Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati, basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca.
mercoledì 2 febbraio 2022
I Ribelli del Rock’n’Roll – parte prima
Il rock'n'roll irrompe come una furia, distruggendo gli argini e inondando le campagne, in un'America che la seconda guerra mondiale aveva lasciato con poche certezze e molte paure. Due le più grandi: la bomba atomica e l'arrivo dei russi e del comunismo. Paure, per la verità, tutt'altro che ingiustificate. Nel 1950 l'Unione Sovietica aveva il triplo degli aerei da combattimento, il quadruplo delle truppe, una percentuale di trenta divisioni corazzate a una. Quattro mesi prima della fine degli anni Quaranta aveva fatto esplodere la sua prima bomba atomica e la Casa Bianca aveva dato l'annuncio solamente tre settimane dopo, il 23 settembre, contribuendo così ad aumentare il panico nella gente. Gli uomini della Difesa prevedevano da 10 a 15 milioni di morti nel solo primo giorno d'esplosione; il film «On The Beach», tratto dal romanzo di Nevil Shute che descrive la fine della vita sulla terra dopo la guerra nucleare, fa scalpore a dispetto dell'incontro apparentemente rassicurante tra Eisenhower e Kruschev, a Camp David. L'America sente che l'orologio atomico batte sempre più forte e va incontro al futuro che ritiene inevitabile senza illudersi troppo e con l'ingenuità tipica del Grande Paese: «Piccole fattorie, proprio fuori dal raggio d'azione della bomba atomica», annuncia la pubblicità di un'impresa di Washington, DC; «Impara a conoscere i pericoli della bomba e i passi da compiere per neutralizzarli. Puoi sopravvivere!», tenta di rassicurare un pam-phlet del governo. L'America teme il domani e non guarda al suo ieri, come invece accade nello stesso periodo in Gran Bretagna, dove gli angry young men denunciano le pecche dello Stato assistenziale. E per questo che il rock'n'roll diventa subito fiume in piena; perché urla a chiare lettere che il passato è passato e che il futuro non conta perché potrebbe anche non arrivare. «Voglio il mondo e lo voglio ora» e «questa è la mia vita e ne faccio ciò che voglio» sono le prime parole che il rock'n'roll ha insegnato a pronunciare. Ha scritto Jerry Rubin: «Papà guardava la sua casa, la macchina e il giardino ben curato e si sentiva fiero. Ma noi eravamo confusi. Non capivamo. Perché lavorare? Per avere case più grandi, automobili più grandi, giardini ben curati più grandi? Diventavamo matti. Fu allora che Elvis Presley sbatté fuori Eisenhower, facendo vorticare i nostri corpi irrigiditi. La selvaggia energia del rock pulsò e zampillò calda dentro di noi, ritmo irrefrenabile che sveglia gli istinti repressi. Musica per liberare lo spirito, per stare insieme. Elvis ci ha detto: "Andiamo!"». Il rock'n'roll diventa la colonna sonora del teenage takeover, la presa di potere dei teenager che hanno, per la prima volta, coscienza di sé come gruppo. Hanno finalmente eroi teenager che cantano di teenager per i teenager, quando nel 1950 i teen idol più votati nel referendum di «Downbeat» appartenevano al mondo dello sport (Joe Di Maggio e Babe Ruth); nella seconda meta del decennio proliferano i gruppi musicali con «teen» nel nome - The Teen Queens, The Six Teens, Frankie Lymon & The Teenagers — e non si contano gli hits con «teen» nel titolo: Teen Age Prayer (Gale Storm, 1955), Teen Angel (Mark Timming, 1957), A Teenager's Romance (Ricky Nelson, 1957), Teenage Crush (Tommy Sands, 1957), Sweet Little Sixteen (Chuck Berry, 1958), Teen Beat (Sandy Nelson, 1959), Teenager In Love (Dion, 1959).
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