VON RICHTHOFEN AND BROWN 1970 / IL BARONE ROSSO - LE BARON ROUGE
Durante la prima guerra mondiale, nel 1916, il barone Manfred von Richthofen raggiunge nella Francia occupata la squadriglia del maggiore Oswald Boelcke, mettendosi ai suoi ordini. Ben presto il barone si crea una fama leggendaria combattendo secondo le regole della cavalleria, anche se sono i nemici più che i compagni ad ammirarlo. In particolare un suo sottoposto, Herman Goering, mostra di non gradire affatto la sua signorilità e i suoi modi aristocratici. Da parte inglese, la palma del migliore spetta al canadese Roy Brown, che al contrario di von Richthofen ignora ogni nozione d'onore e cavalleria, combattendo senza osservare alcuna regola. Il suo rifiuto di brindare alla salute del nemico che ha appena abbattuto un suo commilitone imbarazza profondamente gli ufficiali inglesi. Morto Boelcke, è von Richthofen a prendere il comando della squadriglia: la sua prima direttiva riguarda il colore degli aerei, che dovranno essere dipinti tutti a vivaci colori. In seguito a ciò, la squadriglia viene soprannominata il «circo volante» e von Richthofen guadagna l'appellativo di «Barone rosso» per il colore del suo aereo. Tra gli inglesi, intanto, Brown va assumendo un'influenza sempre maggiore, ed è sua la decisione di attaccare a tradimento la base tedesca: l'operazione riesce, ma oltre agli aerei viene anche bombardato un ospedale con medici e malati, pochi dei quali possono salvarsi. Adirato per la slealtà nemica, von Richthofen sottopone i suoi uomini a un durissimo sforzo per rimettere in sesto la squadriglia, e organizza una spedizione punitiva a tempo di record. Goering si segnala mitragliando un gruppo di inermi infermiere e von Richthofen, resosi conto che una nuova concezione della guerra sta prendendo il posto dei suoi antichi ideali, lascia la squadriglia. Intanto la Germania vede le sue possibilità di vittoria assottigliarsi di ora in ora, e un gruppo di alti ufficiali progettano un complotto per impadronirsi del potere e studiare immediatamente i piani di una nuova guerra: von Richthofen, consultato al riguardo, rifiuta di prender parte all'azione e torna alla sua squadriglia. In un ultimo duello aereo, Brown riesce ad abbatterlo. Il comando viene assunto da Herman Goering. «In partenza, volevo raccontare solo la storia di von Richthofen, ma la United Artists rifiutava di finanziare un film su un asso tedesco. Per salvare il progetto, proposi loro di includere il canadese Roy Brown, che l'aveva abbattuto, e allora accettarono. Mi decisi a girare in Irlanda perché gli aerei utilizzati per The Blue Max (La caduta delle aquile) si trovavano li e potevano essere presi in affitto per una somma relativamente modesta. Don Stroud doveva interpretare von Richthofen e Bruce Derri, l'asso canadese. La United Artists mi impose John Phillip Law per il ruolo di von Richthofen, e Don Stroud diventò Roy Brown. Volevo fare il film a tutti i costi, il tema mi stava molto a cuore. Von Richthofen, un aristocratico, era l'ultimo dei cavalieri, mentre Roy Brown, cosiddetto eroe, meccanico in un garage, moriva di paura all'idea di volare, al punto da ammalarsi d'ulcera ed essere costretto a scolarsi una bottiglia di latte prima di poter decollare. Ecco l'uomo che ha abbattutto il Barone rosso. Poi la United Artists avrebbe sabotato il mio film. Ero talmente nauseato che decisi di smettere di fare film. Finché giravo con piccoli budget, mi lasciavano tranquillo, pensando che in fondo non avevano niente da perdere. Ma, con l'aumentare dei capitali, cominciarono a mettermi i bastoni tra le riuote, imponendomi questo o quell'altro, cambiando il mio film con un nuovo montaggio, ecc. Mi sono detto allora che era tempo di riposarmi qualche mese, e di fondare una compagnia tutta mia in modo da poter controllare personalmente i miei film». (R. Corman).
FRANKENSTEIN OLTRE LE SFERE DEL TEMPO 1990
2031. Lo scienziato statunitense Joe Buchanan sperimenta una tecnologia connessa allo sviluppo di una nuova arma. Involontariamente, apre un "vortice temporale", nel quale è risucchiato, finendo, insieme alla sua automobile dotata di intelligenza artificiale, nel 1817, in Svizzera. Qui conosce sia il dottor Victor Frankenstein, creatore dell'omonimo essere, sia Mary Shelley, la quale scriverà il romanzo "Frankenstein" dedicato ai due personaggi. Joe tenta di allacciare un rapporto con Mary, ma Victor lo coinvolge nei suoi dissidi con il mostro. Lo scienziato americano apre, dunque, un'altra "porta temporale", che varca insieme a Victor e le sue tristi creature. Liberamente ispirato al "Frankenstein Liberato" dell'autore di fantascienza britannico Brian W.Aldiss, e diretto da Roger Corman, prolifico regista statunitense, questo film tratta di personaggi, di fantasia o realmente esistiti, e tematiche, collegati al mito di Frankenstein. Già nei guai nel suo tempo per le sue pericolose sperimentazioni, Buchanan, giunto nel passato, trova un suo simile nel dottor Frankenstein, creatore del mostro cui dà il nome e pertanto responsabile dei dolori del personaggio, il primo dei quali è la solitudine. La creatura uccide con lo scopo di sfogarsi per la sua condizione e per spingere il "genitore artificiale" a prendersi cura di lui, eventualmente donandogli una compagna. Joe ambisce a coltivare l'amicizia e l'amore con l'affascinante Mary Shelley; ma Victor Frankenstein, anche in virtù di una certa affinità con il collega americano proveniente dal futuro non è disposto a lasciare che lo scienziato si crogioli in vicende sentimentali. Preso atto del male presente in tal frangente del XIX Secolo, Joe, avendo la capacità di manipolare il tempo, sceglie di trasportarne tutti i protagonisti in un'altra epoca; giunge in futuro imprecisato ove vede le conseguenze dell'uso della sua arma. In una landa ghiacciata, deserta, nella quale la passata presenza umana è testimoniata esclusivamente da installazioni elettroniche ancora funzionanti, il mostro di Frankenstein vede una potenziale "terra promessa", nella quale vivere per sempre insieme ad un esemplare suo simile, di sesso femminile, generato dal cadavere di Elizabeth, fidanzata di Victor. L'illusione dura poco; Elizabeth, avendo compreso ciò che è diventata, sceglie la morte. Successivamente, tocca al mostro essere ucciso dall'implacabile Joe. Roger Corman affronta con coerenza il tema dell'"abuso" del sapere, il quale, privo del supporto dell'etica, reca conseguenze pericolose, imprevedibili, non controllabili. La trama si evolve lasciando questo tema sempre più in secondo piano; l'epilogo racconta lo scontro finale tra un mostro di Frankenstein all'apparenza più umano di Joe, il quale trionfa e si prepara a regnare su una terra congelata, abitata solo da macchine. La fantasia del regista corre a briglia sciolta; l'intera vicenda è assolutamente inverosimile, anche per come è mostrato l'approccio dei personaggi ad oggetti, situazioni, altre persone che non appartengono alla loro epoca. Joe Buchanan si adatta con estrema facilità alla Svizzera del XIX Secolo, lingua compresa. Mary Shelley sale senza paura su una "carrozza senza cavalli" del XXI Secolo; la vettura pensante di Joe è senza dubbio un elemento interessante : il regista, ad inizio anni '90, immagina come sarebbe stata l'automobile di 40 anni dopo, senza sbagliare di molto. Non ho trovato il livello della recitazione elevato; il doppiaggio è scarso. Joe Buchanan è interpretato dall'attore britannico John Hurt; Bridget Fonda è Mary Shelley. Mi trovo in difficoltà nel valutare quest'opera. Il regista riprende i temi del mito di Frankenstein e li amplia, creando un parallelo tra le azioni di Victor Frankenstein e Joe Buchanan; ma ciò si accompagna ad una messa in scena poco convincente, accompagnata da effetti speciali estremamente "rudimentali" in rapporto all'epoca di uscita del film; divagazioni quasi ingenue, come l'attrazione di Joe per il "mondo romantico" di Mary Shelley; un epilogo violento e nichilista. Un film fantastico curioso ed interessante ... ma con alcuni limiti.
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