Frammento della giornata di una donna parigina del 1964. Charlotte Giraud fa l'amore con l'amante l'attore Robert, va a prendere il bambino a scuola, cena con il marito l'industriale Pierre, e il regista Leenhardt. Si succedono quattro lunghi monologhi: Pierre parla della memoria, Charlotte del presente, Leenhardt dell'intelligenza, la cameriera Madame Céline del sesso.
Ho finito di girare UNA DONNA SPOSATA, un film in cui i soggetti sono considerati come degli oggetti, in cui gli inseguimenti in taxi si alternano alle interviste etnologiche, in cui lo spettacolo della vita si confonde in definitiva con la sua analisi; insomma, un film in cui il cinema si muove libero e felice di non essere altro che se stesso.
(Jean-Luc Godard, "Il cinema è il cinema", Garzanti, Milano 1971)
L'uomo di cinema che a mio avviso è meglio riuscito a mettere a fuoco la condizione, o almeno una certa condizione femminile moderna, è Godard con una buona parte della sua produzione e in particolare con UNA DONNA SPOSATA. Questo soggetto composto di due gambe, gonna, reggiseno, di un marito, un amante che, secondo la lapidaria definizione dello stesso autore e attraverso l'occhio duramente, paradossalmente provocatorio della sua cinepresa, risulta essere la protagonista, che l'intero contesto sociale in cui si muove, gli uomini, le altre donne, la stampa, il cinema, la pubblicità, contribuiscono a confermare proprio nella sua qualità di oggetto, mi pare l'accusa più pesante e circostanziata della pressione condizionatrice esercitata dalla civiltà attuale sulla donna.
(Carlo Ravaioli, "La donna contro se stessa", Laterza, Bari 1969)
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