venerdì 26 aprile 2013

IL PEYOTISMO

    
Il peyote, il cui nome stesso (è una parola nahuatl) indica le origini azteche, e che gli Indiani degli Stati Uniti chiamano anche mescal o dry-whisky, è un piccolo cactus chiamato Lophophora Williamsii dai botanici. Questa pianta contiene diversi alcaloidi, di cui il più attivo è la mescalina, ed è per questo che il suo ingerimento produce degli effetti fisiologici e psicologici diversi, che vanno, a seconda dei casi, delle dosi, degli individui, dalla semplice eccitazione fino al delirio allucinatorio. L'ingestione di questo cactus, che si mangia o di cui si beve un infuso, è l'atto essenziale del culto in questione. avviene ritualmente durante una cerimonia che dura una notte, caratterizzata da canti, da preghiere e da un pato in comunione, e che spesso è celebrata per ottenere la guarigione di un malato. questo culto è pan-indiano e presenta per i Pellerossa un carattere "nazionalista", al di là dei particolarismi tribali. D'altronde, non è esclusivo delle altre religioni indigene, e, infatti, molti dei suoi settari continuano a conformarsi alle pratiche culturali ancestrali delle loro rispettive tribù. Dal cristianesimo, il peyotismo prende la teologia, la morale, l'escatologia, con alcune modifiche che le rendono più compatibili con la cultura indiana tradizionale. Ne conserva ugualmente il simbolismo, almeno in parte, non soltanto nei segni, come per esempio la croce, ma ancora nella rappresentazione di essere soprannaturali, come Dio, Gesù, Maria.

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