Nel mio ultimo disco quello che mi premeva maggiormente era riuscire a comunicare il particolare tipo di tristezza che riveste il mio modo di guardare le cose. C'è un termine in portoghese, `saudade', che definisce benissimo quell'inesplicabile desiderio di qualcosa che è avvenuto tempo addietro, la malinconia per una parte del passato. È questo il tema generale dell'album The Good Son, il tema emozionale e stilistico. Ogni canzone è correlata alle altre. C'è continuità tra i solchi. Nei miei lavori precedenti, le parole erano come ingarbugliate, formavano un grosso nodo che spesso oscurava il mio feeling verso le cose. Gli argomenti trattati in The Good Son sono gli stessi di sempre, ma il linguaggio che li esprime è molto più semplice e diretto. I dischi precedenti mi erano costati molta fatica, mi esaurivano perché dietro a ogni canzone c'era un processo lunghissimo e doloroso. Niente mi veniva dato; toccava a me trovare una buona idea, lavorarci sopra, pensare alle parole adatte e costruire faticosamente i versi delle canzoni. I brani di The Good Son sono molto più immediati. Quasi tutte le canzoni erano già pronte prima di entrare in sala d'incisione, come mai era accaduto in passato. Questa volta abbiamo preso i brani e li abbiamo registrati. Punto. Molto meno faticoso di quando costruivo i testi direttamente al microfono, partendo da un giro di basso. L'Inghilterra è il mio porto d'attracco, il ritorno dall'avventura, il riposo dopo un viaggio lungo e massacrante. Ma, a parte tutto questo, non c'è niente in Inghilterra che mi ispiri. Viaggiare è per me diventato una vera e propria droga. Non ritorno in Australia, nella mia città natale, da dodici anni. Recentemente mi sono innamorato del Brasile. La prima volta che ci andai fu per suonare, eravamo in tour, e l'intera band si innamorò di quei luoghi e di quella gente. Non ci siamo stati per saccheggiare quella che io credo sia una forma musicale unica e per di più sacra per la gente del posto. Non siamo come David Byrne, non siamo avvoltoi culturali. Il Brasile è un luogo che ci ha sinceramente ispirato. È questo l'unico requisito necessario per incidere un disco. Devi sentirti bene, a tuo agio. Berlino è perfetta, in questo senso. Il mio problema è che, dopo un paio di mesi trascorsi nello stesso posto, inizio a sentirmi inquieto e a provare il bisogno di cambiare aria. La qualità che apprezzo maggiormente nel mio gruppo, i Bad Seeds, è la profonda consapevolezza della bellezza, dell'economia e della discrezione. I ragazzi vanno e vengono, lavorano con altri musicisti ad altri progetti, ma ogni volta che tornano riescono immediatamente a ritrovare l'intesa. Io spero che dentro di me ci siano sempre nuove canzoni che mi consentano di fare musica per molti anni ancora. Perché è questa la mia occupazione preferita. E i Bad Seeds mi aiutano a farla medio.
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