martedì 6 giugno 2017

LA STRADA di Federico Fellini

Gelsomina, ragazza povera, viene affidata dalla madre a uno zingaro, il brutale Zampanò. Fra i due ogni comunicazione è impossibile,  e Gelsomina ne soffre e vorrebbe andarsene, ma il Matto, un funambolo, la convince che tutti gli uomini servono a qualcosa. Un giorno Zampanò uccide il Matto e Gelsomina impazzisce. Zampanò allora la abbandona. Qualche anno più tardi viene a sapere, quasi per caso, che è morta; su una spiaggia deserta, guarda verso il cielo e piange.

Secondo me, LA STRADA intende realizzare l'esperienza che molto giustamente un filosofo, Emmanuel Monnier, ha detto essere la più importante e originaria per aprire a qualsiasi prospettiva sociale: L'esperienza comunitaria fra un uomo e un altro. Il nostro male, di noi uomini moderni, è la solitudine. C'è invece, a mio avviso, tra persona e persona, il modo di rompere questa solitudine, di far passare come "messaggio" tra l'una e l'altra. Ma il film ha anche delle aspirazioni semplicemente umane e affettive. Si domanda che funzione possa esercitare la donna in un rapporto tra le "persone" e che importanza abbia l'affettività femminile (diciamo pure la poesia della donna) nel richiamo comunitario alla spiritualità e all'amore.
(Federico Fellini, in "Il Contemporaneo"n.15, 9 aprile 1955)

La continuità tra il Fellini disegnatore-umorista e il Fellini cineasta è data dal personaggio di Giulietta Masina e da tutta la speciale "zona Masina" della sua opera, cioè da una poeticità rarefatta che ingloba la schematizzazione figurativa delle vignette umoristiche, e si estende - attraverso le piazze paesane della Strada - al mondo del circo, alla malinconia dei clown, uno dei motivi più insistiti della tastiera felliniana, e più legati a un gusto stilistico retrodatato, cioè corrispondente a una visualizzazione infantile, disincantata, pre-cinematografica d'un modo "altro".
(Italo Calvino, in Federico Fellini, "Quattro film", Einaudi, Torino 1974)


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