sabato 26 novembre 2022

William Blake - la libertà sfrenata

Il 6  giugno 1780 una folla di scalmanati appiccò il fuoco alle prigioni di Newgate. Fra la folla c'erano due poeti: George Crabbe e William Blake. Per caso, si dice, né si sa esattamente che parte attiva possa avere avuto nel tumulto il ventitreenne Blake, artista eccentrico convinto delle funzioni profetiche della poesia, destinato a rimanere isolato (quanto a fama contemporanea) pur dovendosi considerare il più estremo dei romantici ante litteram, e più vicino di  tanti altri, nella sua impetuosa passione visionaria, ai rivoluzionari più radicali e agli «immoralisti» degli anni di transizione fra il «secolo dei lumi» e il romanticismo codificato come tale. Non è semplice scorgere nelle stravaganti e labirintiche allegorie dell'autore dei «proverbi» di The Marriage of Heaven and Hell (Il matrimonio del cielo e dell'inferno, 1790) una precisa concezione rivoluzionaria legata, per esempio, ad eventuali ordinamenti sociali (non si nota mai né intenzione né effettivo  passaggio, salvo il caso prima riferito, a qualcosa che si possa definire azione), e tuttavia nella sua opera i segni di un'insofferenza ai limiti dell'anarchia è sempre percepibile. Fortemente razionalista da un lato, educato all'anticonformismo di pensiero di Voltaire e compagni, e dall'altro ferocemente avverso  ad una pura logica, nutrito di occultismo, di  gnosticismo, sostenitore ispirato dei diritti «divini» dell'Immaginazione, Blake non nega affatto, come il Diderot del Système de la Nature (Il sistema della natura), il fine ultimo della felicità e del piacere degli uomini. Piuttosto, lo supera per avventurarsi in una zona da cui sia possibile rovesciare letteralmente, portando il discorso alle sue conseguenze estreme, il dispotismo della morale e delle religioni. «Il Bene è l'elemento passivo, che obbedisce alla Ragione. Il Male è l'elemento positivo, che sorge dall'Energia».  Pur nella tradizione liberale  del dissenso, una simile affermazione suona esplosiva: speranza e incitamento ad una sovversione, terrorismo ideologico che affida all'energia e a ciò che ne deriva (considerato Male) il compito di rovesciare il mondo, la società, per un  suo  benefico rinnovamento. 


domenica 20 novembre 2022

La visione del carro di fuoco - Giotto

La visione del carro di fuoco è uno dei ventotto episodi delle Storie di san Francesco con cui Giotto decorò il registro inferiore della navata della Chiesa Superiore di Assisi, seguendo per l'iconografia del ciclo la traccia indicativa della Legenda major scritta da san Bonaventura verso il 1260. La scena in cui Francesco appare ai confratelli su un carro infuocato è divisa in due zone. Quella superiore, che rappresenta il prodigio, è, trattata anche stilisticamente in modo idealizzato, quella inferiore ha invece precisi connotati realistici, in quanto il pittore si sofferma  a descrivere gli atteggiamenti dei frati: chi ancora dorme, chi alza il capo, chi denuncia  col gesto il proprio stupore di fronte a quanto sta accadendo.

 

lunedì 14 novembre 2022

L'ARTE DI ESSER VUOTA - Rupi Kaur

riversarmi dal ventre di mia madre 

è stato il mio primo atto di sparizione 

imparare  a rimpicciolire per una famiglia 

che vorrebbe  invisibili le figlie 

è stato il secondo 

l'arte d'esser vuota 

6  semplice 

credi  quando dicono 

che non  sei nulla 

ripetitelo 

come   un desiderio 

non  sono nulla 

non  sono nulla 

non  sono nulla 

così spesso 

che l'unica ragione per cui sai 

d'essere ancora viva è il 

gonfiarsi del tuo petto 

                                    

martedì 8 novembre 2022

CHICKEN SOUP WITH BARLEY - Arnold Wesker

Arnold Wesker nato a Londra nel 1932 è noto per i suoi contributi al Kitchen sink drama, il suo lavoro come drammaturgo è stato impulsato dal Royal Court nella ricerca di giovani talenti attraverso la produzione in anteprima di alcune delle sue prime opere, The Kitchen (1957), Roots (1958) e Their Very Own and Golden City (1966). Il dramma più rinomato e che ha lanciato alla fama il giovane autore è stato Chicken Soup with Barley scritto nel 1956 e messo in scena nel 1958 nel BelgradeTheatre a Coventry dopo il rifiuto del Royal Court a produrlo dovuto all’argomento dell’opera che poteva essere rischioso per il teatro. Dopo il successo ottenuto a Coventry lo spettacolo viene trasferito al Royal Court il 14 luglio dello stesso anno. L’opera si ambienta nella Londra del 1936 e racconta le vicende della famiglia ebrea Khan e traccia il crollo dei loro ideali in un mondo che si sta capovolgendo con l’arrivo dei fascisti sull’East End, in parallelo con la disintegrazione famigliare. I membri della famiglia sono ebrei comunisti e cercano disperatamente di mantenere le proprie convinzioni dinnanzi alla seconda guerra mondiale, lo stalinismo e la rivoluzione ungherese del 56. 

Mettere in scena dei proletari comunisti che parlavano di politica era davvero una cosa inaudita; ma il pubblico reagì favorevolmente, un po’ perché il dramma teatralmente funzionava e un po’ perché il dramma coglieva alcuni nodi centrali della realtà politica inglese.  

Chicken Soup with Barley insieme a Roots e I'm talking about Jerusalem dello stesso anno hanno configurato una trilogia che seguiva le vicende della famiglia Khan alla ricerca di una via di uscita dagli sconvolgimenti provocati dalla guerra. In Roots la sorella di Ronnie Khan decide di scappare in campagna mentre in Jerusalem si mette in scena l’esecuzione di questo progetto di vita di una giovane famiglia cercando di scappare dai valori e leggi del capitalismo. Uno degli apporti più interessanti di Wesker alla scena inglese è l’innovazione a livello linguistico che rispecchiando una ricerca di realismo dei suoi personaggi di estrazione popolare riproduce gli errori grammaticali e sintattici propri della parlata popolare. Nel 1962 Wesker fonda il Centre 42 in un ex deposito di locomotive, uno spazio di sperimentazione dedicato a stimolare nella classe operaria l’interesse per le problematiche di indole culturale e artistico, purtroppo e a prescindere del appoggio iniziale dei sindacati nel 1970 progetto è stato costretto a chiudere per una mancanza di sostenimento economico da parte degli stessi.



martedì 1 novembre 2022

MATTATOIO 5 – George Roy Hill

Catturato dai tedeschi in Belgio, lo statunitense Billy Pilgrim viene trasferito in un campo di concentramento. Qui, subisce le persecuzioni di un altro internato, Paul Lazzaro, che lo crede responsabile della morte dell'amico Willy; ma viene anche difeso dall'anziano professore Edgar Derby, anch'egli prigioniero. Il gruppo dei prigionieri americani viene trasferito dai tedeschi a Dresda, nello Schlachtow Funf (Mattatoio 5). Il 13 febbraio 1945, gli statunitensi bombardano la città distruggendola e uccidendo centotrentacinquemila persone: un massacro orrendo ed inutile. Durante i lavori di sgombero delle macerie, Derby viene ritenuto ingiustamente un ladro e ucciso dalle SS. Finita la guerra, Billy torna accanto alla moglie Valencia e ai figli Barbara e Robert; riprende con successo la sua professione di oculista. Non riesce però a cancellare dalla memoria i momenti terribili del suo passato. Poi, esce miracolosamente vivo da un incidente aereo. Dopo la morte della moglie, finisce per abbandonarsi completamente alle proprie fantasie aliene. Un giorno, la figlia e il genero lo trovano morto nella sua villa in campagna. George Roy Hill è arrivato al cinema, dopo una lunga esperienza di  regia teatrale e televisiva, nel 1962 con il trasferimento sullo schermo   di una commedia di Tennessee Williams già da lui allestita  in teatro. Seguirono  Il mondo di Henry Orient, interpretato da Peter Sellers, Millie, un musical con Julie Andrews, e nel 1970, Butch Cassidy, un western interpretato da Paul Newman. 
La parte migliore del film è nella evocazione dei fatti che hanno ottenebrato  la mente del protagonista. Grazie ad un sapiente montaggio, abbiamo veramente  l'impressione di muoverci con lui nella  quarta dimensione. Gli avvenimenti si accavallano, si ingigantiscono, si sparpagliano, si scompongono, e ricompongono,     come le figure di un caleidoscopio, senza che venga mai meno la profonda  unità  del racconto. Lo spettro della  guerra invischia questo poveraccio, privato della  pace dell'oblio. Le cose cambiano quando facciamo scalo su Tralfamadore, passando  bruscamente dal dramma alla quasi-commedia. Intorno all'odissea del soldato alle prese prima coi tedeschi e poi coi  liberatori e tenacemente perseguitato dall'odio di un commilitone  che lo accusa di aver causato la morte d'un compagno, il regista ha tessuto una fitta trama di analogie con gli episodi della vita  borghese: per modo che l'ospedale in cui  Billy  è ricoverato in seguito a un incidente aviatorio (da lui ben previsto standosene sul pianeta) collima col "Lager" dove fu internato, e l'elettrochoc cui è sottoposto con le bombe di Dresda e così via, riconoscendo infine nel figlio reduce dal Vietnam il disgraziato se stesso d'una volta. Tutte le strade insomma lo riportano a quella fatale notte; e sono strade fiorite di amenità,  perché il film non è drammatico come le cose che sottintende o anche esprime nelle belle sequenze della città devastata, ma piuttosto eroicomico, e in virtù del ricorso alla fantascienza (la quarta dimensione che risolve in se le altre) spesso anche comico soltanto o addirittura farsesco, come nell'episodio della moglie grassa che muore spiaccicata alla fine d'una pazza  corsa in Cadillac bianca. Spiando dalle vetrate della sua stazione spaziale, il protagonista sa tutto di se: anche quando morirà e per mano di chi (il commilitone) e tutto il suo agire nel film è una proiezione nel già vissuto, un beffardo esercizio di ricalco. Per intanto egli si gode la bella " starlette " Montana, il suo “presente” in un mondo di gioia.