giovedì 4 settembre 2014

DULCAMARA

Suffrutice annuale o perenne alto 30-200 centimetri; fusto legnoso inferiormente, spesso rampicante, più o meno peloso o glabro; foglie ampiamente lanceolate, non divise o con 1 o 2 lobi alla base; fiori violetti, infiorescenza in cima ombrelliforme con 10-20 fiori; frutto come bacca rossa; semi numerosi, piatti, gialli.
Fiorisce da aprile a luglio. Cresce in boschi umidi, lungo gli argini dei fiumi, in zone disboscate, terreni antropizzati e spiagge ciottolose (1-100 metri). Piuttosto comune.
La pianta si potrebbe identificare con lo stricno narcotico di Dioscoride. Nell'antichità, la corteccia della radice si beveva nel vino come sonnifero. La pianta era nota ai Germani come narcotico. Sarebbe stato anche un ingrediente dell'unguento delle streghe europee. Nel Medioevo, le bacche erano portate al collo come amuleto protettivo contro la diffamazione. Inoltre, il fusto essiccato era identificato con il nome di un nemico e appeso alla sua porta a scopo vendicativo. La pianta si usava anche per l'incantesimo della licantropia.
Nella cultura alpina nordica, vi era una malattia che si manifestava di notte nel sonno, attraverso un demone. Tale malattia poteva essere curata con la dulcamara.
Nella medicina popolare messicana, la pianta (nota come jazmincillo) è usante come calmante narcotico. Nella fitoterapia moderna, si usa per iperviscosità sanguigna, acne, eczema, dermatosi squamosa, herpes, psoriasi, asma, pertosse, polmonite, pleurite, bronchite cronica, foruncolosi, reumatismi, gotta, scrofola, ascessi, emorroidi e contusioni.

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