martedì 19 gennaio 2016

Il suono della pioggia

Era aprile, e per ripararmi da una pioggia improvvisa mi rifugiai sotto un portone. Il portone si aprì solo di qualche centimetro, lo spazio necessario per lasciare passare una mano che mi offriva un ombrello, appena lo presi la mano si ritirò e il portone si chiuse. L'ombrello era un kasa fatto di carta oleata, un ampio cerchio che si apre come un piccolo tetto, sorretto da un cono di sottili strisce di bambù. Il ticchettio della pioggia mi avvolse così come il suono dell'acqua che si riversava in strada dalle grondaie a forma di drago.   
E' qualcosa che non avrebbe bisogno di essere spiegata.
Basta ascoltare la pioggia. Sentite un po' come la chiamano i buddhisti, tathata, ovvero sia da-da-da. Come tutta la musica classica non significa nulla eccetto ciò che è, perché la grande musica non mima mai altri suoni, né è altro che musica. Non esistono messaggi nelle fughe di Bach. Anche quando ad un vecchio maestro Zen venne chiesto il significato del Buddhismo, questi rispose: "Se esiste qualsiasi significato in esso io stesso non sono liberato". Perché quando avete veramente sentito il suono della pioggia, allora potrete ascoltare, vedere e sentire qualsiasi altra cosa allo stesso modo, come qualcosa che non ha bisogno di traduzioni, qualcosa che è semplicemente quello che è, anche se può sembrare impossibile dire cosa. 

(Tatto da ROMANZO IN POLVERE di Gepy Goodtime, edizioni La Paz, Caracas 1977)

Nessun commento:

Posta un commento