La città è il luogo centrale della politica, del mercato, dei flussi di informazione, delle mode e delle tendenze culturali, ma anche il luogo dell’affollamento, del distacco dalla natura, del traffico e dell’inquinamento. Soprattutto è il luogo della folla; è la crescita quantitativa di persone coinvolte da uno stile di vita urbano. I poveri rappresenteranno la maggior parte dei nuovi cittadini. Stili di vita globali si fondono con retaggi di conoscenze locali, producendo nuovi modi di essere, di attribuire un significato alla realtà circostante, ma anche nuove fonti di ansia e di aggressività. Le città sono diventate le discariche di problemi concepiti e partoriti a livello globale. La città non è solo una macchina funzionale che genera e gestisce capitali, informazioni, politica e persone in un mercato globalmente connesso ma anche uno spazio dove si incontrano, scontrano e incrociano saperi e culture. Nella loro crescita vertiginosa, le città, soprattutto quelle di maggiori dimensioni, accolgono più generazioni di migranti, diversi per stato sociale e culturale: la cosmopoli si presenta come un universo multiforme che include ogni forma di diversità culturale ed etnica. Le città è il luogo dell’arricchimento culturale, dello scambio e dell’incontro, ma anche della perdita dei propri legami comunitari e valori tradizionali, del senso di appartenenza al territorio e alla natura: il nuovo cittadino si trova in molti casi a vivere in condizioni disagiate e soffre per l’emarginazione, l’esclusione e lo sradicamento che si traducono, talvolta, in comportamenti violenti e aggressivi. Il modello di vita della città globale, inoltre, è spesso associato all’imposizione di valori e stili di vita occidentali, non sempre condivisi.
(Tatto da ROMANZO IN POLVERE di Gepy Goodtime, edizioni La Paz, Caracas 1977)
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