mercoledì 24 novembre 2021

LE MANI IN TASCA - Benjamin Péret

Nessuna esitazione e vedrete la linea della vita

Del pane tagliato in tutta la sua lunghezza

È una valle profonda dove scorre un fiume di latte acido

La cui corrente trasporta migliaia di ali

Che sbattono senza posa per provocare il furore delle acque

Ma no esse ridono come un fischio d’ammirazione

Indirizzato dai bassifondi di Chicago

Alla ragazza nuda che si contempla allo specchio

Che applaude fragorosamente

E un pesce volante erra intorno a lei

Criticandola

Il suo occhio destro concentra tutto il mare e il suo sale che brilla al sole

Mentre l’altro presagisce l’autunno

Ascolta i frutti maturi che cadono al suolo

Con un rumore di schiaffo immeritato

Che dirà la terra

E il tuo seno destro che figura un colpo di cannone

Sparato in onore delle anatre selvatiche

Che migrano nel tuo sangue

Mentre il tuo seno sinistro si ricorda

Del segnale di confine che per tanto tempo

Lo ha privato delle carezze del sole che sorgeva

Frusciante sotto il suo ombrello color dei due mondi

Dove si riparano bastimenti a quattro alberi

Lamenti a denti di sega sbreccata

E colpi d’occhio complici come casseforti aperte

Riempite dal soffio leggero

Degli enigmi risolti


giovedì 4 novembre 2021

EDEN - Mia Hansen-Løve

Gli anni ’90 segnano il rapido sviluppo della musica elettronica francese. Nelle eccitanti notti parigine Paul muove i suoi primi passi come Dj amante della musica house. Con il suo migliore amico crea il duo “Cheers” che trova immediatamente un fedele seguito sotterraneo. I due amici sono presto risucchiati da una breve ed euforica popolarità. Paul, accecato dalla sua passione musicale, inizia però a trascurare la sua vita quotidiana. Eden ripercorre i passi del “French touch” dal 1992 a oggi, rievocando una generazione che è stata in grado di riscrivere le regole della musica dance grazie a musicisti come i Daft Punk, Dimitri from Paris, Cassius, Alex Gopher e altri. Un film sulla musica che comincia immergendosi nel silenzio, un nuovo ritratto giovanile che nasce semmai à côté del duo musicale Daft Punk e che fa di questa sua lateralità la chiave di lettura del suo romanzo di formazione. Ritratto privato dalle continue tentazioni generazionali, con la scena House del French Touch, che la regista descrive davvero “in casa”, assieme al fratello dj Sven, uno degli ideatori del vero duo dei Cheers e delle serate Respect du Queen. In un flusso inestricabile di realtà e finzione, la Hansen-Løve si impossessa delle random access memories del fratello per una lenta, capillare immersione in questa ritualità di feste, serate, club in cui i protagonisti si trovano, si riconoscono, sentendosi per l’appunto a casa, in un viaggio che partendo dalla nascita del digitale, dalla fascinazione robotica, fa poi ritorno all’analogico, scoprendosi di nuovo “human after all”. Diviso in due capitoli, Paradise Garage (dal nome del celebre club newyorkese, culla della disco music) e Lost in Music (come la celebre hit delle Sister Sledge),
Eden è una vera e propria immersione nella realtà quotidiana lavorativa e personale dei suoi personaggi, ritratti con un certo affetto ma anche con malinconia dalla regista, che ha personalmente attraversato quel mondo, dal momento che suo fratello ne faceva parte. In questo anodino amarcord generazionale, la Hansen Løve rilegge temi e luoghi della sua adolescenza senza concedersi particolari sbavature romantiche; anzi, tutto è pervaso da un’avvolgente coltre di malinconia, che si declina in esistenze dal quotidiano poco entusiasmante, dove persino la musica non è abbracciata con particolare passione e gli amori scorrono via lasciando solo qualche rimpianto.
“Ho finito di girare Un amore di gioventù con la consapevolezza di aver reso un’idea quanto più possibile coerente. Considerare i miei primi tre film come una sorta di trilogia, mi ha fatto sentire il bisogno di andare avanti. Nello stesso periodo, mio fratello Sven, Dj per vent’anni, ha deciso di chiudere questo percorso e di cambiare stile di vita. Anche lui ha sentito l’esigenza di ripartire e cominciare a scrivere, cosa che avrebbe sempre voluto fare. Dopo aver visto Qualcosa nell’aria di Olivier Assayas, che racconta la storia della sua generazione attraverso gli anni dell’adolescenza, ho pensato: «Cosa accadrebbe se girassi un film sulla mia generazione,quella dei giovani tra il 1990 e il 2000, da una prospettiva più ampia rispetto al quella di Un amore di gioventù? Cosa verrebbe fuori?». La storia di mio fratello, la sua carriera come Dj dalla nascita dei rave e la scoperta della musica elettronica fino al successo mondiale del French Touch, una certa disillusione che l’ha spinto a cambiare la sua vita, sembrano racchiudere l’energia e le aspirazioni della mia generazione. (Mia Hansen-Løve)

Mia Hansen-Løve, dopo due cortometraggi, ha diretto il suo primo film Tout est pardonné (2007) presentato alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes e vincitore del premio Louis-Delluc come miglior esordio. Il film successivo, Il padre dei miei figli, ispirato agli ultimi giorni del produttore Humbert Balsan, è stato presentato al festival di Cannes nel 2009 nella sezione Un Certain Regard. Nel 2010 la rivista Variety ha classificato Mia Hansen-Løve tra i primi dieci registi internazionali da conoscere. Un anno dopo, ha diretto Un amore di gioventù, film che ha ottenuto un ampio successo di pubblico e l’unanime consenso della critica.



sabato 23 ottobre 2021

JENNIFER JUNIPER - Donovan

Donovan realizza lo splendido doppio album cofanetto A Gift from A Flower to A Garden, 13° in Gran Bretagna e 19° negli USA, che segna il momento più dolce della sua carriera. Anche Jennifer Juniper, pubblicato un mese dopo, possiede le saudenti melodie che ormai appartengono a questo artista: Il pezzo esce abbinato a Poor Cow, tema dominante del film omonimo. Il disco è 5° nel Regno Unito e 25° negli USA. Donovan sta ottenendo anche nel nostro paese, grazie a Mellow Yellow, spinge la casa discografica e richiedergli una versione italiana di questa canzone d’amore.
Jennifer Juniper vive sulle collina
Jennifer Juniper, sta seduta immobile
Lei sta dormendo? Non penso
Sta respirando? Si, molto piano
Cosa fai, Jennifer, amore mio?
Jennifer Juniper, cavalca una cavalla pezzata
Jennifer Juniper, lillà nei suoi capelli
Sta sognando? Si, penso di si
È carina? Si, moltissimo
Cosa fai, Jennifer, amore mio?
Sto pensando a come sarebbe se mi amasse
Sai solo dopo questa canzone felice è arrivata
E mi piace che qualcuno provi a dirti
Jennifer Juniper, capelli di lino dorato
Jennifer Juniper aspetta quello che le manca
Lei ti piace? Si, mi piace, Signore
L'ameresti? Si, l'amerei, Signore
Cosa fai, Jennifer, amore mio?
Jennifer Juniper, Jennifer Juniper, Jennifer Juniper
Jennifer Juniper vive sulle colline
Jennifer Juniper sta seduta immobile
Sta dormendo? Io non credo
Sta respirando? Si, ma molto piano
Cosa fai, Jennifer, amore mio?
Jennifer Juniper, Jennifer Juniper, Jennifer Juniper
Jennifer Juniper, Jennifer Juniper, Jennifer Juniper
Nato come anti-Dylan made in Scotland negli anni della protesta, Philip Leitch, in arte Donovan (Glasgow, 1946), deve il suo sccesso ad una celebre puntata del  programma Tv «Ready, Steady, Go!» nel gennaio 1965; dove Donovan vi appare con giubbotto di jeans e cappello alla «Help! », con una chitarra che adatta il vecchio motto di Woody  Guthrie  («quest'arma uccide i fascisti») eliminando ogni riferimento politico. Il brano che esegue, Catch The Wind, è una intimistica ballata di piccolo malessere giovanile che si accompagna ad altri Pezzi (Universal Soldier, Ballad Of A Crystal Man, The War Drags On) di generica protesta antimilitarista; ma in repertorio non c'è solo quello, anzi, prevale una linea di squisite ballate d'amore cantate con voce sussurrante, da Colours a Turquoise  a To Sing For You. I brani circolano su numerosi 45 giri e vengono raccolti dalla Pye in una coppia di album (What's Bin Did  And  What's  Been Hid  e Fairytale, entrambi 1965) che nel corso degli anni verranno rimescolati più volte, con grande disordine. Nel dicembre del 1965 Donovan si lega al manager Mickie  Most e comincia a proporre una nuova immagine di sé, abbandonando il dylanismo di facciata ed esplorando piuttosto i territori della nuova canzone «progressiva» con riferimenti alla cultura delle droghe. Un viaggio negli Stati Uniti con esibizioni in gruppo (il batterista 'Candy' John Carr e il giovane Shawn Phillips alla chitarra) rafforza i nuovi convincimenti dell'artista, che trova presto nuovo e più vasto pubblico: Sunshine Superman (in origine To Paul And John, dedicata ai Beatles) e Mellow Yellow (con arrangiamento di John Paul Jones e accompagnamento  vocale di Paul McCartney) ottengono straordinario successo in particolare negli Usa, vendendo più di un milione di copie con maliziosi ammiccamenti al mondo delle droghe dentro  una confezione di orecchiabile pop. I due hit intitolano anche due buoni  album dove Donovan spende la sua ispirazione migliore, in equilibrio fra tenerezza folk e curiosità psichedelica: Sunshine Superman (Epic 1966) contiene un classico del rock acido come Season Of  The Witch  e una bella dedica ai Jefferson Airplane (Fat  Angel),  mentre in Mellow Yellow  (Epic 1967) spiccano la ballata romantica Sand  & Foam e una dedica all'amico Bert Yansch  dei Pentangle, House Of Yansch. L'infatuazione psichedelica svanisce nel corso del 1967 e con quella anche il successo: i nuovi 45 giri, Epistle To Dippy e There's A Mountain (con un arrangiamento vagamente latino), falliscono il grande colpo nelle classifiche, mentre l'artista rinnega il trascorso amore per la droga e si dedica piuttosto alla meditazione trascendentale del Maharishi Yogi, sulle orme degli amici Beatles. Nel  febbraio del 1968 partecipa anche lui al pubblicizzato viaggio indiano di Lennon e McCartney, mentre la Epic pubblica un doppio album, A  Gift From A Flower To A Garden, dove le passate tensioni stemperano in delicate melodie intimiste, con accenti di filastrocca. Su quella strada  di felice regressione muovono i 45 giri successivi, che non ripetono più i fasti del 1966 ma trovano ancora buona  accoglienza: da  Wear Your Love Like Heaven a Jennifer Juniper, da Hurdy Gurdy Man (che intitola anche un buon album, nel 1968) a Lalena fino a To Susan On The West Coast   Waiting  e  ad Atlantis  che nel 1969 chiudono l'epoca d'oro del personaggio



lunedì 18 ottobre 2021

VOLUTTÀ - Massimo Bontempelli

Dormi, corpo, dormi

Che a difenderti ci penso io.

Mangia il sonno a mascelle piene.

Ninna, nanna, corpo mio.

Sdraiati nel fango si sta tanto bene.

Tu ci dormi come un dio.

Quest’è un mio braccio. E questo un osso.

Questo non capisco cos’è.

Questa mano dura e nera

è d’un vicino o mia di me?

Dov’è la testa?

non è la mia questa.

Eccola qui — la bocca — il naso.

Dormi, corpo, ci sei tutto.

Ah non sapevi — prima —

com’è bello grattarsi tutto

poi lasciarsi andare giù

caro corpo mio stanco e sporco

che sbragato nel fango dormi

il più bello de’ tuoi sonni.


mercoledì 13 ottobre 2021

Trash - Stephen Daldry

Sotto il cielo di Rio de Janeiro, tra cumuli di rifiuti e palafitte in bilico su acqua sporca, tre giovani amici, condannati alla miseria più oscura, minacciati dalla violenza della polizia, abituati a guadagnarsi da vivere scavando nell’immondizia, non hanno mai perso il senso dei valori di fondo, l’amicizia, la fede, la giustizia. Per questo, quando un portafoglio salterà fuori dalla discarica e un poliziotto molto pericoloso farà sapere che c’è una ricompensa per chi riesce a trovarlo, Rafael (Rickson Tevez), Gardo (Luis Eduardo) e Rato (Gabriel Weinstein) capiranno subito che la cosa più importante non è mettere le mani su quei soldi, ma risalire al proprietario, scoprire il suo segreto, ricostruire il mosaico di una storia misteriosa. 

Il regista decide di impacchettare, sotto forma di fiaba, la rivoluzione necessaria che parte dal basso, che parte dal popolo, ponendo la responsabilità utopica del cambiamento nelle mani dei tre giovani protagonisti, affiancati dalla figura di un missionario interpretato da Martin Sheen e dalla sua giovane volontaria, Rooney Mara, inconsciamente inserita nel loro piano. “Trash è un film sulla povertà e la corruzione. Un film sulla fede, la giustizia, l’amicizia e la speranza. I nostri tre protagonisti sono una fonte inesauribile di ottimismo. Hanno definito il tono, il linguaggio e il senso dell’umorismo del film stesso”. 

Tra denuncia e vitalismo, alternando scene forti, come quelle dell’arresto e della tortura del ragazzo che ha trovato il portafoglio, a inseguimenti acrobatici con i protagonisti che si muovono nei bassifondi di Rio con la magnifica leggerezza del ballerino Billy Elliot, Daldry costruisce un’odissea che da una parte rievoca la cronache più crude sui «meninos de rua», dall’altra si rifà alla tradizione magica delle novelle sudamericane: «Non credo che con il mio film contribuirò a cambiare il mondo e tantomeno che, come qualcuno mi chiede, questa storia avrà dei riflessi sulle elezioni brasiliane. Sui modi brutali delle forze dell’ordine e su certe condizioni di vita, si è molto parlato e i cineasti brasiliani hanno realizzato film e documentari». Girando Trash Daldry voleva testimoniare «il senso di moralità profondamente radicato, nonostante tutto, in questi ragazzi. Durante le riprese abbiamo cercato di costruire una struttura in cui si potessero muovere, esprimendo la loro fiducia e la loro speranza nella possibilità di trasformazione del Paese».

Stephen Daldry ha iniziato la sua carriera allo Sheffield Crucible Theatre. A Londra è stato Direttore Artistico del Gate Theatre, del Royal Court Theatre, del National Theatre del Public Theatre di New York, portando molte produzioni sia a Broadway sia nel West End. Ha diretto programmi per la BBC Radio e Tv. Ha prodotto: Billy Elliot the Musical, dieci premi Tony nel 2009; The Audience di Peter Morgan, due Olivier Awards; Skylight di David Hare, con Bill Nighy e Carey Mulligan. I suoi quattro film Billy Elliot, The Hours, The Reader- A Voce Alta, e Molto forte, incredibilmente vicino hanno ottenuto complessivamente 19 candidature e due vittorie agli Oscar.



sabato 2 ottobre 2021

Tom le cancre (Tom il somaro) – Manuel Pradal

Una classe di bambini di cinque anni si perde in una foresta dopo che la maestra perde i sensi mangiando frutti di bosco. Abbandonati, incontrano un ragazzo di 14 anni in fuga, Tom il Somaro, che vive in una quercia secolare e che stringe un patto con loro: sarà lui a ricondurli a casa, sani e salvi, solo quando sara riuscito a far dimenticare loro tutto cio che hanno imparato a scuola. Un tour nel bosco guidato da un maestro pigro e svogliato, ovvero come stupire ancora il mondo con la fantasia e l’impertinenza. Un racconto piacevolmente brillante, gioviale, pieno di fascino e umorismo, per grandi e piccini.

Manuel Pradal: “La storia di Tom il somaro ha inizio durante un workshop condotto con 15 bambini di 5 anni nel mio villaggio del sud della Francia. Molti amici si sono uniti a noi: operatori, studenti, attori, gente del posto, e abbiamo immaginato, giorno dopo giorno, una favola cinematografica piena di fantasia. Con lo stile creativo, semplice, colorato e allegro del disegno di un bambino, immaginato da Yorgos Arvanitis. Il workshop si e trasformato pian piano in un piccolo sogno filmico, ognuno ci ha visto la liberta di reinventare il cinema, come fu con l’esordio della “Lanterna Magica”, il nome della nostra associazione, con le sue piccole follie, la sua immaginazione, la sua semplice magia, senza soldi. Il grande compositore Carlo Crivelli e la sua orchestra “Citta aperta” hanno sublimato la nostra avventura e Tom il somaro e divenuto una sorta di opera per bambini, un canto ininterrotto che accompagna questa epopea infantile, che ho immaginato come in un sogno a meta tra Peter Pan e Gatto nero, gatto bianco.

Manuel Pradal((22 March 1964 – 13 May 2017), studia alla scuola nazionale di cinema a Parigi, la FEMIS. Durante il corso di studi diventa assistente di Agnes Varda. Il suo film di diploma, il lungometraggio Canti, e il secondo film nella storia della FEMIS a essere selezionato dal Festival di Cannes. Ottiene numerosi premi internazionali ai festival e la borsa di studio del Prix de Rome. Nel 1998 realizza Marie della Baia degli Angeli, selezionato nei maggiori festival tra cui Venezia, Sundance, Toronto e Rotterdam, dove vince il Tiger Award. Nel 2002 scrive e dirige Ginostra e nel 2006 A Crime, un noir selezionato a Toronto. Nel 2009 realizza La Blonde aux seins nus, ispirato al quadro omonimo di Manet. Nel 2011 anima un laboratorio di cinema con dei bambini di cinque anni, e da questa esperienza nasce Tom le cancre. 



giovedì 23 settembre 2021

LA PIOGGIA SUL FORMICAIO - Sante Notarnicola

Annaspò ancora un attimo

- non voleva morire -

ma la pioggia cadeva violenta


tutta una vita aveva

sgobbato alla tana

e quale fatica

traportare il cibo.


Un ultimo sforzo

poi si lasciò andare


ed  il tuono lontano

non permise di sentire

alcun rumore


lunedì 13 settembre 2021

Il carismatico Bébel

Il 6 settembre 2021 è morto Jean-Paul Belmondo. Il divo del cinema francese si è spento a 88 anni. Belmondo era nato a Neuilly-sur-Seine nel 1933: una famiglia di artisti la sua, con padre scultore e madre pittrice. Il suo primo amore però è il teatro, con le pièces di Molière e Rostand. E proprio con "Molière" di Norbert Tildian Belmondo debutta al cinema nel 1956. Belmondo era nato a Neuilly-sur-Seine nel 1933: una famiglia di artisti la sua, con padre scultore e madre pittrice. Il suo primo amore però è il teatro, con le pièces di Molière e Rostand. E proprio con "Molière" di Norbert Tildian Belmondo debutta al cinema nel 1956. La Francia perde così una delle sue stelle, "Le Magnifique" protagonista di 80 lungometraggi e 30 rappresentazioni teatrali. Il carismatico Bébel, da sempre "guascone" legato ai personaggi da duro con il cuore tenero, ma capace anche di cimentarsi con maestria in ruoli drammatici. Il suo aspetto non convenzionale - naso schiacciato, labbra carnose e struttura muscolosa pronunciata - gli ha permesso di interpretare tutti i ruoli con grande versatilità, dal farabutto al poliziotto, dal ladro la prete, da Cyrano de Bergerac (a proposito di naso) ad agente segreto. Belmondo era anche un atleta dotato che non esitava a fare a meno della controfigura nelle scene più pericolose. Nato a Neuilly-sur-Seine, nei sobborghi di Parigi, da Paul Belmondo, scultore di origini italiane, e dalla pittrice Sarah Rainaud-Richard, gioca a calcio e si allena come pugile prima di lasciare la scuola all’età di 16 anni. Siamo negli anni Cinquanta e il ragazzo capisce che nella vita vuole fare altro: si diploma così, al secondo tentativo, al Conservatoire national supérieur d’art dramatique dandosi subito al teatro, tra Moliere e Rostand. Tra i suoi docenti trova Pierre Dux che lo invita a non farsi illusioni: la sua carriera da protagonista era condannata a causa del suo aspetto. La gente sarebbe scoppiata a ridere se avesse visto un’attrice tra le braccia di un tizio col naso di Belmondo, disse Dux. Le ultime parole famose. 

 Fino all'ultimo respiro - Jean-Luc Godard (1960)

Michel, giovane dal passato burrascoso, ruba un'automobile e fugge col proposito di recarsi in Italia. Inseguito da due agenti, ne uccide uno e, continuando la sua fuga, giunge a Parigi. Dopo essersi rivolto ad alcuni amici per ottenere del denaro, va in cerca di Patrizia, giovane americana, per la quale sente un sincero affetto. La ragazza però non ricambia il suo sentimento e continua a farsi corteggiare da un collega al giornale dove lavora. La polizia intanto fa delle indagini per scoprire l'assassino dell'agente e avendo accertato che si tratta di Michel, si dà da fare per catturarlo. Nel corso delle ricerche viene interrogata anche Patrizia, la quale afferma di non saper nulla, e riesce poi a nascondersi con Michel in casa di amici. Il giorno seguente, però, essendosi resa conto che non ama il giovane la ragazza non esita a denunciarlo alla polizia. Oggi il film è ritenuto il manifesto della "Nouvelle Vague"

La Ciociara – Vittorio De Sica (1960)

La guerra, che non risparmia a Roma i suoi bombardamenti, induce Cesira, una giovane vedova proprietaria d'un modesto negozio d'alimentari, a cercare rifugio tra i monti della Ciociaria dov'è nata. Sua costante preoccupazione è che alla figlioletta tredicenne, Rosetta, siano risparmiati per quanto possibile i patimenti, le angosce e le sofferenze che la guerra infligge anche ai civili. Ad accogliere le due donne sono amici, parenti e la serenità dei luoghi che sembrano tagliati fuori dalla tragicità di quelle ore. Ma il fronte, in movimento continuo lungo la penisola, si avvicina inesorabile. La prima vittima di quella piccola comunità è Michele, un timido innamorato di Cesira, che nel proprio tormentato spirito di contadino letterato e sapiente soffre più degli altri la crisi profonda della guerra. Un gruppo di tedeschi che cerca scampo all'incalzare degli Alleati costringe il giovane a guidarli attraverso i monti. Arrivano le truppe alleate e nella generale euforia Cesira decide di tornarsene a Roma insieme con la figlioletta. Per lei la guerra è finita, l'incubo è passato. A piedi le due donne s'incamminano ma, fermatesi per riposare in una chiesa diroccata, ecco fulminea la tragedia. Un gruppo di soldati marocchini aggredisce e violenta le due donne. Il disperato dolore di Cesira è, più che per sé, per l'innocente figliola. Rosetta si rinchiude in un agghiacciante silenzio. La sua serenità di fanciulla, il suo confidente amore sono d'un colpo sostituiti da una sorta di freddo rancore. La triste notizia che Michele è stato fucilato dai tedeschi scioglierà infine quel ghiaccio in un pianto benefico.

Cartouche – Philippe De Broca (1962)

Cartouche, un intrepido e stravagante bandito, è costretto, dalla polizia che lo sta cercando, ad abbandonare il suo quartier generale e ad arruolarsi. Viene però catturato dopo aver svaligiato la cassa del reggimento. Riuscito ad evadere, incontra una bella ladra, la zingara Vénus, che diventa la sua compagna e lo aiuta a nascondere il tesoro del reggimento. Entrato a far parte di una banda di modesti borsaioli, Cartouche ne depone il capo Malichot e la trasforma nella più organizzata banda di ladri di Parigi. Malichot, però, si vendica svelando alla polizia il nascondiglio di Cartouche e facendo prigioniera Vénus. Ma il bandito riesce ancora una volta a farla franca e a liberare la sua complice. Durante una esecuzione capitale, alla quale assistono anche il capo della polizia e sua moglie, Cartouche, che si è incapricciato della donna, riesce a farsi concedere un appuntamento. Ma si tratta di un trabocchetto e Cartouche ci starebbe per cadere se Vénus, che lo ama e lo ha perdonato, non riuscisse a metterlo in salvo restando però ferita a morte. Cartouche si rende allora conto di tutto il bene che gli ha sempre voluto la zingara. Alla testa della banda irrompe quindi nella casa del capo della polizia dove si svolge un ballo e dopo aver spogliato tutte le donne dei loro gioielli, ne riveste il corpo ormai senza vita di Vénus. Poi parte verso nuove avventure, ferito nell'animo e con la consapevolezza della sua prossima e tragica fine. 

L’uomo di Rio -Philippe de Broca (1963)

Una delle più indiavolate commedie avventurose cucite sulla misura di Belmondo. Adriano, soldato presso una base aerea, si reca a Parigi per una breve licenza da trascorrere in compagnia della fidanzata Agnese. Contemporaneamente due individui rubano in un museo una preziosa statuetta e rapiscono il professor Catalan che, insieme ad altri due studiosi, aveva scoperto i resti di un'antica civiltà. Agnese, figlia di uno dei tre esploratori, morto in circostanze misteriose, è colpita dalla notizia della scomparsa del professore. Quando Adriano arriva a casa di Agnese scopre che anche la ragazza è stata rapita. Senza esitare, si pone all'inseguimento dei rapitori che raggiunge all'aeroporto. Per non perderli, Adriano s'imbarca sul loro aereo diretto a Rio de Janeiro. All'arrivo i rapitori lo catturano per ucciderlo, ma l'intervento di un ragazzo lo salva. Adriano riesce a liberare Agnese e, dopo una serie di mirabolanti avventure, i due smascherano il professore Catalan, che è l'autore del furto e di alcuni omicidi compiuti allo scopo d'entrare in possesso di una favolosa ricchezza. Catalan muore in un incidente ed Agnese e Adriano possono finalmente tornare a Parigi.

Il bandito delle 11 – Jean-Luc Godard (1965)

Ferdinand, uomo sposato stanco della famiglia e degli amici borghesi, e Marianne, membro di una banda di delinquenti capitanata da un misterioso fratello, si ritrovano dopo cinque anni e dopo aver ucciso un mercante d'armi, scappano sulla Costa Azzurra, rifugiandosi su una spiaggia solitaria. La coppia vive di caccia e pesca, Ferdinand si dedica alla lettura, mentre la donna escogita trovate per sfogare la sua smania di vivere. Ma questa vita non fa per Marianne, esiste una radicale incomunicabilità, più forte del sentimento d'amore che li tiene vicini. Lascia Ferdinand, poi torna, chiedendo all'uomo di aiutarla per un colpo. Ferdinand accetta, ma la nuova azione gli dimostra l'abbandono da parte della donna, che ha un nuovo compagno. Ferdinand stesso uccide entrambi e dopo essere sfuggito alla reazione degli altri sicari, si ucciderà, con la speranza di trovare in un altro mondo la possibilità di un'unione autentica con la donna amata. La trama poliziesca non è che un pretestuoso supporto in questo film che conclude pirotecnicamente la 1ª fase dell'itinerario di Godard con un'ultima, dolorante affermazione romantica che è anche una disperata dichiarazione di disorientamento.

L’uomo di Hong Kong – Philippe De Broca (1965)

Pur essendo immensamente ricco, Arthur Lempereur è afflitto dalla noia di vivere che lo spinge ad attentare alla propria vita. Ad Hong Kong, dove si trova in crociera, un vecchio filosofo cinese suo amico e precettore, mister Goh, convince Arthur a firmare una favolosa assicurazione sulla vita della durata di un mese, indicando come beneficiari se stesso e la fidanzata di Arthur, Alice. Nel giro di trenta giorni, assicura Mister Goh, Arthur troverà la morte per mano di compiacenti amici del filosofo e, morendo, beneficerà i suoi cari. Il giovanotto accetta ma, subito dopo, l'idea d'essere ucciso da un momento all'altro gli restituisce intatta la voglia di vivere, accresciuta dal felice incontro con una spogliarellista: Alexandrine Pinardel. Arthur vorrebbe rinunciare all'assurdo contratto, ma mister Goh è introvabile. Credendosi inseguito dagli assassini (i quali, si saprà dopo, sono invece degli investigatori della Compagnia di assicurazione pronti a proteggere la salute di tanto costoso cliente), il giovanotto ed il fedele valletto Leon arrivano fin sulle vette dell'Himalaya all'affannosa ricerca del cinese. Quando costui - che non s'è mai mosso da Hong Kong - assicura il pupillo di non aver mai pensato seriamente a farlo sopprimere, Arthur respira. Il suo sollievo dura poco. Dovrà infatti dar fondo a tutte le proprie risorse per sottrarsi, insieme con Alexandrine ed i due investigatori, ai reiterati attacchi d'una banda di gangster, assoldati dalla madre di Alice, smaniosa di metter le mani sul denaro dell'assicurazione. 

Il Ladro di Parigi – Louis Malle (1967)

Parigi, verso la fine del 1800. Per vendicarsi del suo tutore che lo ha derubato del patrimonio e gli ha rifiutato la mano della figlia Carlotta, il giovane George compie il primo furto della sua vita. La perfetta riuscita del colpo e la facilità con la quale è entrato in possesso di una forte somma, inducono il giovane a compiere altre imprese ladresche. Conosciuto un falso abate che è a capo di una banda di ladri, George apprende tutti i segreti del mestiere ed in breve tempo diventa uno specialista dello scasso. Raggiunto da Carlotta, la quale ha abbandonato il padre per venire a vivere con lui, George riesce ad introdursi al fianco della fanciulla nei più eleganti circoli mondani, dove non gli è difficile captare utili informazioni per i suoi colpi. Alla morte del padre di Carlotta, George, scoprendo che il vecchio ha diseredato la fanciulla ed ha destinato a scopi benefici le sue sostanze, falsifica il testamento in modo da entrare in possesso di tutta l'eredità. Ormai ricchi, i due giovani potrebbero condurre una esistenza tranquilla, ma George è insoddisfatto: il furto è diventato per lui una ragione di vita, non può farne a meno. Sarà proprio Carlotta a procurargli l'occasione per un grosso colpo, lasciandolo libero di seguire l'unica strada attraverso la quale riesce ad esprimere veramente se stesso ed essere felice.

La mia droga si chiama Julie – François Truffaut (1969)

La trama racconta dello sfortunato matrimonio per corrispondenza di Louis Mahé (Jean Paul Belmondo), proprietario di una fabbrica di sigarette, che all’arrivo della futura sposa vede invece scendere dalla nave niente di meno che la splendida Catherine Deneuve (la Julie della versione italiana del titolo del film). Marion (il suo vero nome), è in realtà una truffatrice che ha preso l’identità di Julie solo per rubare i soldi del povero Louis – che si rileverà essere uno sprovveduto in fatto di donne e affari – per poi fuggire in Francia dal suo compagno, complice della rapina e dell’assassinio della donna. L’inseguimento, anzi, la catena di inseguimenti e di fughe che si susseguiranno nella pellicola, passano dal tentativo di recuperare la refurtiva a quello di raggiungere l’affascinante Marion, in una corsa disperata che non farà altro che esaltare l’amore di Louis per la donna, dapprima timido, poi ardente e pienamente consapevole. Questo viaggio errabondo è un vagare fra i continenti fatto di perdite e ricongiungimenti, sempre sospesi, sfiorati; che non trova pace nemmeno nel finale paradossalmente conciliatorio e idillico. La mia droga si chiama Julie è un film sulla conoscenza della realtà attraverso l'amore. Una realtà che per il sognatore Louis si rivela più dura di quanto avesse immaginato e per Julie una piacevole scoperta di un sentimento che forse non avrebbe mai pensato di poter provare. Ma i due, per poter vivere la loro storia d'amore, devono lasciarsi alle spalle le loro vite precedenti, fatta di falsità e abitudini piccolo- borghesi per Louis, di truffe e bugie per Louis/Marion.

Borsalino - Jacques Deray (1970)

Marsiglia, 1930. Roch Siffredi, un bandito reduce dalla galera e scarcerato per buona condotta, decide di far società con François Capella, un suo concorrente. I due riescono a diventare i più forti nell'ambiente della malavita locale (tra corse ippiche e incontri di boxe truccati, truffe al mercato ittico, prostituzione, gioco d'azzardo e altro) oltre che inseparabili amici, pur se divisi dall'amore per Lola, la donna di Roch che durante la detenzione di quest'ultimo aveva vissuto con François. L'ascesa suscita la reazione degli altri clan, in particolare quelli capeggiati da Poli e Marello, che danno inizio ad una serie di sanguinosi scontri a fuoco, agguati e ritorsioni, dalle quali Roch e François si sapranno ben difendere. Una sera, durante una lussuosa festa, François decide di andarsene da Marsiglia e lasciare campo libero a Roch in quanto, anche nell'ambiente della malavita, la sete di potere rischia di prevalere sulle amicizie e prima o poi si è destinati ad essere rimpiazzati. Appena uscito dalla villa viene ferito a morte, spirando tra le braccia di Roch, giunto accanto a lui per soccorrerlo.


sabato 11 settembre 2021

SUZANNE – Leonard Cohen

Negli States un poeta canadese Leonard Cohen, ha deciso di musicare con una colonna sonora alcune sue poesie, tra cui Suzanne. Poche note, delicatissime, una melodia lontana e le parole quasi raccontate in primo piano.Nasce così l’album The Songs of Leonard Cohen che riscuote maggior successo in Europa (13° nella hit inglese) piuttosto che negli USA (83°). Nel 1973 Fabrizio De André proporra una versione della canzone. Il brano verrà interpretato anche da Fairport Convention, Joan Baez, Neil Diamond, Roberta Flack, Peter Gabriel, Francoise Hardy, Pearls Before Swine, Nina Simone.
"C'era una donna con quel nome... era la moglie di un mio caro amico, Armand Vaillancourt, un grande scultore di Montreal. La conobbi nei primi anni 60. Mi invitò a raggiungere con lei il posto dove stava lungo il fiume. Lì mi offrì del tè con piccoli pezzetti di arancia. In seguito scrissi una poesia e poi una canzone  che intitolai Suzanne. Le liriche non parlano di un rapporto sessuale, perché non vi fu niente di tutto questo. Si trattò piuttosto di un'attrazione reciproca molto forte e noi ci rapportammo con essa. Eravamo irresistibilmente soli l'una agli occhi dell'altro, così 
affrontammo le sensazioni che provavamo, i nostri corpi, i nostri cuori, le nostre anime e la nostra mente". (Leonard Cohen) 
Suzanne ti accompagna
al suo posto presso il fiume
dove senti passare le barche
e puoi stare con lei la notte
lo sai che è mezza matta
ma è per questo che sei lì
lei ti offre tè all’arancia
arrivato dalla Cina
e non appena stai per dirle
che non hai amore da offrirle
lei ti porta in sintonia
e lascia il fiume a rivelarti
che tu la hai sempre amata
Tu vorresti andare via con lei
e seguirla ad occhi chiusi
sai che lei di te si fiderà
perché il tuo pensiero ha toccato
il suo corpo perfetto.
Gesù era un marinaio
e camminava sull’acqua
stette a lungo ad osservare
solo nella sua torre di legno
e quando ebbe la certezza
che solo i reietti lo avrebbero visto
disse agli uomini: – Siate marinai
fino a che il mare vi farà liberi –
ma egli stesso fu stroncato
ancor prima che il cielo si aprisse
abbandonato, nella sua natura umana
affondò come un sasso nella vostra saggezza
Tu vorresti andare via con lui
e seguirlo ad occhi chiusi
pensi che forse gli crederai
poiché il suo pensiero ha toccato
il tuo corpo perfetto.
Ora Suzanne ti prende la mano
ti conduce presso il fiume
addosso ha stracci e piume
dalle casse dell’Esercito della Salvezza
il sole si riversa come miele
su nostra signora del porto *
lei ti dice di guardare
tra la spazzatura e i fiori
tra le alghe vedrai eroi
e bambini nel mattino
che si affacciano all’amore
e per sempre lo faranno
mentre Suzanne regge lo specchio
Tu vorresti andare via con lei
e seguirla ad occhi chiusi
sai che di lei ti puoi fidare
perché il suo pensiero ha toccato
il tuo corpo perfetto”.
Leonard Cohen. Uno scrittore prestato alla musica, diventato con gli anni un personaggio di culto nel campo della canzone d'autore, aristocratica presenza nella scena discografica ormai da molti lustri. Diviso fin dalla giovinezza fra l'amore per le lettere e il gusto per il folk, Cohen studia in Canada e intorno alla metà degli anni Cinquanta si trasferisce a New York, dove comincia a pubblicare poesie. Nel 1959 ottiene una borsa di studio e parte per un lungo viaggio in Grecia, stabilendosi nell'isola di Idra: lì rivela le sue qualità letterarie scrivendo racconti, liriche e anche un romanzo «Il gioco favorito», che ne fanno conoscere il nome negli ambienti letterari. Tornato in America, consolida la sua fama con altre opere  «Flowers For Hitler», «Parasites Of Heaven» dov'è traccia di alcuni testi che anni dopo diverranno con successo canzoni. Nel 1966 la cantautrice Judy Collins esegue due brani di Cohen nel suo album In My Life, suscitando grande interesse per il personaggio, che esce allo scoperto l'anno dopo con un'apparizione al festival di Newport e a un concerto della stessa Collins, al Central Park di New York. Il successo è notevole e porta a un ingaggio discografico con la Columbia, che nel 1968 pubblica Songs Of Leonard Cohen e l'anno seguente Songs From A Room. Sono i pezzi più belli del repertorio dell'artista e fra i migliori in assoluto della canzone americana moderna, con una vena nostalgica e romantica espressa da scarni arrangiamenti e dai  timbri gravi e severi della voce: i testi, poi, hanno un'eleganza  e una forbitezza sconosciuta alla canzone americana d'autore e si avvicinano piuttosto, per la ricchezza di immagini e la qualità letteraria, a certi modelli europei, francesi in particolare. Suzanne, So  Long Marianne, Master Song, Sister Of Mercy sono i pezzi memorabili di quelle raccolte, in cui trovano posto  anche bellissimi brani non originali The Partisan, la Bird On A Wire di Tim Hardin. 




mercoledì 1 settembre 2021

BEI MIAN – Liu Bingjian

 Liu Bingjian, affermatosi alla fine degli anni 90 come regista scomodo con il film Men and Women, subito censurato per i suoi contenuti lesbogay, nel suo nuovo Bei Mian (La schiena) fornisce una rilettura contemporanea e in chiave sorprendentemente horror, della rivoluzione culturale e delle sue crudeli follie. Il film, coproduzione franco-cinese, racconta la storia di Hong Tao, un trentenne che gestisce un ristorante, con molte ombre sul suo passato. Il padre del ragazzo infatti, ai tempi della Rivoluzione Culturale, era letteralmente ossessionato dai dipinti del presidente Mao, che raffigurava in ogni modo su ogni superficie. La sua ossessione lo porta addirittura a tatuare brutalmente pelli umane. Hong Tao vorrebbe scrollarsi di dosso il passato e rinnegare questa eredità cancellandone le tracce, ma questo non è facile poiché avidi collezionisti di opere d’arte, tra cui anche sui vecchi amici, per denaro, sono pronti a tutto.

Con Bei Mian il regista ci offre una rilettura contemporanea in chiave noir della rivoluzione maoista e delle crudeltà che l’hanno accompagnata. Il film, basato sull’omonimo romanzo, reca alcuni tratti autobiografici del regista che ha dichiarato: «Fin da quando ero bambino, ho la passione per la pittura, e l’unica cosa che dipingevo era Mao. Quando ho letto la storia per la prima volta sono rimasto sbalordito dall’idea dell’autore di far realizzare al protagonista i dipinti di Mao sulla pelle umana. Mi ha fatto pensare alla mia infanzia e alle sensazioni provate durante lo strano periodo della Rivoluzione Culturale. In quel periodo l’unico soggetto che disegnavamo all’infinito era il ritratto del presidente. Volevo che questa storia si focalizzasse completamente sulle paure, sui sentimenti, sulla vita e le esperienze a partire da quell’epoca fino ad oggi. La trama non è una storia vera, neanche i personaggi lo sono, ma rappresentano la mia visione della società e ciò che la mia generazione ha vissuto. Il protagonista rappresenta la gente che ha dovuto attraversare questo problematico periodo del culto di Mao, i sentimenti che avevamo sono davvero reali» 

Liu Bingjian (Cina, 1963), dopo essersi laureato all’Accademia di Cinema di Pechino, ha lavorato in televisione. Il suo lungometraggio Yanchuang (Inkstone, 1996) è stato il primo film cinese acquistato da Hollywood dopo la fondazione della Repubblica Popolare. Nannan Nunu (Men and Women, 1999) suo secondo film indipendente, ha ottenuto il premio Fipresci al Festival di Locarno, mentre Ku Qi De Nu Ren (Cry Woman, 2002) ha ricevuto la Menzione Speciale per l’attrice protagonista al Festival di Cannes. Chun Hua Kai (Plastic Flowers, 2004) è stato presentato ai Festival di Toronto, Berlino e Hong Kong.



sabato 17 luglio 2021

AQUARIUS/LET THE SUNSHINE IN – The 5th Dimension

"This is the dawning of the age of Aquarius", l'albeggiare  dell'era dell'Acquario diventa musical ed è boom. Hair apre off-Broadway nel '67. Nel '68 è promosso al Bitmore dove si faranno 1.742 rappresentazioni. Solo due spettacoli teatrali, nella storia, hanno avuto un disco primo in classifica: Hello Dolly, con Louis Armstrong   e Hair, con i FIFTH DIMENSION di Aquarius/Let The Sunshine in. Risulterà il disco più venduto di tutto il '69 e sarà 11° in Gran Bretagna. Vincente è l'idea di unire due brani. Hair rappresenta la speranza, racconta infatti che alla fine del 20° secolo il mondo uscirà dalla costellazione dei Pesci, un'era buia che ha portato fame, guerre e miseria; si entrerà nell'Acquario: un millennio di umanità, amore e luce. Nel '79, Milos Forman userà questo brano nella colonna sonora del film Hair.
Quando la Luna entrerà nella Settima Casa
e Giove si allineerà con Marte 
allora sarà la pace a guidare i pianeti
e sarà l'amore a guidare le stelle

Sta sorgendo l'era dell'Acquario
l'era dell'Acquario
Acquario! Acquario!

Ci saranno in abbondanza armonia e comprensione
tolleranza e verità
non più ipocrisia e scherno.
I nostri sogni e i nostri ideali diventeranno reali
Una rivelazione mistica, limpida come il cristallo
ed una vera liberazione della mente.
Acquario! Acquario!

Quando la Luna entrerà nella Settima Casa
e Giove si allineerà con Marte
allora sarà la pace a guidare i pianeti
e sarà l'amore a guidare le stelle

Sta sorgendo l'era dell'Acquario
l'era dell'Acquario
Acquario! Acquario!

Mentre i nostri cuori battono per tutta la notte
balliamo fino al sorgere del giorno
per essere i portatori dell'acqua
la nostra luce indicherà la via

Noi siamo l'energia interna dell'era dell'Acquario
l'era dell'Acquario
Acquario! Acquario!

Ci saranno in abbondanza armonia e comprensione
tolleranza e verità
non più ipocrisia e scherno.
Una pura illuminazione
sorgerà fiammeggiante tra le costellazioni
viaggiando lungo le nostre rotte tra le stelle
guidata da forze cosmiche.
Oh, abbi cura di noi, Acquario

Fai entrare la luce del sole splendente 
Fai entrare la luce del sole splendente
La luce del sole splendente

Fai entrare la luce del sole splendente
Fai entrare la luce del sole splendente
La luce del sole splendente
Un vento in technicolor inonda le strade d'America nella
Summer Of Love del 1967. L'attrice Barbara Perkins, reduce dalle prestazioni ad alto tasso emotivo di Peyton Place si scatena nel film Valley Of The Dolls, dove sfoggia abiti dalle truci texture psichedeliche, con fiori e onde cromaticamente spinte. E la moda la segue. Visivamente è tutto un germogliare dello spirito flower power in giro per le strade. Pace e amore per tutti, punto di partenza: San Francisco. Sulla costa est arriva l'eco e anche Broadway resta travolta: arriva in scena Tribal  LoveRock Musical. A off Broadway, nell'ottobre 1967, va in scena per la prima volta Hair, un  musical dedicato agli hippie e ai loro sogni. Viene stroncato dai critici, ma quando viene ampiamente rimaneggiato per il debutto nella Broadway che conta, il 29 aprile 1968, il successo è enorme. Hair diventerà uno dei musical più di successo dell'epoca, con 1742 repliche, l'ultima delle quali nel 1972. La canzone guida è Aquarius, in medley con Let The Sunshine In. Al tempo, era convinzione diffusa che, dal punto di vista astrologico, ci si stesse avvicinando alla cosiddetta era dell'Acquario, un periodo felice di amore, illuminazione e fraternità, proprio tutto ciò che aspettavano gli hippie. In realtà l'era dell'Acquario è cominciata il 14  febbraio 2009 e a giudicare da come vanno le cose non sembra sia esattamente l'era della felicità prevista. Il pezzo, inciso dai 5th  Dimension, un  gruppo popolare nella scena musicale del periodo, si aggiudicherà  due Grammy.


lunedì 5 luglio 2021

ALLONSANFAN – Paolo e Vittorio Taviani

L'azione si svolge in Italia all'epoca della Restaurazione, nel  1816. Fulvio Imbriani, un intellettuale aristocratico membro di una setta rivoluzionaria (quella dei Fratelli Sublimi), tradisce i suoi compagni di lotta, i quali finiscono massacrati  proprio dai contadini meridionali che avrebbero voluto guidare in una sollevazione popolare. Lo stesso Fulvio viene coinvolto dal proprio tradimento e ucciso. Rimane unico superstite Allonsanfan, figlio del «Grande Maestro» della setta. 

Adesso il momento è di ripensamento,  di riflessione critica: forse abbiamo rinunciato a troppo, buttato  via troppe idee ancora valide. Non ci castriamo, non ci rinneghiamo:  tutte le avanguardie hanno sempre fatto due passi avanti e uno indietro. In questo film noi recuperiamo lo spettacolo, il personaggio. È un apologo politico; la politica è oggi il problema centrale, essenziale quanto la ricerca  di Dio per altri periodi storici. Chi abbandona la propria classe per affiancarsi al popolo nella lotta rivoluzionaria, può tornare indietro soltanto a prezzo della degradazione e morte di se stesso. in Allonsanfan non esiste il celeste, colore della felicità, Mastroianni ha sempre addosso qualcosa di  giallo: perché giallo è il colore della peste del tradimento. (Paolo e Vittorio Taviani, in "La  Stampa”, 17 ottobre 1973) 

I Taviani hanno acutamente attribuito il  tradimento di Fulvio alla nostalgia per un modo di vita edonistico,  da «particulare» guicciardiniano che, in un paese come  l'Italia, alla cui bellezza, dolcezza  e sensualità bisogna attribuire un'importanza addirittura storica, costituisce da sempre l'alternativa nazionale all'impegno politico. Un po' scherzando, si potrebbe dire che quello di Fulvio è un tradimento all'italiana. E anche all'italiana è lo sfondo a questo tradimento fatto di sensualità, di velleità e di fiacchezza, nel quale gli atti non corrispondono alle parole ma le parole    continuamente illudono di essere ca-paci di agire: uno sfondo melodrammatico da grande opera dell'Ottocento, in cui il nostro misero Risorgimento si trasforma, un po' alla maniera di Visconti in Senso,  in grandioso spettacolo. I  Taviani hanno sentito forse il pericolo della soluzione neoromantica e l'hanno contaminata con distanze ed estraniamenti assai efficaci di tipo rechtiano e didattico che, alla fine, riconducono il film nei limiti della riflessione politica. (Alberto Moravia, in “L'Espresso”, 29 settembre 1974)