martedì 3 febbraio 2015

RAPACITÀ di Erich von Stroheim

McTeague, lasciata la miniera va ad abitare a San Francisco; lavora come dentista e sposa Trina, una donna avida di denaro. Caduto in miseria, si abbruttisce sempre più, uccide la moglie e poi, dopo una fuga nel deserto, anche il suo antico rivale, Marcus. Ma una catena lo imprigiona al cadavere e lo condanna a sicura morte.

Quando vidi come la censura aveva amputato il mio film Greed (Rapacità), in cui avevo messo tutto il mio cuore, abbandonai ogni speranza di poter creare dei film d'arte e da allora in poi ho lavorato su ordinazione. (Freddy Buache, "Erich von Stroheim" Seghers, Parigi 1972)

Rapacità era un film denso di squallore, miseria, dolore, lussuria, vendetta e paura. Non era un film piacevole, ma una fedele traduzione scenica del romanzo di Frank Norris. "La sete dell'oro", dichiarò Stroheim, era alla radice di quasi tutti i mali del mondo; e questo voleva dimostrare il suo film. Non fu un successo commerciale, non era un opera adatta al gusto corrente, ma, dal punto di vista artistico, superava di gran lungo ogni altro film americano del dopoguerra. (Peter Noble, "Fuggiasco da Hollywood", Il Saggiatore, Milano 1964)

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