Di nuovo in Africa. Ouagadougou, Burkina Faso "Terra degli uomini liberi". Con lo zaino sulle spalle, lasciando l'Europa fredda e piovosa per giungere in questo continente caldo e soffocante, il brusco passaggio era attenuato dal lungo spazio fra i ricordi e la realtà. La realtà invece, dopo appena qualche ora d'aereo ti aggrediva subito, non solo con odori e suoni frastornanti, ma anche con una valanga di pensieri che mescolavano il passato e il presente senza lasciarti respiro. Era un po' il senso di questo viaggio, che richiamava i tempi della lotta, il sogno della rivoluzione ma si svolgeva in un territorio che si poteva rivelare pericoloso e implacabile se non si conservava la mente fredda. Superati i controlli doganali e una fila di baracchette di legno che vendevano un po' di tutto nell'atrio squallido dell'aeroporto. Mi feci largo tra i viaggiatori notturni appena arrivati da Tangeri con un volo Air France e mi affacciai alla notte tropicale. Questa mi accolse con una zaffata che mescolava odori di cibo cotto per strada, vegetazione umida, scarichi di gas dei veicoli e rifiuti. In lontananza si scorgevano bagliori di incendi che rischiaravano un disordinato ammasso di palazzi e abitazioni più piccole che emergevano come un fortino fantasma. Aveva smesso di piovere da poco e l'acqua sollevava da asfalto e cemento un tendaggio di vapore malsano. Un camion militare e un blindato pattugliavano l'ingresso alla R16 che portava in città. I passeggeri appena giunti erano in fila per prendere uno scalcinato autobus di lamiera bluastra, screziato da macchie di ruggine. Intanto in lontananza si udivano tuoni di mortaio. L'ex Alto Volta Francese, ribattezzato Burkina Faso dal presidente Thomas Sankara salito a potere con un colpo di stato nel 1984, cinto da Ghana, Togo, Benin, Niger, Mali e Costa d'Avorio non aveva sbocchi sul mare ed era uno dei paesi più poveri del mondo, ma restava un crocevia per traffici di ogni tipo. Salii sul pulman dopo aver scambiato un occhiata d’intesa con un ragazzo con la pelle scura e baffi spioventi. Ci sedemmo vicino e lui mi sussurrò all'orecchio: "I Compagni ti aspettano, dobbiamo sbrigarci, tra mezzora scatta il coprifuoco e le strade sono pericolose. La polizia spara a vista".
Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati, basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca.
martedì 26 gennaio 2021
Nella Terra degli uomini liberi
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