I Pink Floyd sono i sovrani incontrastati di questa ondata lisergica che invade l’Inghilterra passeggiando sul ritmo del beat. Nel loro suono c’è l’ebbrezza del nuovo, del mai provato, l’illusione di un viaggio oltre le stelle che spezza il cerchio del grigiore quotidiano regalando alla vita e alla mente la giusta dose di amore e magia. Il maestro di cerimonia è Syd Barrett, botanico finissimo, maestro della magia verde, mescolatore delle pillole colorate di marca Beatles con capsule prese dal listino degli Stones per creare aroma e luce.
Ottenuto un contratto con la EMI, i Pink Floyd pubblicano due 45 giri: Arnold Layne / Candy And A Current Bun e See Emily Play / The Scarecrow, due singoli che appaiono in classifica e fanno da apripista a uno dei più affascinanti lavori del nuovo rock inglese, THE PIPER AT THE GATES OF DAWN (agosto 1967).
Il primo LP del gruppo è uno dei dischi chiave dell’epoca. Dietro a un titolo preso da un classico della letteratura infantile (Il vento tra i salici) c’è lo spirito del1967, che anima di volta in volta lunghi strumentali, ballate stralunate, favolette acid pop, effetti spaziali e un inarrivabile lirismo psichedelico.
Con Lucifer Sam, si vira su lidi leggermente più classici con le voci stile beat, la chitarra con sonorità blues-rock virata sul psichedelico; il brano parla del gatto di Syd, Rover, soprannominato Sam dal cantante stesso.
Matilda mother, vede Richard e Syd avvicendarsi al ruolo di narratori in una dolce e bellissima favola dove una mamma racconta una storia ad un bambino che vuole saperne sempre di più, attraverso la rilettura di polifonie vocali dei Beach Boys e dei Beatles, il tutto rifinito da Wright con le sue tastiere orientaleggianti.
Flaming è la perfetta dimostrazione di come le droghe abbiano avuto una grandissima importanza all’interno della stesura dei brani. La traccia in questione è una descrizione dei tanti stati mentali provati da Syd sotto l’effetto dell’LSD e delle allucinazioni provocategli. Ci ritroviamo così con un Barrett sdraiato su nuvole blu, a cavallo di unicorni e impegnato a nuotare tra le stelle. Musicalmente il brano è introdotto e contaminato da arrangiamenti goliardici e dissonanti a fiati e percussioni, mentre l'organo di Wright evoca un tappeto sonoro liturgico, e le chitarre unite al pianoforte concludono l'evoluzione in un irreale quadro onirico.
Pow R. Toch H è la prima traccia strumentale dell’album, con un’introduzione jazzata e con un mirabile assolo pianistico di Wright, presenta grandi sperimentazioni, come le urla e le risate presenti all’interno del brano di Barrett e Waters derivanti direttamente dall'estetica avanguardista di Edgard Varèse e John Cage. Il brano, sorretto ancora una volta dalle tastiere e dalla batteria, lascia molto spazio sia all’improvvisazione delle prime che alle distorsioni psichedeliche della chitarra di Syd.
Take up thy stethoscope and walk, unico brano composto dal solo Waters. Il pezzo presenta un comparto strumentale davvero fenomenale. Inizialmente tutto segue l’andatura della melodia vocale, con un esclusivo accompagnamento del basso; la chitarra di Syd fa la sua entrata solamente dopo la prima parte del testo per improvvisare un orgia di assoli chitarristici distorti e man mano fa la stessa cosa anche il basso epilettico di Roger, il tutto armonizzato dalle tastiere di Wright.
Quando si pensa alla musica psichedelica, cercando di identificarla in un solo pezzo, è innegabile dire che Interstellar Overdrive salta immediatamente alla mente come prima candidata. Il brano, che su disco raggiunge solo i nove minuti, nulla in confronto ai venti e più delle versioni live, si sviluppa in diversi livelli, nascendo dal cupo riff di chitarra di Barrett che da menestrello dissonante si trasforma in musicista cosmico per sfociare poi nella più totale improvvisazione, in cui ogni strumento suona un qualcosa a se stante, senza risultare mai fuori posto. Ogni strumento vibra libero e organico, deformato dalla intensità della rappresentazione. Il senso cosmico è dato dal bip-bip galattico della chitarra, dal pulsare magnetico del basso, dagli scoppi luminosi della batteria e soprattutto dalla rumorosità astronautica delle tastiere.
The gnome, una delle melodie più orecchiabili di Barrett, una fiaba classicheggiante che narra la storia di un popolo di gnomi chiamato Grimble Gromble e delle loro abitudini quotidiane,
Chapter 24, Tratto da dei frammenti del capitolo 24 di uno dei libri preferiti di Barrett, I Ching, conosciuto anche come il libro dei mutamenti, dove sono illustrati alcuni degli insegnamenti di vita del confucianesimo. Il brano regala forse le melodie più allegre, con le polifonie vocali che si stagliano su di un tappeto a metà tra la ninna nanna bucolica e l'esperimento avanguardista, basso che compie incursioni blues fugaci e massicci interventi delle tastiere che perfezionano uno stile di psycho-folk Canterburyano.
The scarecrow, uno scherzo dadaista, valorizzata dagli arpeggi folk, dagli archi e dagli arrangiamenti percussivi bizzarri, racconta la descrizione che un bambino potrebbe fare di uno spaventapasseri.
Bike, nell’ultimo pezzo della seconda facciata, la band sfoga la propria anima più freak e surreale, con una prima metà immersa nel vaudeville da fiera ambulante e una seconda metà di jam rumorista percussiva, con sirene, orologi a cucù, campanelli, grancasse, catene arrugginite, versi di animali.
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