martedì 9 settembre 2014

Contro il metodo

L'idea di un metodo che contenga principi fermi, immutabili e assolutamente vincolanti come guida nell'attività scientifica si imbatte in difficoltà considerevoli quando viene messa a confronto con i risultati della ricerca storica. Troviamo infatti che non c'è una singola norma, per quanto plausibile e per quanto saldamente radicata nell'epistemologia, che non sia stata violata in qualche circostanza. diviene evidente anche che tali violazioni non sono eventi accidentali, che non sono il risultato di un sapere insufficiente o di disattenzioni che avrebbero potute essere evitate. Al contrario, vediamo che tali violazioni sono necessarie per il progresso scientifico. In effetti, uno fra i caratteri che più colpiscono delle recenti discussioni sulla storia e la filosofia della scienza è la presa di coscienza del fatto che eventi e sviluppi come l'invenzione dell'atomismo nell'antichità, la rivoluzione copernicana, l'avvento della teoria atomica moderna, il graduale emergere della teoria ondulatoria della luce si verificarono solo perché alcuni pensatori o decisero di non lasciarsi vincolare da certe norme metodologiche "ovvie" o perché involontariamente le violarono.
È chiaro, quindi, che l'idea di un metodo fisso o di una teoria fissa della razionalità poggia su una visione troppo ingenua dell'uomo e del suo ambiente sociale. Per coloro che non vogliono ignorare il ricco materiale fornito dalla storia, e che non si propongono di impoverirlo per compiacere ai loro istinti più bassi, alla loro brama di sicurezza intellettuale nella forma della chiarezza, della precisone, dell'obbiettività, della verità, diventerà chiaro che c'è un solo principio che può essere difeso in tutte le circostanze e in tutte le fasi dello sviluppo umano. È il principio: qualsiasi cosa può andar bene.  

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