fotografiamo “l’atto”, è reato, diventiamo provocatori, a differenza di chi, nella Grecia, ritraeva questi adulti e bambini col chiaro intento di “documentare” questa pratica comune.
Quindi la provocazione, come i valori estetici, vanno di pari passo con gli usi e i costumi di un popolo; la Venere “in carne” del Botticelli, rappresentava l’ideale comune di bellezza del XV secolo, oggi invece, questo ideale ci viene proposto dalla pubblicità, ed è ben diverso da quello rinascimentale.
Provocazione, è ormai la parola d’ordine nell’arte del Novecento, l’opera d’arte non deve più rispettare proporzioni o canoni estetici per imitare la natura, oggi, sembra che l’opera debba principalmente stupire, e per stupire, quasi sempre si ricorre alla provocazione.
Nella grafica pubblicitaria siamo pieni di immagini o testi provocanti, basti solo pensare alle campagne pubblicitarie della Benetton curate da Oliviero Toscani: le sue fotografie a parer mio sono un raro esempio di arte pubblicitaria, ben curate, ma soprattutto efficaci perché colpiscono immediatamente lo spettatore. L’immagine del bacio tra la suora ed il prete, è un ottimo esempio di come la provocazione non è universale: in Giappone, ad esempio, una scena simile non toccherebbe nessuno, questo perché non andremmo a infrangere un tabù della loro cultura, in questo caso, la religione.
Ma il movimento di provocazione per eccellenza è DADA.
Dada è in microbo vergine
Dada è contro la vita cara
Dada società anonima per l’espropriazione delle idee
Dada ha 391 atteggiamenti e differenti colori seguendo il sesso del presidente.
Esso si trasforma, afferma e dice il contrario nel medesimo istante – senza importanza – grida e pesca con la lenza.
Dada è il camaleonte del mutamento rapido e interessato
Dada è contro il futuro. Dada è morto. Dada è idiota. Viva dada. Dada non è una scuola letteraria urla.
(Tristan Tzara)
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