In un villaggio dell'Ucraina il giovane contadino Vasyl tenta di organizzare una cooperativa agricola; i kulak, che temono per le loro proprietà, lo assassinano nel tentativo di impedire la collettivizzazione della terra. Gli altri giovani del komsomol del villaggio decidono di continuare l'opera di Vasyl cancellando i confini dei campi e seminando la terra della fattoria collettiva.
"Realizzai La Terra nello stabilimento cinematografico di Kiev. La gioia del buon risultato creativo fu brutalmente soffocata dal mostruoso infimo articolo di Demjan Bednyj, intitolato Filosofi, comparso sul giornale Izvestia. Ero così sconvolto da quel articolo, mi vergognavo talmente a passeggiare per le strade di Mosca, che letteralmente incanutii e invecchiai in pochi giorni. Per me fu un autentico trauma psichico".
(Aleksandr Dovzenko, (1939) in "Iskusstvo Kino", maggio 1958)
Nel film di Aleksandr Dovzenko la chiave del mordente sta in massima parte nella morte. Prorio questa, la più semplice di tutte. La morte mai considerata come un fine, un termine, polvere che torna polvere. Un sacrificio, ed essenziale, una parte del processo senza fine della vita sempre rinnovantesi... Panteismo? No. Adorazione della natura? Niente affatto. Chiara dialettica marxista: l'unione degli opposti. I film di Dovzenko sono pieni di morti. Nessun artista in nessun campo ha lacerato i cuori con maggior decisione. Ma nessuna morte in Dovzenko è stata mai futile.
(Slegfried Kracauer, "Film: ritorno alla realtà fisica", Il Saggiatore, Milano 1962)
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