mercoledì 29 aprile 2015

Il lavoro non è vita

Sottrarre la nostra vita al dominio ed allo sfruttamento, al lavoro forzato ed al bisogno, alla mercificazione ed alla sopravvivenza significa non solo combattere contro questa forma della realtà, ma anche mettere in atto una realtà altra, mettere in atto forme e modi di vita differenti.
Significa immaginare una vita degna di essere vissuta e praticare questa immaginazione trasformando, subito, la forma, i modi, i tempi della nostra esistenza.
La nostra vita è unica, singolare, irripetibile. Essa può diventare l'unica e sola opera d'arte che valga davvero la pena di realizzare. 
Dobbiamo imparare a stimarla come cosa rara. Dobbiamo imparare ad assegnare, ad ogni suo momento, il valore che merita. Non possiamo svenderla ad un padrone, buttarla via nella noia della sopravvivenza, mortificarla con il lavoro forzato e con la vuotezza in cui cercano di imprigionarla.

mercoledì 22 aprile 2015

È ora di rovesciare il mondo esistente

"Finora la pratica non ha fatto che rinforzare il mondo esistente; si tratta ora di rovesciarlo".

Il vecchio mondo si contorce in convulsioni di rabbia scoprendo che le idee teoriche dei situazionisti sono destinate ad assumere un valore d'uso e che appaiono nella strada, che la reale dimensione del conflitto che esse annunciano è mondiale, la sua sfida irriducibile, lo scandalo della sua esistenza irrecuperabile...
Il nostro compito consiste in una critica inesorabile diretta anche contro i nostri cosiddetti amici che contro i nemici dichiarati; e per assolverlo, rinunciamo volentieri a una popolarità democratica a buon mercato...
Basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca. Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati...
Solo quando il meglio sarà sufficiente, il mondo sarà governato dalla più grande aristocrazia della storia, l'unica classe della società e la sola classe storica dei padroni senza schiavi...
Se se ne fottono di noi, non se ne fotteranno a lungo. Le rovine non ci fanno paura, noi erediteremo il mondo.

venerdì 17 aprile 2015

Little Brother Montgomery

Il padre di Little Brother era proprietario di un honky-tonk, dove, passavano decine di musicisti, tanto che Brother sentì lo stimolo a suonare fin dall'età di cinque anni.
Little Brother scappò di casa che aveva 11 anni. Cantava un blues molto vivo, con una voce acuta, leggermente nasale e un accompagnamento al piano di una dignità disciplinata e matura serietà.

The first time I met the blues, mama, they came walking throught the wood.
The first time I met the blues, baby, they came walking throught the wood.
They stopped at my house first, mamma, and done me all the harm they could.
Now the blues got at me, Lord, and run me from tree to tree.
Now the blues got at me, and run me from tree to tree.
You should have heard me begging, "Mister Blues, don't murder me!"

(La prima volta che ho incontrato il blues, mamma camminava nei boschi. /  La prima volta che ho incontrato il blues, baby camminava nei boschi. / Per prima cosa si fermò alla mia casa, e mi fece tutto il male che poteva. / Ora il blues mi sta addosso, Signore, mi insegue da un albero all'altro. / Ora il blues mi sta addosso, mi insegue da un albero all'altro. / Mi avrai sentito pregarlo, "Mister Blues, non ammazzarmi!")

E' vero quasi alla lettera che il blues camminava nei boschi la prima volta che Little Brother lo incontrò. La sua città natale, Kentwood, nella Louisana, era proprio nel cuore della zona forestale del Sud. Quest'area, una parte della quale prendeva il nome di Piney Woods, copriva vasti tratti del Mississippi, della Louisiana, dell'Alabama e del Texas, e dava il maggior contributo all'industria americana del legname. Kentwood era una delle tante città nate da quest'industria del Sud, che nel 1909 dava quasi la metà del prodotto nazionale di legname, e grandi quantità di trementina. In tutta la zona dei Piney Woods attorno alle cittadine sorgevano depositi di legname, di tronchi, segherie e campi di trementina collegati di solito dalla ferrovia, sulla quale viaggiavano hobos, musicisti ambulanti e lavoratori.

sabato 11 aprile 2015

L'ACQUA

La rivoluzione tecnologica ha permesso di pompare, depurare e distribuire l’acqua attraverso meccanismi sempre più sofisticati e a distanze sempre maggiori dalla fonte di approvvigionamento, il sistema industriale ha devastato i fiumi e le falde con le sue nocività, la civiltà dei consumi ha contribuito a devalorizzare l’acqua, alimentando la percezione che essa sia un bene illimitato, sempre disponibile e a buon mercato.
Occorre mettere in discussione questo sistema che mercifica tutto, non solo l’acqua, esalta l’individualismo e massacra le relazioni sociali. Bisogna recuperare innanzitutto la dimensione comunitaria dell’acqua, le attività collettive ad esse legate e quindi anche la percezione che essa sia un bene comune prezioso che tutti sono tenuti a difendere.
Riscattare l’acqua dalla funzione commerciale cui è stata relegata è possibile soltanto se la si considera in termini di prossimità, vicinanza. Allora sarà normale condividerla, non sprecarla, tenerla pulita. Sarà normale vigilare affinché gli avvoltoi del profitto, grandi e piccoli, non si avventino su di essa per sottrarla alla disponibilità di tutti e depredarla fino all’ultima goccia.   

domenica 5 aprile 2015

ARSENALE di Aleksandr Dovzenko

Nell'arsenale di Kiev scoppia la rivolta contro la Rada ucraina: gli operai scendono in sciopero con grande preoccupazione dei padroni che tentano in ogni modo di sconfiggere le forze progressiste del movimento operaio. Lo scontro avviene e si rivela vittorioso per la feroce repressione, ma il simbolo dell'operaio crivellato dai colpi dell'arma da fuoco avanza minacciosamente.

"Non si può dipingere un grande quadro con un unico pennellino. Per usare un'immagine, la sceneggiatura dev'essere scritta con ambo le mani tenendo in una un pennellino per disegnare minuziosamente gli occhi e le ciglia, e nell'altra un grande pennello per dipingere a grandi colpi gli spazi immensi, le passioni, i movimenti di massa. più l'autore è capace di sintesi artistica, più cose può introdurre in un'unica sceneggiatura, armoniosamente coordinando le dimensioni dei pennelli e dell'azione, e il dialogo con le altre forme di utilizzazione della parola." (Aleksandr Dovzenko, 1955)

Il cinema sovietico degli ultimi anni ha inteso scoprire e presentare una ricca galleria di fisionomie di classe. Esempio classico in questo campo è la formidabile scena dell'Arsenale di Dovzenko in cui si rappresenta il silenzio premonitore che avvolge Kiev prima della rivolta. Con una serie di brevi scene, che colgono un movimento, una immagine, un profilo il film esplora tutti gli strati sociali. I volti rivelano la classe, impressa nelle fisionomie degli individui; non rivelano l'uomo nella classe sociale, ma la classe sociale nell'uomo. (Béla Balàzs, 1949)