Gli anni ’90 segnano il rapido sviluppo della musica elettronica francese. Nelle eccitanti notti parigine Paul muove i suoi primi passi come Dj amante della musica house. Con il suo migliore amico crea il duo “Cheers” che trova immediatamente un fedele seguito sotterraneo. I due amici sono presto risucchiati da una breve ed euforica popolarità. Paul, accecato dalla sua passione musicale, inizia però a trascurare la sua vita quotidiana. Eden ripercorre i passi del “French touch” dal 1992 a oggi, rievocando una generazione che è stata in grado di riscrivere le regole della musica dance grazie a musicisti come i Daft Punk, Dimitri from Paris, Cassius, Alex Gopher e altri. Un film sulla musica che comincia immergendosi nel silenzio, un nuovo ritratto giovanile che nasce semmai à côté del duo musicale Daft Punk e che fa di questa sua lateralità la chiave di lettura del suo romanzo di formazione. Ritratto privato dalle continue tentazioni generazionali, con la scena House del French Touch, che la regista descrive davvero “in casa”, assieme al fratello dj Sven, uno degli ideatori del vero duo dei Cheers e delle serate Respect du Queen. In un flusso inestricabile di realtà e finzione, la Hansen-Løve si impossessa delle random access memories del fratello per una lenta, capillare immersione in questa ritualità di feste, serate, club in cui i protagonisti si trovano, si riconoscono, sentendosi per l’appunto a casa, in un viaggio che partendo dalla nascita del digitale, dalla fascinazione robotica, fa poi ritorno all’analogico, scoprendosi di nuovo “human after all”. Diviso in due capitoli, Paradise Garage (dal nome del celebre club newyorkese, culla della disco music) e Lost in Music (come la celebre hit delle Sister Sledge), Eden è una vera e propria immersione nella realtà quotidiana lavorativa e personale dei suoi personaggi, ritratti con un certo affetto ma anche con malinconia dalla regista, che ha personalmente attraversato quel mondo, dal momento che suo fratello ne faceva parte. In questo anodino amarcord generazionale, la Hansen Løve rilegge temi e luoghi della sua adolescenza senza concedersi particolari sbavature romantiche; anzi, tutto è pervaso da un’avvolgente coltre di malinconia, che si declina in esistenze dal quotidiano poco entusiasmante, dove persino la musica non è abbracciata con particolare passione e gli amori scorrono via lasciando solo qualche rimpianto.
“Ho finito di girare Un amore di gioventù con la consapevolezza di aver reso un’idea quanto più possibile coerente. Considerare i miei primi tre film come una sorta di trilogia, mi ha fatto sentire il bisogno di andare avanti. Nello stesso periodo, mio fratello Sven, Dj per vent’anni, ha deciso di chiudere questo percorso e di cambiare stile di vita. Anche lui ha sentito l’esigenza di ripartire e cominciare a scrivere, cosa che avrebbe sempre voluto fare. Dopo aver visto Qualcosa nell’aria di Olivier Assayas, che racconta la storia della sua generazione attraverso gli anni dell’adolescenza, ho pensato: «Cosa accadrebbe se girassi un film sulla mia generazione,quella dei giovani tra il 1990 e il 2000, da una prospettiva più ampia rispetto al quella di Un amore di gioventù? Cosa verrebbe fuori?». La storia di mio fratello, la sua carriera come Dj dalla nascita dei rave e la scoperta della musica elettronica fino al successo mondiale del French Touch, una certa disillusione che l’ha spinto a cambiare la sua vita, sembrano racchiudere l’energia e le aspirazioni della mia generazione. (Mia Hansen-Løve)
Mia Hansen-Løve, dopo due cortometraggi, ha diretto il suo primo film Tout est pardonné (2007) presentato alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes e vincitore del premio Louis-Delluc come miglior esordio. Il film successivo, Il padre dei miei figli, ispirato agli ultimi giorni del produttore Humbert Balsan, è stato presentato al festival di Cannes nel 2009 nella sezione Un Certain Regard. Nel 2010 la rivista Variety ha classificato Mia Hansen-Løve tra i primi dieci registi internazionali da conoscere. Un anno dopo, ha diretto Un amore di gioventù, film che ha ottenuto un ampio successo di pubblico e l’unanime consenso della critica.
Nessun commento:
Posta un commento