Il carattere “rivoluzionario” del Surrealismo si rivela quale avvio del progressivo tentativo di liberazione dell’uomo da quei processi di sopraffazione messi a punto dalla precisione “tecnologica” del potere (quella che Foucault chiamava “biopolitica”), e che si rivela anche oggi, innanzitutto nell’intento di un controllo – come ha rivelato Agamben ? nella limitazione dell’effettiva proprietà del proprio corpo. Tale processo di biologizzazione della politica, negli anni dei surrealisti, troverà una manifestazione senza precedenti nella politica (razzista) del Nazismo. È in questo senso che sarà da intendere il recupero, evocato da Breton, di una visione artistica che non fosse contaminata dalla ragione, asservita all’utilità sociale, al sistema di potere.
Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati, basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca.
mercoledì 21 dicembre 2016
Joan Mirò e i surrealisti
Joan Miró nasce a Barcellona il 20 aprile 1893. All’età di quattordici anni frequenta l’Accademia di Belle Arti di Barcellona. Tre anni dopo trova lavoro come contabile; ma colpito da esaurimento nervoso abbandona il commercio e riprende gli studi d’arte, frequentando dal 1912 al 1915 l’Escola d’Art di Francesc Galí. Nel 1917 incontra Francis Picabia e l’anno dopo tiene la sua prima personale nella galleria del mercante d’arte José Dalmau, a Barcellona. Nel 1920 si reca per la prima volta a Parigi dove incontra Pablo Picasso. Da allora divide il suo tempo tra Montroig, in Spagna, e Parigi, dove frequenta i poeti Tristan Tzara e Max Jacob e partecipa alle attività dada. Nel 1921 Dalmau gli organizza la prima personale a Parigi, alla Galerie La Licorne e nel 1923 l’artista partecipa al Salon d’Automne. Nel 1924 aderisce al gruppo surrealista. Del 1925 è la personale alla Galerie Pierre dove, nello stesso anno, partecipa anche alla prima mostra dei surrealisti. Nel 1928 visita i Paesi Bassi, dove inizia una serie di dipinti ispirati ai maestri olandesi e realizza i primi papier collé e collage. Del 1929 è la sua prima esperienza nel campo della litografia; le sue prime stampe risalgono al 1933. All’inizio degli anni trenta esegue composizioni scultoree surrealiste con inserzioni di pietre dipinte e oggetti vari. Nel 1936 lascia la Spagna a causa della guerra civile; vi ritornerà solo nel 1941. Dagli anni quaranta vive stabilmente a Mallorca, terra d’origine della madre, e a Montroig. Nel 1941 il Museum of Modern Art di New York allestisce un’importante retrospettiva del suo lavoro; nello stesso anno inizia a lavorare la ceramica con Josep Lloréns Artigas e, dal 1954 al 1958, ad occuparsi di stampe. Nel 1958 riceve il Guggenheim International Award per le decorazioni murali del palazzo dell’UNESCO a Parigi; l’anno successivo riprende a dipingere, iniziando una serie di tele di grandi dimensioni. Negli anni sessanta si dedica intensamente alla scultura monumentale. Nel 1974 il Grand Palais a Parigi allestisce un’importante retrospettiva; nel 1978, al Centre Georges Pompidou di Parigi, espone oltre cinquecento opere in occasione di una vasta retrospettiva. Muore a Palma di Maiorca il 25 dicembre 1983.
Il carattere “rivoluzionario” del Surrealismo si rivela quale avvio del progressivo tentativo di liberazione dell’uomo da quei processi di sopraffazione messi a punto dalla precisione “tecnologica” del potere (quella che Foucault chiamava “biopolitica”), e che si rivela anche oggi, innanzitutto nell’intento di un controllo – come ha rivelato Agamben ? nella limitazione dell’effettiva proprietà del proprio corpo. Tale processo di biologizzazione della politica, negli anni dei surrealisti, troverà una manifestazione senza precedenti nella politica (razzista) del Nazismo. È in questo senso che sarà da intendere il recupero, evocato da Breton, di una visione artistica che non fosse contaminata dalla ragione, asservita all’utilità sociale, al sistema di potere.
Il carattere “rivoluzionario” del Surrealismo si rivela quale avvio del progressivo tentativo di liberazione dell’uomo da quei processi di sopraffazione messi a punto dalla precisione “tecnologica” del potere (quella che Foucault chiamava “biopolitica”), e che si rivela anche oggi, innanzitutto nell’intento di un controllo – come ha rivelato Agamben ? nella limitazione dell’effettiva proprietà del proprio corpo. Tale processo di biologizzazione della politica, negli anni dei surrealisti, troverà una manifestazione senza precedenti nella politica (razzista) del Nazismo. È in questo senso che sarà da intendere il recupero, evocato da Breton, di una visione artistica che non fosse contaminata dalla ragione, asservita all’utilità sociale, al sistema di potere.
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