Debitamente cotti, tritati o ridotti in polvere, questi potenti vegetali venivano mescolati con altri ingredienti. Alcuni funzionavano come mediatori chimici dell’azione degli alcaloidi vegetali; altri erano destinati alla suggestione psicologica, sia perché difficili da reperire, sia per pura affinità simbolica. Vedi le ali di pipistrello. Tutte queste sostanze venivano poi unite a un eccipiente grasso preferibilmente, secondo le accuse degli inquisitori, ricavato dai bambini, meglio se non battezzati). Si otteneva una pasta facile da spalmare, perché le sostanze attive potessero essere assorbite per via cutanea. La pomata veniva applicata nelle zone dove l’epidermide era molto sottile e densamente vascolarizzata, di preferenza sulle mucose: alcune testimonianze parlano dell’uso di spalmare la scopa con l’unguento, che passava così direttamente alle mucose vaginali. Altri luoghi in cui strofinarsi erano la parte interna delle cosce, le ascelle, i lati del collo: attraverso la fitta rete di capillari superficiali, i principi attivi attraversavano velocemente la pelle e penetravano nella circolazione sanguigna, entrando in circolo fino a raggiungere le sinapsi cerebrali. L’effetto della crema veniva accresciuto ricorrendo ad alcuni accorgimenti che possiamo ritrovare presso gli sciamani amazzonici: in primo luogo, il digiuno, non si sa quanto e fino a che punto volontario. Poi, la musica: il sabba veniva accompagnato da suoni indiavolati prodotti da strumenti maledetti, che potrebbero assomigliare molto ai ritmi tribali delle percussioni suonate per ore senza interruzioni durante i riti sciamanici.
Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati, basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca.
lunedì 19 marzo 2018
BELLADONNA la pianta del diavolo
Una delle piante più adoperate, presente in una moltitudine di pozioni e quasi sempre nella famosa pomata del sabba, era la belladonna, che contiene svariati alcaloidi, soprattutto l’iosciamina, atropina e scopolamina. I suoi effetti sul sistema nervoso centrale sono molto rapidi. Anche il giusquiamo contiene la scopolamina, che ‘ un forte narcotico. I suoi principi attivi agiscono soprattutto sul sistema nervoso simpatico: caratteristica la sensazione di assenza di peso, paragonabile a quella del volo. Altro elemento l’oppio che veniva assunto sotto forma di nepente, cioè cloridrato di morfina e acido citrico (succo di limone) sciolto in marsala, e si diceva che allontanasse il dolore. Per finire la canapa e il papavero da oppio.
Debitamente cotti, tritati o ridotti in polvere, questi potenti vegetali venivano mescolati con altri ingredienti. Alcuni funzionavano come mediatori chimici dell’azione degli alcaloidi vegetali; altri erano destinati alla suggestione psicologica, sia perché difficili da reperire, sia per pura affinità simbolica. Vedi le ali di pipistrello. Tutte queste sostanze venivano poi unite a un eccipiente grasso preferibilmente, secondo le accuse degli inquisitori, ricavato dai bambini, meglio se non battezzati). Si otteneva una pasta facile da spalmare, perché le sostanze attive potessero essere assorbite per via cutanea. La pomata veniva applicata nelle zone dove l’epidermide era molto sottile e densamente vascolarizzata, di preferenza sulle mucose: alcune testimonianze parlano dell’uso di spalmare la scopa con l’unguento, che passava così direttamente alle mucose vaginali. Altri luoghi in cui strofinarsi erano la parte interna delle cosce, le ascelle, i lati del collo: attraverso la fitta rete di capillari superficiali, i principi attivi attraversavano velocemente la pelle e penetravano nella circolazione sanguigna, entrando in circolo fino a raggiungere le sinapsi cerebrali. L’effetto della crema veniva accresciuto ricorrendo ad alcuni accorgimenti che possiamo ritrovare presso gli sciamani amazzonici: in primo luogo, il digiuno, non si sa quanto e fino a che punto volontario. Poi, la musica: il sabba veniva accompagnato da suoni indiavolati prodotti da strumenti maledetti, che potrebbero assomigliare molto ai ritmi tribali delle percussioni suonate per ore senza interruzioni durante i riti sciamanici.
Debitamente cotti, tritati o ridotti in polvere, questi potenti vegetali venivano mescolati con altri ingredienti. Alcuni funzionavano come mediatori chimici dell’azione degli alcaloidi vegetali; altri erano destinati alla suggestione psicologica, sia perché difficili da reperire, sia per pura affinità simbolica. Vedi le ali di pipistrello. Tutte queste sostanze venivano poi unite a un eccipiente grasso preferibilmente, secondo le accuse degli inquisitori, ricavato dai bambini, meglio se non battezzati). Si otteneva una pasta facile da spalmare, perché le sostanze attive potessero essere assorbite per via cutanea. La pomata veniva applicata nelle zone dove l’epidermide era molto sottile e densamente vascolarizzata, di preferenza sulle mucose: alcune testimonianze parlano dell’uso di spalmare la scopa con l’unguento, che passava così direttamente alle mucose vaginali. Altri luoghi in cui strofinarsi erano la parte interna delle cosce, le ascelle, i lati del collo: attraverso la fitta rete di capillari superficiali, i principi attivi attraversavano velocemente la pelle e penetravano nella circolazione sanguigna, entrando in circolo fino a raggiungere le sinapsi cerebrali. L’effetto della crema veniva accresciuto ricorrendo ad alcuni accorgimenti che possiamo ritrovare presso gli sciamani amazzonici: in primo luogo, il digiuno, non si sa quanto e fino a che punto volontario. Poi, la musica: il sabba veniva accompagnato da suoni indiavolati prodotti da strumenti maledetti, che potrebbero assomigliare molto ai ritmi tribali delle percussioni suonate per ore senza interruzioni durante i riti sciamanici.
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