Non ignoriamo il nemico che ci circonda. Non ignoriamo gli indicibili pregiudizi di cui è pregna la coscienza sociale del paese. È creatura di una pedagogia medievale, soggettiva, dogmatica, che ridicolmente presume di costituire criterio infallibile. Non ignoriamo neppure che per legge ereditaria, confortata dalle suggestioni del ceto medio, le tendenze passive che vi sono connaturate già nei bambini in tenera età, si accentuano nei nostri giovani con rilievo straordinario.
La lotta è strenua, il lavoro è intenso, ma con la volontà costante e perpetua, unica provvidenza del mondo morale, siamo certi che otterremo il trionfo che perseguiamo; che ricaveremo dei cervelli vivi, capaci di reagire; che le intelligenze dei nostri allievi, quando si emancipano dalla tutela razionale del nostro Centro, continueranno ad essere nemici mortali dei pregiudizi; saranno intelligenze sostanziose, in grado di formare convincimenti ragionati, propri, personali, nei confronti di tutto ciò che sarà oggetto del pensiero.
Il fine ultimo dell'energia cerebrale dell'uomo è quello di produrre l'ideale con l'arte e con la filosofia, queste vaste generalizzazioni congetturabili. Ma affinché l'ideale non degeneri in favola o in vaga illusione, e il congetturabile non sia edificio che si erge su fondamenta di sabbia, è necessario in modo assoluto che abbia per base sicura, incrollabile, le nozioni esatte e positive delle scienze naturali.
D'altra parte, non si educa integralmente l'uomo disciplinando la sua intelligenza, ma trascurando il cuore e relegando la volontà. L'uomo, nell'unità del suo funzionalismo cerebrale, è un complesso; presenta vari aspetti fondamentali; è una energia che osserva, un'emozione che rifiuta o accetta la comprensione e una volontà che cristallizza in azioni quanto percepisce e ama.
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