Secondo lo storiografo Tito Livio, la nascita della letteratura latina risale attorno al 240 a.C.: in quello stesso anno Livio Andronico mise in scena una propria opera, probabilmente una tragedia, su un solo soggetto e con una separazione tra le parti cantate e dialogate (richiama la struttura tradizionale del dramma greco). Non si sa cosa rappresentò e della produzione teatrale di questo periodo resta molto poco per farsi un’idea di cosa fu la tragedia latina dell’età repubblicana (la documentazione si fonda su frammenti). Dai principali tragediografi si ricava qualche indizio per supporre la presenza del coro, il cui ruolo era sicuramente diverso dal teatro greco. Si sono conservate opere superstiti di Plauto, di Terenzio, tutte commedie di ambientazione greca; per quanto riguarda le commedie di ambientazione romana restano frammenti di Titinio e Afranio (II-I secolo a.C.). Il materiale superstite permette di osservare un’assenza totale del coto nel teatro comico latino, sul piano stilistico e performativo si assiste ad una trasformazione di svariati momenti originariamente destinati alla recitazione in canti: tensione stilistica evidente nel caso del teatro plautino, il meno grecizzante e il più spettacolare, in cui l’attore è un professionista a tutti gli effetti, abile nel canto e nella danza. Il poeta drammatico arcaico non praticava un solo genere; caratteristiche che accomunano il teatro latino agli spettacoli ellenistici sono: la rilevanza dell’attore protagonista, le evoluzioni della danza e canore, la tendenza all’antologizzazione dei testi nella riproposizione spettacolare, l’attenzione alla musica e al canto solista.
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