Il tedesco mi fissò un appuntamento per prendere lo Yage con il Brujo locale […] Lo stregone era sui settanta con un viso da lattante. Aveva la gentilezza insidiosa di un drogato dei vecchi tempi. Arrivai ad una capanna di paglia con il pavimento sudicio mentre stava calando la sera. Mi domandò immediatamente se avevo una bottiglia. Tolsi un quarto di aguardiente dal sacco da viaggio e glielo porsi. Si fece una bella bevuta e passò la bottiglia all’assistente. Io non bevvi perché volevo provare il brivido dello Yage allo stato puro. Il Brujo mise la bottiglia da una parte e si accosciò vicino ad un bacile fissato su di un tripode. Dietro al bacile c’era una nicchia di legno con una immagine della Vergine, un crocifisso, un idolo di legno, piume e pacchettini legati con dei nastri. Il Brujo rimase lì seduto senza muoversi per un gran tempo. Bevve un’altra gran sorsata dalla bottiglia. Le donne si ritirarono dietro una parete di bambù e non si fecero più vedere. Il Brujo cominciò a cantilenare sopra il bacile. Afferrai «Yage Pintar» ripetuto in continuazione. Sferzò l’aria sopra al bacile con uno scopettino per spazzar via quegli spiriti maligni che avessero avuto intenzione di infilarsi nello Yage […] Alla fine scopri il bacile e vi pescò dentro circa un’oncia di un liquido nero e me la porse in una sudicia tazzina di plastica rossa. Il liquido era oleoso e fosforescente. Lo bevvi d‘un ?ato. Amare avvisaglie della nausea. Gli restituì la tazza e lo stregone e il suo assistente bevvero anche loro […]. Dopo un paio di minuti un’ondata di vertigine mi travolse e la capanna si mise a girare vorticosamente. Era come partire sotto l’etere, o come quando si è molto ubriachi e ci si sdraia e il letto si mette a girare vorticosamente. Lampi azzurri mi passarono davanti agli occhi. La capanna prese un aspetto arcaico […]. L’assistente stava fuori in agguato con la palese intenzione di uccidermi. Venni colto da una nausea violenta, improvvisa e mi slanciai verso la porla andando a sbattere con la spalla contro lo stipite. Sentii Furto ma nessun dolore. Camminavo a stento. Nessuna coordinazione. I piedi erano come blocchi di legno. Vomitai violentemente appoggiandomi contro un albero e caddi al suolo in preda ad una disperata infelicità. Mi sentivo intorpidito come se fossi stato ricoperto da strati di cotone […]. Continuavo a ripetere «Voglio soltanto andarmene via di qui». Una stupidità meccanica incontrollabile si impossessò di me […] devo aver vomitato sei volte […] sentivo vomitare e gemere come se fosse stata un’altra persona [.. Le gambe e le braccia cominciarono a contrarmisi in modo incontrollabile […]. Rientrai nella capanna. I lampi azzurri ancora davanti agli occhi. Mi sdraiai e mi coprii con una coperta. Avevo freddo come con la malaria. Improvvisamente mi sentii molto insonnolito. La mattina dopo stavo benissimo a parte una certa stanchezza ed un leggero residuo di nausea.
Nessun commento:
Posta un commento