Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati, basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca.
A oggi nel mondo sono note più di 150 specie di funghi psicoattivi, e il loro numero sembra in crescita. Essi si possono classificare in tre distinte classi biochimiche, a seconda dell'identità dei principi attivi (alcaloidi) biosintetizzati. La prima classe, e nettamente più diffusa, sia come numero di specie che come distribuzione geografica, è la psilocibinica, comprendente funghi che producono perlopiù i composti indolici psilocibina, psilocina e beocistina e che appartengono essenzialmente ai generi Psilocybe (come Stropharia cubensis, Psilocybe cyanescens e Psilocybe semilanceata), Panaeolus (come Panaeolus subbalteatus e Panaeolus cyanescens), Inocybe (come Inocybe aeruginascens), Gymnopilus (come Gymnopilus spectabilis) e Pluteus (come Pluteus salicinus). Alcuni di questi funghi, per esempio quelli del genere Panaeolus, si possono definire psilocibinico-latenti, cioè producono alcaloidi psilocibinici in modo incostante principalmente a seconda della zona in cui crescono. La seconda classe è l'isossazolica ed è rappresentata da funghi che producono perlopiù i composti isossazolici acido ibotenico e muscimolo. Essi appartengono al genere Amnita (come Amanita muscaria e Arnanita pantherina). La terza classe comprende funghi che producono composti indolici derivati dell'acido lisergico. Ricordiamo i generi Claviceps, Aspergillus e Penicillium. Si tratta di funghi parassiti che infestano soprattutto le Graminaceae, sia selvatiche che coltivate. Le fonti più antiche circa i funghi sacri del Messico datano al secolo dopo la conquista dell'Impero Azteco nel 1521 da parte degli Spagnoli. Tezozómoc, un indiano istruito, descrisse nel 1598 l'ingestione di funghi inebrianti durante l'incoronazione di Montezuma II nel 1502. Questi funghi sono rappresentati nell'arte del periodo, perlopiù nel Codex Vindobonensis, nel Codice Magliabechiano e negli affreschi di Tepantitla a Teotihuacan. Inoltre, in America Centrale sono state scoperte pietre scolpite a forma di fungo associate al culto fungino degli antichi Maya, datate al 500 a.C.-200 d.C.
De Sahagùn definiva questi funghi come dannosi e affermava che intossicavano come il vino. ll frate F. de Motolinìa (T de Benavente) scrive che erano chiamati teonanàcatl, "carne di Dio", o del Diavolo che adorano, e in questo modo ricevevano la loro comunione. Teonanàcatl è un termine Nàhuatl traducibile più correttamente come "fungo meraviglioso" o "fungo sacro". Il fungo sacro era noto anche come teyhuinti-nanàcatl, "fungo inebriante". Nel 1620 l’Inquisizione dichiarò il consumo dei funghi sacri un'eresia e il loro culto fu considerato idolatrico e perseguito, per cui fu nascosto fino a scomparire virtualmente.
Nell'autunno 1969 si affaccia nella Hit Parade italiana un brano dall'atmosfera cupa ed apocalittica; ancora ci si chiede come abbia fatto ad entrare nella classifica dei singoli, a salire così in alto e a vincere la Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia nonostante la poca commerciabilità del brano, adatto piu per un pubblico di appassionati del genere (che solitamente acquistano i long playing) che ai normali acquirenti dei 45 giri. Si parla di Some Velvet Morning e dei Vanilla Fudge
“In una dolce mattina mi deciderò e aprirò il cancello per venire da te per parlarti di Phaedra (*) di come mi ha dato la vita e di come l’ha fatta finire in una dolce mattina mi deciderò I fiori crescono in una collina libellule e giunchiglie imparate molto da noi potete guardarci ma non toccarci Phaedra è il mio nome In una dolce mattina mi deciderò e aprirò il cancello per venire da te per parlarti di Phaedra di come mi ha dato la vita e di come l’ha fatta finire in una dolce mattina mi decideró I fiori sono ciò che conosciamo ma segreti sono ciò che facciamo crescere imparate molto da noi potete guardarci ma non toccarci Phaedra è il mio nome In una dolce mattina mi deciderò Nancy: I fiori sono ciò che conosciamo Lee e aprirò il cancello per venire da te Nancy libellule e giunchiglie Lee per parlarti di Phaedra Nancy imparate molto da noi Lee di come mi ha dato la vita Lee e di come l’ha fatta finire Nancy potete guardarci ma non toccarci Lee e come ce l'ha fatta"
Strano gruppo davvero i Vanilla Fudge, responsabili di un affascinante e colorato miscuglio composto da rock con spinte strumentali molto heavy, aperture neoclassiche tendenti al melodrammatico ed elaborati arrangiamenti colmi di stravaganze. I primi passi sono a New York nel 1966 come Pigeons, quando si riuniscono quattro ventenni dalle indubbie capacita strumentali. Mark Stein e Tim Bogert, già assieme in Rick Martin & The Showmen, avevano alle spalle anni di studi e di esperienze musicali; Vince Martell veniva dalla Florida dove era stato chitarrista in diversi gruppi e Carmine Appice si era fatto una solida preparazione professionale studiando con batteristi jazz. Adottato il nome Vanilla Fudge, sfondano nell'estate 1967 in Inghilterra, grazie ad un hit delle Supremes, You Keep Me Hangin' On, riveduto e corretto nel tempo di base e nelle parti vocali e strumentali. Il brano ha un impatto stupefacente presso critica e pubblico, trascinando al successo anche l'album The Vanilla Fudge (1967). L’album presenta brani di Sonny & Cher, Beatles, Zombies e Curtis Mayfield rielaborati con il particolare stile del quartetto che fa largo uso di tempi rallentati, voci artefatte e tremanti e un organo classicheggiante, il tutto, eseguito con innegabile feeling. Nel 1968 esce The Beat Goes On uno dei più ambiziosi concept album di tutti i tempi. Un affascinante pasticcio con la pretesa di sintetizzare tre secoli di musica sul lato A e 25 anni di storia sul lato B, il tutto inframmezzato da stacchi basati sulla canzone di Sonny Bono The Beat Goes On. Non contenti i quattro rivisitano Beethoven con For Elise & Moonlight Sonata e il relativo singolo li consacra gruppo psichedelico e successo mondiale.
Il cavaliere Antonius Block, di ritorno nella propria terra dalle crociate, trova ad attenderlo la Morte. Riuscirà a ritardare il proprio ineluttabile destino impegnandola in un'estenuante partita a scacchi, che nessuno dei due può permettersi di perdere; il tutto sullo sfondo di una Svezia martoriata dalla peste e dalla superstizione. Titolo tra i più noti della vasta filmografia bergmaniana, Il settimo sigillo mantiene inalterata la sua ossimorica levità, mostrandosi anche oggi, a sessant’anni di distanza, una straordinaria rappresentazione della vita e della morte, della fede e della (impossibile) ricerca di Dio, dell’amore e della speranza. Un’immersione in un Medioevo quantomai allegorico, dominato dal contrasto tra luci e ombre, alla ricerca di domande e (non più) di risposte. Max Von Sydow interpreta Antonius Block LA FONTANA DELLA VERGINE Ingmar Bergman 1960
Durante il tragitto nella foresta, Karin viene adescata da tre fratelli, pastori miserandi, di cui uno muto e un altro ancora bambino. La ragazza accetta di dividere il pranzo con i tre, ma quando si renderà conto delle loro reali intenzioni sarà troppo tardi. I pastori la violentano sotto gli occhi del bambino, poi la uccidono con una bastonata. Proprio quella sera riceveranno ospitalità nella casa del padre della ragazza, ignaro della sorte della figlia. Scoperta la colpa dei pastori, il padre li uccide uno dopo l’altro. Parabola sacra e fiaba pagana, opera di altissimo rigore espressivo, La fontana della vergine di Ingmar Bergman si delinea come una presa di coscienza del travaglio tra Fede e dubbio, poco prima del “silenzio di Dio” Max Von Sydow interpreta Töre L’ESORCISTA William Friedkin 1973
Il film, tratto dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty, segue le vicende del sacerdote cattolico Merrin, impegnato in una missione archeologica in Iraq; del giovane gesuita e psichiatra Damien Karras, nel bel mezzo di una crisi di fede in seguito alla morte della madre; e dell’attrice Chris MacNeil, la cui figlia dodicenne Regan ha da poco iniziato a dare segni di grave squilibrio, che i medici non riescono ad identificare all’interno di una patologia precisa. L’esorcista è una pietra miliare del cinema di genere ma non dovrebbe essere catalogato come film dell’orrore; principalmente il film di Friedkin è una pellicola drammatica sulla storia di una famiglia distrutta, sui problemi di una separazione (ricordiamo che siamo negli anni ’70), sulla fede in qualcosa di ultraterreno e sul credere o meno che il male possa esistere veramente, mettendo in gioco tutto ciò in cui crediamo per il bene di una persona cara, come una figlia. Max Von Sydow interpreta Padre Lankaster Merrin CADAVERI ECCELLENTI di Francesco Rosi 1975
L’ispettore Rogas indaga su vari omicidi di giudici: sospetta un farmacista scomparso, accusato dalle vittime ingiustamente, ma il capo della polizia, in combutta con i vertici militari, gli fa pressione affinché accusi i gruppi rivoluzionari giovanili. “Cadaveri eccellenti” non è e non vuole essere un film facile; è un film di spessore autoriale girato in maniera magistrale e che lascia aperte molto domande sul nostro futuro Max Von Sydow interpreta il Presidente del tribunale Riches I TRE GIORNI DEL CONDOR Sydney Pollack 1975
Joe Turner, ricercatore della CIA, si salva per puro caso dalla strage in cui cadono i suoi colleghi. Presto scopre di non potersi fidare dei superiori, e di doversi salvare da solo. Non è detto che ci riesca. Pervaso da un’ottica fortemente pessimistica, dalla quale emerge un’esplicita e rassegnata diffidenza nei confronti delle istituzioni governative, il capolavoro del thriller I tre giorni del Condor è dominato da una suspense che si snoda per l’intera durata della pellicola, coprendo la realtà con il velo deformante del sospetto Max Von Sydow interpreta il Killer indipendente G. Joubert Il DESERTO DEI TARTARI Valerio Zurlini 1976
Il tenente Giovan Battista Drogo viene inviato presso la sperduta fortezza Bastiani. Lì, ai confini col deserto, una guarnigione militare attende da mesi l’arrivo di un nemico che sembra non doversi mai materializzare. Vocazione per un cinema dei sentimenti ed attenzione storica sembrano conciliarsi nel potente affresco allusivo realizzato dallautore. Lintera vicenda di Drogo e dei suoi compagni diviene infatti loccasione per unallegorica rappresentazione dell’esistenza umana Max Von Sydow interpreta il Capitano Ortiz FLASH GORDON Mike Hodges 1980
l volo charter che trasporta l'aitante campione sportivo Flash Gordon e la bella Dale Arden è costretto ad un atterraggio di fortuna nei pressi del laboratorio del dottor Zarkov. Lo scienziato che ha riconosciuto, nei continui disastri geo-atmosferici da cui la Terra è sempre più spesso flagellata, un subdolo attacco proveniente dallo spazio, è determinato a rintuzzarlo all'origine, ed arruola con la forza i due giovani, trascinandoli con sè in un rischioso viaggio interplanetario. Appena sbarcati su Mongo, però, i tre cosmonauti cadono nelle mani del crudele imperatore Ming, il sovrano assoluto che - con la sua bellissima e volubile figlia Aura - governa il pianeta dall'alto della sua città volante. Affascinato da Dale, Ming progetta di farne la sua sposa, mentre Flash, a sua volta concupito dalla sensuale Aura, trova inattesi alleati tra i popoli vassalli del tiranno. Tra scontri epici e gigantesche battaglie aeree, il biondo eroe recupererà la sua Dale ed avrà la meglio su Ming e le sue armate. Sull’onda lunga del consenso di pubblico ottenuto da Superman, nel 1980 Dino De Laurentiis fa uscire nelle sale cinematografiche Flash Gordon, una delle sue più costose produzioni; una nuova trasposizione del fumetto nato dalla fantasia di Alex Raymond e inaugurato il 7 gennaio 1934 come indiretta imitazione di Buck Rogers (in Italia venne pubblicato da L’Avventuroso poco dopo, divenendone l’alfiere con il quale si identificava la testata). Max Von Sydow interpreta l'Imperatore Ming FINO ALLA FINE DEL MONDO Wim Wenders 1991
Come un puzzle, la vicenda ha una partenza disagevole, che trova la sua logica narrativa nella seconda parte. Una giovane donna incontra due rapinatori di banche. Con uno di loro stabilisce uno strano legame dal quale non è escluso l'interesse. Conosce un giovane misterioso del quale si innamora: l'uomo fugge, inseguito dai servizi segreti di una superpotenza, portandosi appresso uno strano marchingegno con il quale cattura immagini che intende consegnare alla madre affetta da cecità e che potrà vedere tali immagini. L'inventore dell'apparecchio è il padre stesso del giovane. Ma il vecchio scienziato è in aperto dissidio con il figlio a causa di una diversa visione dell'esistenza. La madre potrà vedere le immagini e morirà. L'evento scatena alterne reazioni tra chi era presente all'esperimento. Ciascuno oppresso da un diverso destino e con un futuro carico di incognite Partendo dal presupposto che va vista la versione originale del film ,quella che dura più di quattro ore, dipanata in tre capitoli principali, si tratta di uno dei film più irregolari di Wenders, road-movie con un retrogusto di fantascienza da serie B che ci porta in giro per le metropoli più belle del mondo. In effetti la parte più riuscita, a mio giudizio, è quella del viaggio per il mondo. Bellissimi, come sempre, i paesaggi ritratti da Wenders. Max Von Sydow Interpreta Henry Farber MINORITY REPORT Report Steven Spielberg 2001
Washington D.C., 2054. John Anderton è un detective a capo della Precrimine, sezione della polizia presieduta da Lamar Burgess che ha praticamente annullato gli omicidi in città. Questo è avvenuto grazie alle premonizioni di tre individui (i Precog), che riescono a “vedere” i delitti prima che essi vengano realmente commessi, permettendo alla forze dell’ordine di recarsi sul posto, impedire che il misfatto avvenga e arrestare i futuri colpevoli per le loro intenzioni. Prima di essere adottato su tutta la nazione, il sistema Precrimine deve subire un’accurata indagine che ne certifichi l’assoluta infallibilità, condotta dall’ispettore federale Danny Witwer. Durante una premonizione della precog Agatha , Anderson vede un omicidio di cui scopre di essere il futuro colpevole; per il detective, che si ritiene vittima di un complotto ai suoi danni, comincia così una lunga fuga per provare la sua innocenza. Grande idea quella che ebbe il geniale Philip Dick nel 1956: superato il sistema classico, plurisecolare, del "sorvegliare e punire" post-factum, ecco l'unico modo per estirpare il male dalla società attraverso la previsione di un delitto che grazie all'intervento della polizia di fatto, paradossalmente, non verrà commesso. Il colpevole viene prelevato e messo in un campo di prigionia una settimana o anche pochi secondi prima di aver commesso il reato. Dunque, una punizione pre-factum; un castigo che anticipa un delitto che, verificatosi solo nell'ordine della metafisica, nella realtà fenomenica è stato evitato; un' ingerenza nel destino del singolo uomo e un limite alla sua libertà di scegliere. La cognizione del male diviene precognizione del delitto. Max Von Sydow interpreta il Direttore Lamar Burgess NON HO SONNO Dario Argento 2008
Torino. Ritorna l’incubo di un serial killer creduto morto conosciuto come “il nano” che aveva insanguinato la città negli anni ’80 trucidando 3 donne. L’ex-commissario Ulisse Moretti, che seguì il caso all’epoca, ricomincia ad indagare in proprio, con l’aiuto del figlio di una delle vittime richiamato a Torino da un amico. Gli amanti del genere e di Argento, ritroveranno comunque vittime grondanti sangue, alcune sequenze ottimamente realizzate (da segnalare, in particolare, la scena iniziale sul treno, in occasione del primo delitto ed il lungo piano sequenza dell'omicidio in teatro) e l'inconfondibile stampo registico di Dario Argento, riuscendo ad apprezzare ugualmente la pellicola. Max Von Sydow interpreta Ulisse Moretti IL TRONO DI SPADE serie TV 2011 - 2019
Sette famiglie nobili in lotta per il controllo della mitica terra di Westeros. Le famiglie dominanti sono la Stark Case, Lannister, e Baratheon. L'attrito tra questi clan, e con le restanti grandi case Greyjoy, Tully, Arryn e Tyrell, conduce alla guerra su vasta scala. Tra guerra e confusione politica, un ordine militare trascurato di disadattati, i Guardiani della notte, è tutto ciò che interferirà tra i regni degli uomini e gli orrori che vi sono al di là del ghiaccio. La serie televisiva creata da David Benioff e D.B. Weiss è tratta dal ciclo di romanzi "Cronache del ghiaccio e del fuoco" di George R. R. Martin. Max Von Sydow interpreta Il corvo ha tre occhi
Il film, diretto dall’estroso regista di Priscilla, la regina del deserto, è tratto da un testo teatrale di Noel Coward già portato sul grande schermo da Alfred Hitchcock nel 1928. Una giovane divorziata americana sposa in fretta e furia, sull’onda della passione, il rampollo di una facoltosa famiglia inglese per poi ritrovarsi a dover affrontare i suoi impossibili genitori, tradizionalisti ed eccentrici signorotti di campagna. Un apologo sulla lotta di classe e le differenze tra America e vecchia Inghilterra, interpretato e diretto con gusto ironico e dissacrante.
Stephan Elliott è nato a Sydney nel 1964. Ha scritto e diretto il suo primo lungometraggio intitolato Frauds (Intrighi maligni) nel 1993. Un anno dopo, ha diretto The Adventures of Priscilla Queen of the Desert (Priscilla, la regina del deserto), vincitore di un Oscar e divenuto un cult movie. Seguono due film: la black comedy Welcome to Woop Woop (Benvenuti a Woop Woop, 1997) e il thriller Eye of the Beholder (The Eye – Lo sguardo, 1999). Dopo quasi un decennio lontano dai set cinematografici, torna alla regia con Easy Virtue.
In un panorama cinematografico dove l’estetica, la forza dell’immagine è costantemente messa davanti alla struttura narrativa, all’importanza della sceneggiatura, questo notevole Easy Virtue potrebbe essere preso come esempio, e raccontare che il cinema è ancora un’arte di scrittura, di dialogo, di storia. Elliott ha compiuto un’operazione davvero preziosa, e non ci si lasci ingannare dalla confezione vagamente retrò di Easy Virtue, perché in realtà si tratta di un film molto più attuale e moderno di quanto non appaia in un primo momento. Il film è certamente impregnato di humor britannico mirabile ed educato, ma sembra talvolta fuggire da esso in attimi di ribellione. Una fuga dal genere così come dalle convenzioni della famiglia protagonista del film, proprio come succede nella sequenza della caccia con una Larita in moto che taglia con forza sia i fasti del genere sia le intoccabili tradizioni della famiglia, lasciando i partecipanti stupefatti. Ribellione ovviamente culminata da un finale che a suo modo lascia pochi sprazzi di riconciliazione. Tutto sottendente un logico riferimento alla lotta di classe e alla contrapposizione nuovo/vecchio, Stati Uniti/Gran Bretagna.