Il prete Nazarin procede nella grande tradizione degli spagnoli pazzi avviata da Cervantes. La sua pazzia consiste nel prendere sul serio le grandi idee e le grandi parole, e nel cercare di vivere di conseguenza. Pazzo è colui che rifiuta di ammettere che la realtà è reale, anche quando è soltanto un'atroce caricatura di come dovrebbe essere la realtà. Don Chisciotte vede la sua Dulcinea nella figlia di un contadino, e Nazarin riconosce l'immagine desolata dell' "uomo caduto" dietro le mostruose fattezze di Andara e Ujo; e l'eco dell'amore divino dietro la frenetica bellezza di Beatriz. Lungo tutto il film noi seguiamo la "cura" del pazzo Nazarin, o meglio la sua tortura. Egli è respinto da tutti coloro che incontra, i ricchi perché lo considerano un pericoloso antisociale, gli altri, le vittime, perché hanno bisogno di un genere di consolazione diverso e più efficace nell'immediato. Le stesse donne che lo seguono (un misto tra Sancho Panza e Maria Maddalena) hanno nei suoi confronti sentimenti ambigui. Mentre l'ultima rivelazione gli giunge in prigione, dov'è costretto tra criminali e assassini: la "bontà" di Nazarin, esattamente come la "cattiveria" di El Sacrilego, è priva di conseguenze pratiche in un mondo dove ciò che conta è soltanto l'efficacia. In questo senso, Nazarin è per Bunuel la storia della perdita di un'illusione: quella del Cristianesimo. Ma c'è dell'altro. Mentre l'immagine di Cristo si fa sempre più pallida nella coscienza di Nazarin, un'altra immagine si fa strada: quella dell'uomo. Gradualmente, Bunuel ci mostra attraverso una serie di episodi esemplari questa doppia evoluzione: la distruzione dell'illusione divina e la scoperta della realtà dell'uomo. Il soprannaturale cede il posto alla natura e al suo potere. Una rivelazione che appare più forte in due momenti indimenticabili del film: quando Nazarin offre la sua "consolazione celeste" alla moribonda innamorata, che risponde, fedele al suo amore: «Cielo no, Juan si»; e alla fine, quando Nazarin rifiuta dapprima l'elemosina, per poi accettarla, non come carità, ma come segno di amicizia. Così, Nazarin abbandona la sua solitudine: ha perso Dio, ma a trovato amore e fratellanza.
Nessun commento:
Posta un commento