giovedì 26 febbraio 2015

Non schiaffarmi dentro (Don't you ease me in)

La vita nelle country farms (fattorie di contea, quando il sovraffollamento delle carceri dopo la Guerra Civile portò a un sistema di affitto dei carcerati per lavori esterni) e nei penitenziari del Texas era incredibilmente dura e abbrutente. I prigionieri, che spesso erano dentro per infrazioni banali o semplicemente per vagabondaggio, venivano pestati e frustati ripetutamente e a volte letteralmente uccisi a forza di farli lavorare. Incatenati assieme nelle chain gangs (squadre della catena) a volte anche trecento per catena, questi uomini e qualche volta delle donne lavoravano sedici ore al giorno, sei o sette giorni alla settimana, prosciugando paludi, spaccando pietre nelle cave o costruendo strade. Erano sorvegliati e guidati da guardie a cavallo armati di fucili e fruste e di notte venivano rinchiusi in ricoveri umidi e fatiscenti, a volte incatenati anche nelle cuccette. I detenuti erano severamente segregati per sesso e la luce non era mai accesa, nei dormitori, ma stranamente ad alcuni prigionieri, particolarmente fidati o raccomandati, si permetteva di passare la notte con l'amato o l'amata. In queste condizioni, frasi come "Dont't you ease me in" (non schiaffarmi dentro) e " all night long" avevano un significato speciale.

Don't ease, don't you ease,
Ah, don't you ease me in.
It's all night long, Cunningham, don't you ease me in.
I've got a girl, she's little and short,
She leave here walking, loving babe, talking true love talk.
Don't ease, don't you ease,
Ah, don't you ease me in.
It's all night long, Cunningham, don't you ease me in.
I was standing on the corner, talking to my brown,
I turned, sweet mama, I was workhouse bound.

(Non schiaffarmi dentro, / non schiaffarmi dentro, / non schiaffarmi dentro tutta la notte, Cunningham. / Ho una ragazza piccola e minuta, / e se ne va, cara ragazza, dicendo parole d'amore sincere. / Non schiaffarmi dentro, / ah, non schiaffarmi dentro tutta la notte, Cunningham. / Ero lì all'angolo, parlavo alla mia bruna, / mi volto, bella mia, e mi stavano portando al penitenziario.)

giovedì 19 febbraio 2015

Malatesta e l'anarchia

L’anarchia è l’ideale che potrebbe anche non realizzarsi mai, così come non si raggiunge mai la linea nell’orizzonte che si allontana di tanto in quanto uno avanza verso di esso, invece l’anarchismo è metodo di vita e di lotta e deve essere, dagli anarchici, praticato oggi e sempre, nei limiti delle possibilità variabili secondo i tempi e le circostanze. L’anarchia è l’ideale, la meta mai completamente raggiungibile della libertà e dell’uguaglianza, e dunque è tutto ciò che sta alla base dell’agire anarchico; l’anarchismo, invece, costituisce l’insieme teorico-pratico della traduzione qi questi valori e di questi motivi nel processo storico e come tale fa da tramite dinamico fra deduzione mutevole e relativa del presente e gli obiettivi universali del futuro. L’anarchismo può quindi utilizzare e far proprio qualunque strumento di comprensione dell’esistente mentre l’anarchia non ha bisogno, per sussistere, di essere “giustificata” da tale spiegazione.   

venerdì 13 febbraio 2015

Il colore della rivolta

Voci e rumori in una città dove tutto sta stretto dove l'antagonismo e la sovversione si muovono nei sotterranei di una metropolitana inesistente, dove il colore della rivolta rimane polverizzato dai nomi dei cadaveri che ricoprono vie e piazze.
Città labirinto, sporca ed infernale, stracarica di insegne colorate, architetture barocco/fascio/moderne, lampadine intermittenti, cartelloni pubblicitari, intellettuali che fanno politica, politici che fanno i mafiosi, polizia e carabinieri che sempre cercano chi mai non trovano.
I miei passi striscianti e trasgressivi, sperduti fra mille piedi e mille vie, con in testa ogni giorno un solo obiettivo, la sopravvivenza.
Nessuno di noi ha la verità in tasca, ma forse nelle nostre tasche, nelle nostre borse abbiamo lame di parole, dove ciò che non ci piace, tagliamo.
Di notte nel buio delle piccole vie del centro, nei palazzi della provincia che crollano, sotto i portici umidi di piscio di cane/umani, in riva al fiume o nei parchi tra danze di neri e scritte razziste: io provo a fermare il mondo, a graffiare muri e spargere sorrisi taglienti come gocce colorate di desiderio di rivolta.

(Tatto da ROMANZO IN POLVERE di Gepy Goodtime, edizioni La Paz , Caracas 1977)

domenica 8 febbraio 2015

Libertà e eguaglianza di Carlo Cafiero

Il nostro ideale rivoluzionario è molto semplice: si compone, come quello di tutti i nostri predecessori, di questi due termini: libertà ed eguaglianza.
Vi è solo una piccola differenza. Ammaestrati dall'esperienza degli inganni commessi dai reazionari di ogni tipo e in ogni tempo per mezzo delle parole libertà ed eguaglianza, abbiamo ritenuto opportuno mettere a fianco di questi due termini l'espressione del loro esatto valore. Queste due monete preziose sono state falsificate tanto sovente che noi vogliamo in via definitiva conoscerne e misurarne esattamente il valore.
Affianchiamo dunque a questi due termini, libertà ed eguaglianza, due equivalenti, il cui significato preciso non può dar luogo a equivoci e diciamo: Vogliamo la liberta, cioè l'anarchia, e l'eguaglianza, cioè il comunismo.
Nessun nuovo governo o nuovo Stato, per quanto possa definirsi popolare o democratico, rivoluzionario o provvisorio.
Poiché la ricchezza comune è diffusa su tutta la terra e appartiene di diritto all'umanità intera, coloro che si trovano alla portata di questa ricchezza e in grado di utilizzarla la sfrutteranno in comune. Gli abitanti di un dato paese utilizzeranno la terra, le macchine, i laboratori, le case ecc., e se ne serviranno tutti in comune. Come parte dell'umanità, eserciteranno di fatto e direttamente il loro diritto a una parte della ricchezza umana.

martedì 3 febbraio 2015

RAPACITÀ di Erich von Stroheim

McTeague, lasciata la miniera va ad abitare a San Francisco; lavora come dentista e sposa Trina, una donna avida di denaro. Caduto in miseria, si abbruttisce sempre più, uccide la moglie e poi, dopo una fuga nel deserto, anche il suo antico rivale, Marcus. Ma una catena lo imprigiona al cadavere e lo condanna a sicura morte.

Quando vidi come la censura aveva amputato il mio film Greed (Rapacità), in cui avevo messo tutto il mio cuore, abbandonai ogni speranza di poter creare dei film d'arte e da allora in poi ho lavorato su ordinazione. (Freddy Buache, "Erich von Stroheim" Seghers, Parigi 1972)

Rapacità era un film denso di squallore, miseria, dolore, lussuria, vendetta e paura. Non era un film piacevole, ma una fedele traduzione scenica del romanzo di Frank Norris. "La sete dell'oro", dichiarò Stroheim, era alla radice di quasi tutti i mali del mondo; e questo voleva dimostrare il suo film. Non fu un successo commerciale, non era un opera adatta al gusto corrente, ma, dal punto di vista artistico, superava di gran lungo ogni altro film americano del dopoguerra. (Peter Noble, "Fuggiasco da Hollywood", Il Saggiatore, Milano 1964)