mercoledì 14 dicembre 2016

LO SKA

Verso la fine degli anni Sessanta la contestazione giovanile portò con sé un’improvvisa ondata di violenza nelle strade delle capitali occidentali. Il fenomeno, che toccò il suo apice a Parigi nel celebre maggio del ’68, non sfiorò incredibilmente quella città che per prima aveva reclamato per i giovani un ruolo diverso nella società: Londra. Carica di una tradizione di una democrazia particolare e patria di grandi marce della pace, la capitale inglese non conobbe né le barricate né le molotov della contestazione giovanile. Fu così che l’opinione pubblica rimase doppiamente sorpresa davanti a quelle immagini che i notiziari improvvisamente
diramarono in una serata dell’estate 1978: uno dei quartieri più popolari, quello di Portobello, era illuminato dalle vampate delle bottiglie incendiarie. Era il carnevale caraibico di Notting Hill, celebrato nel quartiere londinese con la maggior presenza di immigrati di colore, che si concludeva violentemente. Il primo di una lunga serie di carnevali violenti. I motivi delle sommosse non erano soltanto razziali. Emarginazione, disoccupazione, mancanza di alloggi e pessima qualità di vita avevano da tempo affratellato i giovani della Giamaica e della Martinica con una vivace generazione d’inglesi, ormai distante dalle conquiste dell’età dei Beatles, rodata nel mito della violenza punk, alla ricerca di qualcosa capace di sopire le delusioni, lenire le ferite.
Lo ska revival a Portobello Poad nacque così, in una mescolanza disperata di bianchi e neri, tra boccali di birra in buie cantine, rieducando il suono acerbo di un rock schematico, duro ed elettrico sulla plasticità tutta particolare di una musica caraibica chiamata ska. La divisa? Zazzere corte e spesso impomatate, vestiti scuri di taglia larga, cravatte argentee, scarpe bicolori con suola spessa, occhiali scuri e borsalino calato sulla nuca.
Lo ska è scoperta imprevedibile. Nel panorama della musica commercializzata giamaicana è insieme radice e coprotagonista del reggae. In essa si racchiudono i pochi elementi di una musicalità elementare: la preponderanza dell’elemento ritmico, il tempo accelerato in levare, l’accostamento negli arrangiamenti degli ottoni ai primi temi del beat britannico.

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