lunedì 30 gennaio 2023

RAY CHARLES – Parole e Pensieri

La vista 

Non è successo in  una notte. Per due anni i miei occhi videro sempre di meno. Mia madre non mi nascose  mai la verità: stavo diventando cieco. Avevo cinque anni  quando la vista  cominciò ad abbassarsi. Era una famiglia povera, la mia. Di specialisti neanche  a parlarne. Un medico era tutto quello che mia madre poteva permettersi. Io ero forse troppo piccolo per rendermi conto di quello che stava succedendo.  Mi piaceva fissare il sole, così non facevo altro che peggiorare la mia situazione. E poi adoravo  la luna. E tutto quello che era luminoso. Se non avessi perso la vista sarei forse diventato un piromane. Mi facevano impazzire i colori. Il rosso più di tutti. E poi nero, giallo, verde, marrone. Che cos'altro ricordo? Ricordo mia madre. Era molto bella. Davvero  molto bella. 

La  bellezza 

Non è  molto difficile vedere la bellezza nelle altre persone, anche se sei cieco. Puoi “vedere” i lineamenti, la delicatezza della pelle e, se si tratta di una donna, le  forme del  corpo. Allo stesso  modo posso  vedere la bellezza di una macchina, sentendola con le mani. E  siccome  ho visto la bellezza delle cose fino a sette anni posso avere un'idea ancora più precisa. 

La musica classica 

La musica classica è bellezza allo stato puro. Sono un sentimentale. Adoro   Chopin  e Sibelius. Gli artisti che componevano in modo delicato. Anche  Beethoven, che pure scrisse sinfonie per me molto pesanti, compose pezzi morbidamente  affascinanti. Se vuoi  imparare la tecnica, Bach è l'ideale, per via delle fughe. Ma, al di là dell'aspetto tecnico, non vado pazzo  per Bach. 

Blues e gospel 

Blues e gospel sono praticamente la stessa cosa. Se parli di una donna è  blues, se ti riferisci a Dio è gospel. Ma virtualmente non c'è differenza. Big Bill Broonzy  una volta disse che io mescolavo blues e gospel. Se è vero, non l'ho mai fatto di proposito. Io canto nell'unico modo che so. Non mi ha  mai interessato esplorare nuove strade o scrivere la storia. Io so fare soltanto una cosa in modo dignitoso: suonare il piano e cantare. Certo, ho imparato  dal canto religioso. I miei genitori mi obbligavano a frequentare la chiesa. Così  immagino di aver ereditato un po' dalla mia parrocchia e un po' dalla radio, dove ascoltavo  Nat 'King' Cole. All'inizio facevo di tutto per cantare come  lui. Era il mio idolo. Per questo, quando poi diventai famoso, riuscivo a comprendere  i nuovi artisti che mi imitavano. Non c'è niente di più gratificante di sentire un esordiente che tenta di cantare come te. 

Atlantic Records 

Jerry  Wexler, Ahmet e  Nesuhi Ertegun. Trascorsi con loro anni meravigliosi. Li lasciai perché l'offerta della Abc era incredibilmente vantaggiosa. Nel 1959 i contratti che ti proponevano  non ti facevano diventare ricco. La Abc probabilmente  cercava solo di sollevare un bel polverone intorno  alla storia, in modo da convincere  altri musicisti a firmare  per loro. Il mio nome poteva insomma fare da traino. Invece  furono molto fortunati, perché alla prima incisione ottenni subito un grande successo con  Georgia On My Mind. I giornali parlarono di una mia conversione al country  & western, dimenticando  che già all'Atlantic avevo inciso un brano in quello stile, I'm Movin' On. Sfortunatamente ebbe successo l'altra facciata, I Believe To  My  Soul.  

I colori del  blues 

Non  mi piace  generalizzare e sono convinto che non sia necessario avere la pelle nera per cantare il blues. Ma devi avere  talento, perseveranza  e umiltà. E devi aver conosciuto  il dolore e l'umiliazione,  la malinconia   e la rabbia. Allora,  se hai conosciuto  gli orrori e la  sofferenza del blues, puoi anche essere verde o color porpora: sarai comunque un buon bluesman. 




lunedì 23 gennaio 2023

I Dannati – Luca Signorelli


Un particolare dell'affresco dei Dannati del ciclo dipinto  da Luca  Signorelli nel Duomo  di Orvieto. La  raffigurazione della bolgia infernale, ispirata probabilmente  al poema dantesco,  presenta con  estrema crudezza  una serie di episodi nei quali demoni  ghignanti,  dal colorito livido o verdastro che  aggiunge  alla scena effetti di allucinata visionarietà, straziano i corpi ignudi dei dannati di potenza michelangiolesca.

La commissione per la decorazione a fresco della Cappella di S. Brizio nel Duomo di Orvieto, con cui l'artista chiude il secolo,  opera avviata  nel 1447 dall'Angelico  e per cui il Signorelli  venne preferito al Perugino,  attesta il prestigio ormai  da lui conseguito.  La sequenza iconografica  gli è predisposta certamente dai canonici del Duomo sulla base della Leggenda aurea di Jacopo da  Varazze,  nonché delle  misticheggianti Revelationes di santa Brigida:  la  Storia dell'Anticristo, il Giudizio Universale,  la Resurrezione  della carne, i  Dannati, l'Inferno, i Beati, il Paradiso.  “tutte le storie della fine del mondo  con  bizzarra e capricciosa invenzione: angeli, demoni, rovine,  terremoti, fuochi, miracoli  d'anticristo, e molte  altre cose simili” .


lunedì 16 gennaio 2023

COAL CITY

Città mineraria sotterranea,  situata nella gigantesca miniera di carbone   di  Aberfoyle, contea di Stirling, Scozia. Esauritosi il giacimento della Vecchia  Aberfoyle  verso il 1870,  dopo centocinquant'anni di attività, un  caso fortuito condusse  alcuni ardimentosi, pochi anni dopo, alla scoperta di  un  nuovo, immenso filone, una caverna tale da poter  essere paragonata   solo  a un'altra   esistente al mondo: la Mammoth Cave del Kentucky.   Quella cavità si componeva  di diverse  centinaia di alveoli, di ogni  forma e  grandezza. Somigliava  a un alveare, coi suoi numerosi piani di cellule capricciosamente  disposte;  ma un alveare  che invece di api avrebbe potuto contenere  elefanti. Un labirinto di gallerie, alcune più alte delle più alte volte delle cattedrali, altre simili a  contro-navate, ristrette e tortuose, quelle tracciate  su un piano  orizzontale, queste risalenti o discendenti in tutte le direzioni, riuniva quelle cellule e le metteva in libera  comunicazione tra loro. I pilastri che sostenevano quelle volte, le cui curve   ammettevano tutti gli stili, le spesse e solide muraglie tra le gallerie, le navate stesse, in quello strato  di terreni secondari, erano  fatti di arenaria e rocce scistose. Ma fra questi strati  inutilizzabili, e da essi potentemente compresse, correvano ammirevoli vene di  carbone. Quei  giacimenti si sviluppavano su un'estensione  di  quaranta   miglia dal nord al sud. L'importanza  di quel bacino, battezzato Nuova Aberfoyle, superava gli strati carboniferi di Cardiff e di Newcastle. La gigantesca  miniera  venne poi  abbandonata nel dopoguerra, quando il carbone decadde come materia prima, essendo sostituito dal petrolio. Coal City  vide nel 1877 un evento naturale  degno di essere ricordato: lo sprofondamento delle acque del lago Katrine, situato  proprio sopra il giacimento. Fra il  lago e la profonda cavità sotterranea, infatti, per una particolare disposizione geologica, i terreni  secondari erano ridotti a uno strato sottile. Un giorno questo strato venne  spezzato in più punti, e  le acque del  Katrine  fecero irruzione nella miniera, fortunatamente senza conseguenze.  Forse fu un  atto di  sabotaggio: i pilastri che sostenevano gli strati di roccia dove  si era squarciato il fondo del  lago  apparvero intaccati con mine.  Al lago favorito dal grande Walter  Scott,  per qualche  anno non rimase  più  acqua che  bastasse a  bagnare i gentili piedini della Donna del Lago;  questo, se non altro, in tutta la parte  meridionale. Uno stagno  di pochi acri, ecco  cos'era rimasto, fin là dove il letto del lago stava a un livello inferiore della parte  sprofondata.  Il Katrine fu poi riempito di nuovo,  mediante  pubblica sottoscrizione, dopo aver  ben richiuso ogni sbocco. (Jules Verne, Les Indes Noires, Parigi, 1877)


lunedì 9 gennaio 2023

BAMBOLE KACHINA

Due  primitive bambole Kachina degli indiani Hopi dell'Arizona. Si tratta di due esemplari di particolare  valore  che  fanno parte della  collezione del Museo dell'America  Indiana di  Nuova York. Dopo  la vittoriosa conclusione della rivolta dei  Pueblo e la cacciata degli spagnoli, riti e tradizioni antichi ripresero con rinnovato fervore e ogni forma  di cattolicesimo fu  messa al bando.


lunedì 2 gennaio 2023

LA BALLATA DI UN SOLDATO – Grigorij Cuchraj

Nei 15 anni intercorsi tra la fine della seconda  guerra mondiale e l'uscita della Ballata di un soldato l'atteggiamento nei confronti  della guerra era a poco a poco mutato nei paesi che erano stati coinvolti nel conflitto. Da una  visione puramente eroica il cinema passò a prendere in esame gli aspetti avventurosi, sentimentali e umoristici o, più raramente, a considerare  il lato etico della  tragedia bellica. Nell'Unione Sovietica questa  evoluzione venne artificiosamente rallentata da Stalin, il cui dogma  'qualità, non  quantità'  significava  in pratica che solo le sceneggiature di suo  gradimento  potevano  raggiungere gli schermi: quindi  la guerra poté  essere rappresentata  (a  parte alcune ottime eccezioni) solo  come stolida ricostruzione di battaglie e di scontri militari. Nel 1953, anno della morte di Stalin, la produzione cinematografica si era ormai  praticamente arenata. Il disgelo politico riportò in luce fermenti culturali  rimasti lungamente repressi:  vecchi registi con sceneggiature da lungo progettate e giovani diplomati della VGIK  (la scuola di cinematografia  moscovita) erano ansiosi  di mettersi al lavoro. Il
cinema sovietico fu percorso da una ventata d'aria  fresca e dalla volontà di affrontare  con  un approccio più personale i film di tutti i generi, compresi quelli di guerra. Tra i cineasti di talento che si fecero strada in questo  periodo  c'era Grigorij Cuchraj,  che aveva studiato alla VGIK con registi del calibro di Sergej Jutkevic e di  Michail  Romm. Il suo primo film, Il quarantunesimo (Sorok  pervyj, 1956),vinse il premio speciale della giuria al festival internazionale di Cannes. Remake del famoso film muto di Jakov  Protazanov,  era imperniato  sul dissidio interiore di  una giovane    partigiana che durante la guerra  civile s'innamora di un soldato bianco. Due anni più tardi, Michail  Kalatozov  affascinò il mondo intero con Quando volano le  cicogne (Letjat Zuravli, 1958). Restando nel contesto di  un'accattivante storia  d'amore in tempo di guerra, il regista si servì molto più audacemente che nel Quarantunesimo del tema dell'amore che  si scontra con la guerra e spazzò  via una quantità di vecchi tabù toccando  episodi di vigliaccheria, di corruzione e di diserzione. Il film si aggiudicò molti premi internazionali e rappresentò una svolta nella cinematografia di guerra. Con La ballata di
un soldato
, il suo secondo  film,  il più elegiaco Cuchraj seguì la strada aperta in modo così brillante da Kalatozov. Realizzato nei teatri di posa di Mosca e  in esterni a Vladimir, La ballata di un soldato si apre con una sequenza terrificante e tecnicamente brillante in cui Alesa, il giovane soldato che combatte in prima linea, viene inseguito  dai carri armati. E l'unica scena di battaglia del film: da questo momento il  soggetto sarà sviluppato in una serie di episodi collegati al viaggio di Alésa e avrà  come tema gli effetti della guerra sulla vita degli individui.  Alésa diventa un eroe più per caso che per intenzione. Giovane di campagna,  di buoni sentimenti, egli chiede una licenza, al posto della medaglia che gli è offerta in premio, poiché  vuole tornare al paese a salutare la madre e a riparare il tetto di casa. Durante il suo lungo e movimentato viaggio attraverso la Russia devastata dalla guerra, fra tragedie, infedeltà, lealtà, speranze, delusioni e amore, egli riesce a conservare una sorta d'ingenua innocenza,  in ciò simile più ai personaggi delle leggende russe che a un vero soldato di una vera guerra. La gente che egli incontra sulle strade  e sui treni è riccamente caratterizzata, e il film è pieno di minute e  preziose osservazioni che illustrano come le debolezze e le preoccupazioni  di ogni giorno vengono ingigantite dalla guerra. I vari episodi che concorrono a dar corpo alla storia sono ispirati alle esperienze dello stesso Grigorij Cuchraj (che combattendo con i paracadutisti era rimasto ferito ben cinque volte) e del suo cosceneggiatore Valentin Ezov, che aveva combattuto in Marina. Gli interpreti principali - a quell'epoca entrambi studenti - sono perfetti. Vladimir Ivagev, scelto tra più di settanta attori per la parte di Alèsa, studiava recitazione alla VGIK, mentre Sanna Prochorenko, che interpreta Sura, era allieva del Teatro dell'arte di  Mosca. Il film è al tempo stesso comico e commovente, specialmente nelle scene delle accoglienze e dei commiati sulle banchine delle stazioni ferroviarie (caratteristica, questa, ricorrente nel cinema  sovietico, e forse risalente alla 'Anna  Karenina' di Tolstoj). I mutamenti d'atmosfera sono sottolineati dalla splendida fotografia di paesaggi mossi, affollati di autocarri e di treni stracarichi, e un'ulteriore vena di pathos nasce dalla consapevolezza che forse Alèsa non sopravvivrà alla guerra. La semplicità e la trasparenza della Ballata di un soldato conquistarono il pubblico  sia in patria sia all'estero e il film fu uno degli ultimi e migliori esempi della tendenza al 'realismo romantico'  della cinematografia di guerra sovietica degli Anni Cinquanta, annunciando quella più aspra e approfondita ricognizione del tema della guerra che si sarebbe sviluppata nel decennio seguente.