martedì 22 febbraio 2022

ANDRÒ COME UN CAVALLO PAZZO - Fernando Arrabal

Il rapporto edipico madre/figlio è il motore narrativo di J’irai comme un cheval fou. Aden rampollo di ricca famiglia ha sfogato il suo odio verso la madre (Emanuelle Riva) uccidendola, rubandole soldi e gioielli e fuggendo nel deserto. Aden attraverso visioni surreali come la fellatio di sua madre con un uomo orripilante e il suo masturbarsi davanti a questa scena, ricorda le crisi di epilessia, le punizioni corporali, si rivede bambino in una mangiatoia o con la corona di spine, spiegando così al pubblico l’amore/odio morboso nutrito per la genitrice. Aden fugge nel deserto dove incontra un ometto bizzarro, Marvel, un nano in grado di spegnere la luce nel deserto tramutando il giorno in notte e di compiere altri prodigi che cambierà la sua vita. 
L’uomo 
civilizzato, che però si è macchiato di una colpa arcaica e tribale, prima impaurito poi chiaramente affascinato dal suo nuovo amico, decide di portarlo nella civiltà. Marvel tuttavia non può comprendere gli usi della metropoli e continua a compiere i suoi rituali, commettendo tra l’altro sacrilegio in una chiesa, resuscitando Cristo dalla sua croce e facendo gocciolare dalla sua mano sangue vero. Fallito il tentativo di convertire il suo nuovo amico alla vita civile, mostrata nel film come un gigantesco lager nazista; per espiare il matricidio, Aden chiede di essere processato dall’amico e, ritenuto colpevole viene ucciso. Marvel una volta riportato il corpo di Aden nel deserto. Lo divora, In questo modo Marvel ingloba per sempre Aden dentro di sé. Fernando Arrabal ripropone il mito illuminista del buon selvaggio per riflettere sulla follia del nostro mondo, consumistico e inquietante. Andrò come un cavallo pazzo ha il pregio di spiazzare continuamente lo spettatore, di sbalordirlo, meglio di scioccarlo. Le opere di Arrabal sono percorse da diverse correnti artistiche, ma "Andrò come un cavallo pazzo" è essenzialmente figlio di influenze surrealistiche, dovute anche alla collaborazione di Arrabal con André Breton. Il "Manifesto surrealista" (scritto dallo stesso Breton nel 1924) definisce il surrealismo come un "automatismo psichico puro", un meccanismo espressivo fondato sulla "onnipotenza del sogno" e sul "gioco disinteressato del pensiero", funzionante "in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale". In chiave cinematografica, si tratta di rappresentare le
profondità inesplorate dell'animo umano e della realtà, portandone in superficie i lati finora rimasti inespressi: ne deriva una nuova estetica che non si preoccupa di rappresentare l'inconscio della psiche, le repressioni sessuali, le sensazioni forti e violente, le immagini brutte e sporche. Arrabal ne attinge a piene mani. Sangue e sperma, urina e feci. Cadaveri e scheletri. Coprofagia e necrofagia. Nudità e ambiguità sessuali.  Cannibalismo, sesso, terrore, amore nelle sue espressioni più radicali. Eppure nessuno di questi eccessi è fine a se stesso: tutto assume rilevanza nell'ottica di insieme. All’epoca il film fece scandalo, per come attaccava a testa bassa le convenzioni borghesi e rifiutava le logiche istituzionali della società e della famiglia, tanto che il 15 novembre 1973 si è visto rifiutare il suo visto di censura poi autorizzato ai maggiori di anni 18.










martedì 15 febbraio 2022

Alchimia Vegetale

 

“La natura non dà alla luce le cose compiute, bensì tocca all'uomo compierle. L'alchimia è tale  compimento.  L'alchimista è il fornaio, poiché cuoce il pane, il vendemmiatore, perché produce il vino, il tessitore, perché tesse la tela.”  (Paracelso, Paragranum,  1530)

L'arte di guarire era uno degli obiettivi Fondamentali dell'alchimia ben prima di Paracelso (1493-1541), storicamente considerato il fondatore della iatrochimica :dal greco iatros, medico) farmaceutica. Poiché il processo alchimistico è orientato verso lo sviluppo organico, Newton ha descritto l'alchimia come ((chimica vegetale», in opposizione alla chimica meccanica  studiata in laboratorio. 

Aurora consurgens, inizio XVI sec.
Il più dotto di tutti i filosofi porge alla “madre  alchimia” un mazzo di erbe medicinali, con cui curare il suo corpo malato. Mentre il capo dorato e il seno argenteo (qui coperto per volontà di un censore) hanno  già raggiunto la perfezione, la parte inferiore del suo corpo si trova ancora in una condizione  impura e velenosa.  Le sue cosce sono  gonfie per l'idropisia, e i piedi colpiti dalla gotta. 



lunedì 7 febbraio 2022

I Ribelli del Rock’n’Roll – parte seconda

I teenager hanno  finalmente  un  linguaggio che li differenzia nettamente dagli adulti; nei Fifties, per la prima volta, lo slang inizia a cambiare a velocità vertiginosa: ciò che nel  1950 era «hot»,  per  definire qualcosa alla moda,  è adesso  reso col suo  opposto,  «cool». I teenager,  soprattutto, hanno  soldi da  spendere, per via d'una  insolita prosperità  postbellica, e lo  possono fare in modo   inequivocabilmente  giovane: gli 86 milioni di dollari spesi nel 1950 in strumenti  musicali diventano  149 alla fine del decennio, i 32 in libri per ragazzi diventano 88. I giovani vanno alla ricerca della propria identità preoccupandosi soprattutto di evidenziare, con il  corpo, l'atteggiamento e l'abbigliamento, la loro diversità, l'estraneità al mondo adulto. La libertà che chiedono  è  solo di pensiero, gli espliciti riferimenti sessuali nelle canzoni un pugno  in faccia a mamma e  papà, non  certo  l'invocazione di  una maggiore  tolleranza nei  costumi, non  certo i prodromi dell'amore  libero della Nazione  Utopistica di  Woodstock e  dei figli dei fiori. I teenager chiedono  soltanto di essere lasciati in pace nella loro Cittadella dell'Eterna  Adolescenza, dove l'adolescenza  non è la fase di passaggio dall'infanzia alla maturità, ma una condizione valida per se stessa. Le canzoni raccontano di school days, di sogni e malinconie tra i 13 e  i 19 anni, di amori eterni e  promesse da  non spezzare  tra i due  estremi del «forever»  e del  «never»,  di ragazze  che rimangono sempre «little girls, pretty, lovely, nice, cute, fine» e non diventano  mai  «women»,  mai «beautiful», perché  bellezza completa  e  perciò adulta. Non è un caso che il rock'n'roll sia nato in America, visti gli standard schizofrenici  della società americana: da un  lato il grande stress per farti diventare subito adulto, per convincerti che solo il lavoro e l'applicazione possono  garantirti l'ingresso nella società; dall'altro lo stress, altrettanto grande,  per prolungare   artificialmente la giovinezza: la cura ossessiva dell'immagine  e del  look spinge  uomini e  donne mature  a vestirsi come  ragazzini, a servirsi di creme, lozioni e  balsami, a sfruttare senza remore  lifting e trapianti. Gli americani perpetuano  la lotta tra Robinson Crusoe  e Peter Pan. E il rock'n'roll, dopo la morte  di Buddy  Holly (come vuole la  leggenda) o con l'inizio di un nuovo decennio  (come suggerisce la storia), è stato un po' come  l'Eden dopo la  caduta. Persa per sempre  l'innocenza  ci si è cominciati a illudere di poterla ricatturare. Finiti gli anni Cinquanta il rock'n'roll ha cessato di essere la musica di chi è  giovane per diventare la musica di chi si sente giovane  o vuole sentirsi tale, come l'Elvis degli ultimi tragici anni,  agghindato da ragazzino  e grottesca caricatura di se stesso; come Mick Jagger, che rideva all'ipotesi di cantare Satisfaction a 40 anni e oggi ride dell'ipotesi di smettere.   Gli anni Sessanta  vedranno pubblico e artisti socialmente più frustrati, la protesta assumerà  contorni letterari, contro i sistemi che si sgretolano, l'Università in crisi, le ingiustizie sociali e la guerra in Vietnam;  il rock  sarà il centro della cultura dell'alienazione, radice del pensiero politico di Hayden  e  Cleaver e  legato all'alternativa di sinistra. Negli anni Settanta la ricerca d'identità dei giovani  avverrà con la distruzione delle certezze consolidate  o con  la rincorsa a innocui feticci. Negli anni  Ottanta il rock proverà a cancellare il suo peccato originale sfruttando i media  per cambiare, in megaraduni  ed eventi vari, lo stato delle cose. Ma l'innocenza degli  anni Cinquanta  non la si riacquisterà  più. La storia  del rock è qualcosa  di più della spiegazione  di uno  stile musicale. È invece la storia che racconta e riflette la sempre  maggiore confidenza, maturità e  indipendenza economica della generazione  del secondo dopoguerra, le sue  mutevoli aspirazioni, la sua insaziabile sete di scoperta, il sorgere di una coscienza politica. È una  storia di  esplorazioni ed avventure, innovazioni  e imitazioni. 



mercoledì 2 febbraio 2022

I Ribelli del Rock’n’Roll – parte prima

Il rock'n'roll irrompe come una furia, distruggendo gli argini e inondando  le campagne, in un'America che la seconda  guerra mondiale aveva lasciato con poche certezze e molte  paure. Due le più grandi: la bomba atomica e l'arrivo dei  russi e del comunismo. Paure, per la verità, tutt'altro che ingiustificate. Nel 1950 l'Unione  Sovietica aveva il triplo degli aerei da combattimento, il quadruplo delle truppe, una percentuale di trenta divisioni corazzate a una. Quattro mesi prima della fine degli anni Quaranta aveva fatto esplodere la sua prima bomba atomica e la Casa Bianca aveva dato l'annuncio solamente tre settimane dopo, il 23 settembre, contribuendo così ad aumentare  il panico nella gente. Gli uomini della Difesa prevedevano da 10  a 15 milioni di morti nel solo primo giorno d'esplosione; il film «On The Beach»,  tratto  dal romanzo  di Nevil  Shute  che descrive la fine della vita sulla terra dopo la guerra  nucleare, fa scalpore a dispetto  dell'incontro apparentemente  rassicurante tra  Eisenhower e   Kruschev, a Camp David. L'America  sente  che l'orologio atomico batte sempre  più forte e va incontro al futuro che ritiene inevitabile senza illudersi troppo e con l'ingenuità tipica del Grande Paese: «Piccole fattorie, proprio fuori dal raggio  d'azione della bomba atomica», annuncia la pubblicità di un'impresa  di Washington,  DC; «Impara  a  conoscere i pericoli della bomba e i passi da compiere per neutralizzarli. Puoi sopravvivere!», tenta di rassicurare un pam-phlet del governo. L'America teme il  domani e non guarda al suo ieri, come invece  accade nello stesso periodo in Gran Bretagna,  dove gli angry young  men  denunciano  le  pecche  dello Stato assistenziale. E  per questo che il rock'n'roll  diventa subito  fiume in piena;  perché urla a chiare lettere che il passato  è passato e che il futuro non  conta   perché  potrebbe  anche non arrivare. «Voglio il  mondo e lo voglio  ora»  e «questa è la  mia vita e ne faccio ciò  che  voglio» sono le prime  parole che il rock'n'roll  ha  insegnato  a pronunciare. Ha scritto Jerry  Rubin: «Papà guardava la sua casa, la macchina e il giardino  ben curato e si sentiva fiero. Ma noi eravamo  confusi. Non capivamo.  Perché  lavorare?  Per  avere  case più grandi, automobili  più grandi, giardini ben curati più grandi?   Diventavamo  matti. Fu allora  che Elvis  Presley sbatté fuori Eisenhower,  facendo vorticare i nostri corpi irrigiditi. La selvaggia  energia del rock  pulsò e  zampillò calda dentro di noi,  ritmo irrefrenabile che sveglia gli istinti repressi. Musica per liberare lo spirito, per stare insieme. Elvis ci  ha detto: "Andiamo!"».  Il rock'n'roll diventa la colonna  sonora  del teenage  takeover, la presa di potere dei teenager  che hanno, per la prima volta, coscienza di sé come gruppo. Hanno  finalmente eroi teenager che cantano di teenager per i teenager, quando nel 1950 i teen idol più votati nel referendum di «Downbeat»  appartenevano al  mondo dello sport (Joe Di Maggio e Babe Ruth); nella seconda meta del decennio proliferano i  gruppi musicali  con «teen» nel nome - The Teen  Queens, The Six Teens,  Frankie Lymon &   The Teenagers — e non si contano gli hits con «teen» nel titolo: Teen Age  Prayer (Gale Storm, 1955),  Teen Angel (Mark  Timming, 1957), A Teenager's Romance  (Ricky Nelson, 1957), Teenage Crush  (Tommy Sands, 1957), Sweet Little Sixteen (Chuck Berry, 1958),  Teen Beat (Sandy Nelson, 1959), Teenager In Love (Dion, 1959).