martedì 5 giugno 2018

ZERO IN CONDOTTA di Jean Vigo

Alla fine delle vacanze, i giovani convittori tornano in un collegio della provincia francese. Il direttore dell'istituto, i sorveglianti, i professori, sono gli autoritari tutori di un ordine repressivo; soltanto il sorvegliante Huguet riesce a stabilire un rapporto di simpatia umana con i ragazzi. Quattro di questi (Caussat, Bruel, Colin e Tabard) organizzano una rivolta nel dormitorio poi, durante la festa del collegio, dall'alto di un tetto incitano i loro compagni alla ribellione.

Col pretesto che il cinema è nato ieri, noi ce ne serviamo infantilmente nello stesso modo in cui un papà balbetta per farsi comprendere dal suo bimbo. Una macchina da presa non è neppure una macchina pneumatica per fare il vuoto. Dirigersi verso il cinema sociale è consentire di svolgere una miriade di soggetti che l'attualità consentirebbe di rinnovare di continuo.E' liberarsi da due paia di labbra che mettono tremila metri per unirsi, e quasi altrettanti per staccarsi. 
(Jean Vigo, in "Bianco e Nero" n° 3, marzo 1949)

Mi sembra che la grandezza, l'originalità, l'importanza di Vigo risiedano proprio qui: questo mondo gli pareva inaccettabile, ed egli lo ha rifiutato. E' insorto contro di esso. E poi lentamente, dolorosamente, ha trovato una soluzione. Si è riconciliato con questa terra, con questa vita, questa condizione umana, ma non con questa società. Vigo è rimasto un rivoluzionario.
(Barthélemy Amengual, in "Positif" n° 7, maggio 1953  

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