domenica 28 gennaio 2018

Carlo Cafiero e il programma anarchico

La prima parola del nostro programma è anarchia, che ne contiene, per così dire, la sua quinta essenza e tutto in essa sola la sintetizza. Se, come già dicemmo, l’eguaglianza economica è tutt’altro che impossibile senza la libertà, l’anarchia al contrario esige la più completa eguaglianza fra gli uomini.
Non solo l’ideale, ma la nostra pratica e la nostra morale rivoluzionaria sono eziandio contenute nell’anarchia; la quale viene così a formare il nostro tutto rivoluzionario. È per ciò che noi l’invochiamo come l’avvenimento completo e definitivo della rivoluzione: la rivoluzione per la rivoluzione.
A noi, dell’anarchia, è confidata solamente la missione distruttrice. Noi forse periremo in un’avvisaglia od ai primi colpi della grande giornata; forse a qualcuno sarà dato persino mirare i primi albori dell’avvenimento umano. In tutti i casi, noi cadremo soddisfatti. Soddisfatti di aver concorso alla certa rovina di questo mondo iniquo, crudele, infame; che, crollando, ci seppellirà nella più gloriosa tomba concessa mai a combattenti.
Ben altri uomini nasceranno dalle viscere stesse della feconda rivoluzione, per assumere il compito di attuare la parte positiva ed organica dell’anarchia.
Odio, guerra e distruzione a noi, ad essi amore, pace e felicità. 

sabato 20 gennaio 2018

ILNEGOZIODELLECARAMELLEDAUNSOLDO di Lawrence Ferlinghetti

Il negoziodellecaramelledaunsoldo oltre la sopraelevata
e dove per la prima volta
mi sono innamorato
dell'irrealtà
Le gelatine di frutta luccicavano nella penombra
di quel pomeriggio settembrino
Un gatto sul balcone si muoveva tra
bastoncini di liquirizia
e toffee al cioccolato
e Gomme Oh Boy

Fuori le foglie cadevano man mano che morivano

Il vento aveva spazzato via il sole

Una ragazza entrò trafelata
Aveva i capelli fradici di pioggia
Il seno senza fiato nella stanzetta

Fuorio le foglie cadevano
e gridavano piangendo
Troppo presto! Troppo presto!
Bob Donlin, Neal Cassady, Allen Ginsberg, Robert LaVinge, e Lawrence Ferlinghetti (da sinistra a destra)

venerdì 12 gennaio 2018

BLIND LEMON

Blind Lemon è quasi l'archetipo di tutti i bluesmen, con la sua vita aspra come quella che ritrae spietatamente nelle sue canzoni; una vita piena di immagini sfuggenti di violenza e di morte, di relazioni passeggere, sempre in movimento, ma nello stesso tempo vissuta con umorismo e con rigoroso spirito di indipendenza. In tutto l'universo della sua visione c'è la decadenza e il senso del crollo sociale, ma il blues di Lemon prende forza ed elasticità nei temi erotici, e soprattutto quando riesce a mettersi nei panni di un altro e a vedere le cose dal suo punto di vista. Lemon era capace, come diceva Henry Towsend, un cantante di St. Louis, di "entrare in simpatia con i suoi simili".
Blin Lemon aveva una sonorità tutta sua, riconoscibile al primo colpo, che imprimeva la sua personalità su ogni genere di materiale musicale, sia che fosse suo sia che fosse preso dalla tradizione blues. Aveva una voce acuta e melanconica che accompagnava con figurazioni di chitarra complesse e irregolari; a volte dava pennate morbide seguite da fraseggi intricati su corde singole, a volte sospendeva il ritmo per cantare, o sottolineava le parole con effetti sonori. Era capace di suonare ritmi di danza con tempi regolari, ma il più delle volte usava la chitarra per rispondere al canto, con piccole frasi che schioccavano mentre lui gridava, sospirava o cantava a bocca chiusa. L'effetto complessivo fa pensare sempre a una notevole consapevolezza artistica, che stacca la sua opera dal concetto semplicistico dell' << avere il blues>>; la sua grande conquista è l'articolazione coerente di una visione del mondo, che va ben oltre il sentirsi giù, e abbraccia stati d'animo che superano anche il pathos e il dolore che il suo modo di suonare esprime.

I wonder why they electrocute a man after the one o'clock
hour in the night,
I wonder why they electrocute a man after the one o'clock hour in the night,
Because the current is much stronger, then the folkses turn out all the lights
(tratto da Lectric Chair Blues)

"Chissà perché le esecuzioni con la sedia elettrica le fanno dopo l'una di notte, / Chissà perché le esecuzioni con la sedia elettrica le fanno dopo l'una di notte, / E' perché la corrente è molto più forte a quell'ora, perché la gente spegne tutte le luci"

giovedì 4 gennaio 2018

GERTRUD di Carl Theodor Dreyer

Gertrud, moglie dell'avvocato Kanning, un uomo teso unicamente a scalare le vette delle alte gerarchie politiche, vive nella speranza di ricevere la controparte di un amore che ella profonde a piene mani: dal musicista Jannson ottiene solo bugie e meschinità; da Gabriel Lidman, un poeta amato nella giovinezza, viene rifiutata in quanto intralcio al proprio lavoro, Ormai vecchia, per sua libera scelta allontanatasi da tutti, Gertrud dinnanzi all'amico Axel Nygreen, ribadirà il proprio concetto dell'amore: "Amor omnia".

Quello che ho cercato in Gertrud è di far seguire le persone dalla cinepresa. Io stesso ho chiamato una volta queste azioni "primi piani scorrevoli". Ma abbiamo anche fatto in modo che questo non diventasse una cosa rigida e fredda, ma fosse una passeggiata. L'intenzione era di avere per tutto il tempo le facce degli attori in campo, in modo da poter leggere anche i loro pensieri, di poter leggere cioè i pensieri dell'uno mentre l'altro sta parlando. Perché la ripresa di un dialogo deve sottostare alla regola che le persone devono venir presentate di profilo, oppure uno dei due deve essere visto di schiena? In tal modo l'insieme delle persone può facilmente perdere di significato. Nella ripresa del dialogo entrambe le facce sono importanti.
(Carl Theodor Dreyer, "Cinque film", Einaudi, Torino 1967)

E' ancora diffuso l'atteggiamento di condanna per quei film che tradiscono la loro origine teatrale. Un esempio recente: l'aperta ostilità con la quale è stato accolto GERTRUD, l'ultimo film di Dreyer, che a me sembra un piccolo capolavoro. Esso non soltanto segue una commedia fine secolo dove i personaggi conversano a lungo con un certo sussiego, ma è filmato quasi interamente in campo medio. Una analisi più attenta rivelerebbe quanto è complesso il suo trattamento dello spazio.
(Susan Sontag, "Contro l'interpretazione", Mondadori, Milano 1967)