baffi. Per ovvie ragioni dell'epoca, i medici operarono con diverse incisioni, causandogli una infezione da streptococco stafilococco, avvelenamento del sangue. Si spense il 27 aprile 1915 all'età di 43 anni di setticemia.

lunedì 9 maggio 2016

L’esperienza psichedelica di Alexander Shulgin

Permettetemi di chiarire le ragioni per le quali trovo che l’esperienza psichedelica sia un tesoro. Sono assolutamente convinto che c’è una gran quantità d’informazioni dentro di noi, con miglia di conoscenza intuitiva arrotolate nel materiale genetico di ogni singola cellula. Qualcosa di simile ad una libreria contenente una miriade di tomi, ma senza un cartello d’entrata. E, senza accedervi, non c’è modo nemmeno di iniziare ad intuire l’estensione e la qualità di ciò che vi si nasconde. Le droghe psichedeliche permettono l’esplorazione di questo mondo interiore, e fanno luce sulla sua natura.
Questa è la ricerca che è stata parte della vita umana dai suoi primissimi momenti di coscienza. La coscienza della sua propria mortalità – coscienza che lo separa dai suoi cari animali – è ciò che dà all’Uomo il diritto, la licenza, di esplorare la natura della sua stessa anima e del suo spirito, di scoprire ciò che può sulle componenti della psiche umana. Ognuno di noi, in qualche momento della propria vita, si sentirà uno straniero nella terra straniera della propria esistenza, assetato di risposte a domande che sono cresciute dal profondo della sua anima e non se ne andranno. Sia la domanda che la risposta hanno una stessa fonte: se stessi. Questa fonte, questa parte di noi, è stata chiamata con molti nomi nella storia dell’uomo, il più recente dei quali è “l’inconscio.” I freudiani lo temono e gli junghiani ne sono estasiati. È la parte profonda che ti tiene d’occhio quando la tua mente conscia scivola via, che ti suggerisce cosa fare in un momento di crisi, quando non c’è tempo per ragionamenti logici e per prendere decisioni. È il posto in cui possono essere trovati demoni ed angeli e tutto ciò che c’è in mezzo.
Questa è una delle ragioni per cui considero gli psichedelici un tesoro. Possono dare accesso a parti di noi che hanno risposte. Possono, ma ripeto, non necessariamente e probabilmente non lo faranno, a meno che quello sia lo scopo con cui vengono utilizzati. Sta a te usare bene questi strumenti, nel modo giusto. Una droga psichedelica può essere paragonata alla televisione. Può essere rivelatoria, molto istruttiva, e – con una ponderata cura nella scelta dei canali – un modo per raggiungere straordinarie intuizioni. Ma per molte persone, le droghe psichedeliche sono semplicemente un’altra forma di intrattenimento; non si cerca nulla di profondo e quindi, di solito, nulla di profondo si trova. La possibilità degli psichedelici di dare accesso all’universo interiore credo sia la loro proprietà più importante. 

martedì 3 maggio 2016

PAISÀ di Roberto Rossellini

Seguendo l'avanzata dell'esercito alleato dalla Sicilia al Polesine, il film presenta sei momenti della vita italiana durante la guerra combattuta dai partigiani e dagli anglo-americani contro i nazifascisti. Gli episodi, girati in Sicilia a Napoli, Roma, Firenze, in Romagna e nel Delta padano, mostrano quale fosse il comportamento del popolo italiano in quel momento storico, nei confronti di un nemico spietato e di alleati che non sempre riuscivano a comprendere la realtà del Paese in cui combattevano.

Un film deve essere ben diretto, è il meno che si possa pretendere da un regista, ma una sola inquadratura non deve essere bella. L'unica cosa importante è il ritmo e ciò non s'impara; lo si ha dentro di sé. Il neorealismo consiste nel seguire un essere umano con amore, in tutte le sue scoperte, in tutte le sue impressioni.È un essere minuscolo dentro qualcosa che domina e che, all'improvviso, lo colpirà terribilmente nell'istante preciso in cui si sente libero e non se l'aspetta. Ciò che ha importanza per me è questa aspettativa; bisogna svilupparla, lasciando intatta la caduta.
(Roberto Rossellini, in "Cinema Nuovo" n.70, 10 novembre 1955) 

Un film come Paisà aveva tutti i modi della felicità (espressiva, si intende) con cui una cosa avvertita è irresistibilmente offerta per come era stata avvertita. Questa sua forza d'impulso, di spinta iniziale, faceva approdare l'opera alla sfera della coscienza, senza alcun ricorso a particolari sottolineature. Agiva sulla coscienza, risultando coscienza esso stesso, dopo aver preso l'avvio di una voglia di dire, da un bisogno da raccontare.
(Vittorio Sereni in "Cinema Nuovo) n.8, 1 aprile 1953)