venerdì 5 aprile 2019

IL PRATO DI BEZIN di Sergej M. Ejzenstejn

Il giovane Stepok, pioniere d'una comune agricola sovietica, denuncia il padre, sostenitore dei Kulak, quale responsabile di un incendio provocato per sabotare il raccolto del grano del Kolkoz. La chiesa ortodossa dove si barricano gli incendiari in fuga viene profanata dai contadini progressisti: Stepok viene ucciso dal padre con una fucilata.
L'errore di cui le autorità sovietiche accusavano Il prato di Bezin deriva dalla sceneggiatura, ma l'interpretazione registica non è insorta contro gli elementi negativi, e ha continuato, nonostante le possibilità offerte dalla seconda steura, a ripetere i difetti iniziali
(Sergej M. Ejzenstejn, in"Cinema Nuovo" n.190, novembre-dicembre 1967)

Il prato di Bezin è centrato su un conflitto personalizzato, tanto drammaticamente veemente ed egemonico da assoggettare al proprio contenuto simbolico il conflitto sociale. Il motivo centrale del film com'è noto, un fatto reale. Ejzenstejn fu attratto da questo materiale per una serie complessa di motivi: l'intensa tensione drammatica del conflitto; il significato simbolico della rivolta contro il padre; il sentimento di una nuova, inattesamente aspra fase storica, diversa, nella sua imminente tragicità, dalla guerra rivoluzionaria della prima trilogia e dalla serenità laboriosa, tra epica e bucolica, de Il vecchio e il nuovo. La storia mostrava un nuovo volto, enigmatico e spietato, e il mondo poetico di  Ejzenstejn si complicava di nuove forme e di nuovi simboli.
(Vittorio Strada, "Sergej Ejzenstejn", Edizioni Alice, Torino 1970)

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