Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati, basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca.
giovedì 14 gennaio 2016
LA CITTA di Frans Masereel
Se tutto andasse in rovina, libri, monumenti, fotografie, resoconti e rimanessero soltanto gli intagli in legno ch’egli ha compiuti in dieci anni, si potrebbe ricostruire da essi tutto il mondo presente: si saprebbe come erano le abitazioni in questo scorcio di tempo, come eravamo vestiti, si conoscerebbe per intero unicamente dalle sue immagini la crudele guerra al fronte e nelle retrovie, con tutte le sue macchine diaboliche e i suoi aspetti grotteschi; si vedrebbero uffici di borsa, fabbriche, stazioni e navi e torri e mode e uomini, per fino i tipi stessi, e soprattutto questo: si coglierebbe il pericoloso genio, il “tempo” spirituale del nostro secolo. (…) Quella di Masereel è l’opposto di una natura impetuosa e volubile: il suo spirito, il suo genio è, come quello di Balzac, come quello di Walt Whitman, rivolto totalmente verso l’universale. Ama tutte le nazioni, tutte le lingue, tutti i tempi, l’antico come il nuovo, il romantico come il meccanico: questo appassionato amico del mondo nulla odia sulla terra se non l’elemento contrario, cioè tutte quelle istituzioni, che hanno lo scopo di raffreddare, di uniformare, di arenare l’impetuosa corrente dell’esistenza, che tendono a restringere e a delimitare la vita vivente. È nemico dello stato, dove questo promuove violenza e ingiustizia, nemico della “società” che si rinchiude in se stessa come qualcosa di superiore per salvaguardare la propria potenza, e, senza essere in alcun senso un uomo politico (detesta infatti anche i partiti come forme di limitazione e irrigidimento della libertà interiore), è stato pur sempre combattente al fianco dei piú deboli, degli oppressi, dei danneggiati.
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