Quelle come me regalano sogni,
anche a costo di rimanerne prive...
Quelle come me donano l'Anima,
perché un'anima da sola è come
una goccia d'acqua nel deserto...
Quelle come me tendono la mano
ed aiutano a rialzarsi, pur correndo il rischio
di cadere a loro volta...
Quelle come me guardano avanti,
anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro...
Quelle come me cercano un senso all'esistere e,
quando lo trovano, tentano d'insegnarlo
a chi sta solo sopravvivendo...
Quelle come me quando amano, amano per sempre...
e quando smettono d'amare è solo perché
piccoli frammenti di essere giacciono
inermi nelle mani della vita...
Quelle come me inseguono un sogno...
quello di essere amate per ciò che sono
e non per ciò che si vorrebbe fossero...
Quelle come me girano il mondo
alla ricerca di quei valori che, ormai,
sono caduti nel dimenticatoio dell'anima...
Quelle come me vorrebbero cambiare,
ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo...
Quelle come me urlano in silenzio,
perché la loro voce non si confonda con le lacrime...
Quelle come me sono quelle cui tu riesci
sempre a spezzare il cuore,
perché sai che ti lasceranno andare,
senza chiederti nulla...
Quelle come me amano troppo, pur sapendo che,
in cambio, non riceveranno altro che briciole...
Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza...
Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero...
Quelle come me sono quelle che,
nell'autunno della tua vita,
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
e che tu non hai voluto...
Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati, basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca.
mercoledì 25 settembre 2019
mercoledì 18 settembre 2019
MELA DELLE SPINE
Oltre «mela spinosa» un nome popolare con cui viene chiamata la Datura, negli Stati Uniti è nota come «Jamestown Weed» più comunemente detta «Jimsonweed» e si riferisce soltanto alle specie orientali Datura stramonium. Il nome proviene da un incidente avvenuto nel diciassettesimo secolo, quando alcuni soldati Inglesi vennero coinvolti in una battaglia a Jamestonw, Virginia, contro una ribellione guidata dal luogotenente Bacon. Robert Beverly (circa 1673-1722), nella sua History and Present State of Virginia (1705) descrive ciò che era accaduto: “La James Town Weed (che assomiglia alla Mela Spinosa del Perù con la quale l’avevo scambiata) è considerata nel nostro mondo uno dei maggiori rinfrescanti. Poiché è una delle prime piante della stagione, viene raccolta quando è ancora giovane per farne un’Insalata bollita, la qual cosa venne fatta da alcuni soldati inviati colà per sedare la rivolta di Bacon; e parecchi di loro ne mangiarono in abbondanza, e il risultato del suo effetto fu una simpatica commedia; per parecchi giorni essi erano in preda a una specie di naturale follia. Uno di essi soffiava su una piuma facendola volteggiare per aria mentre un altro gli lanciava delle freccette con una notevole furia, e un altro ancora se ne stava completamente nudo seduto in un angolo, come una scimmia, sogghignando e facendo gran smorfie davanti a tutti; un quarto lo baciava appassionatamente dando gran manate ai compagni sorridendo beffardamente davanti a tutti, con un contegno ancora più beffardo di quello di un buffone olandese. Per via di questo loro stato vennero rinchiusi per evitare che nella loro follia si uccidessero, nonostante ciò tutte le loro azioni sembravano frutto dell’Innocenza e di bontà. Non erano molto puliti, e se non vi avessimo prestato la nostra attenzione si sarebbero rotolati nei loro escrementi. Dopo aver fatto un migliaio di giochetti infantili, e dopo undici giorni, ritornarono in sé. Non ricordavano nulla di quanto fosse loro accaduto.” I soldati affermavano di aver raccolto la Datura stramonium credendo che fosse un’erba atta a insaporire i cibi, ma è molto probabile che essi in effetti fossero stati messi al corrente del suo effetto inebriante dagli abitanti della Virginia, che usavano la Datura nei riti di iniziazione dei ragazzi.
martedì 10 settembre 2019
BORN TO BE WILD – Steppenwolf
Born to Be Wild è secondo nella classifica d’oltre oceano. Il ritmo è incessante e pulsante, la chitarra di John Kay distorta e sbriciolata: diventerà la bandiera degli Steppenwolf e di un’intera generazione. Inserito, l’anno successivo, all’inizio del film cult Easy Rder, mentre Peter Fonda e Dennis Hopper viaggiano sui chopper, sarà la perfetta colonna sonora del racconto di un duro scontro generazionale in atto negli Stati Uniti. I motociclisti lo sceglieranno come inno.
Fai correre il motore
a testa bassa sull’autostrada
cercando l’avventura
e tutto ciò che capita sulla tua strada
sì cara, fai che succeda
prendi il mondo in un abbraccio d’amore
fai fuoco con le tue pistole contemporaneamente
ed esplodi nello spazio
Mi piacciono il fumo e il lampo
il rombare del metallo pesante
gareggiando col vento
e sentendo che sono sotto
sì cara, fai che succeda
prendi il mondo in un abbraccio d’amore
fai fuoco con le tue pistole contemporaneamente
ed esplodi in cielo
come un vero figlio della natura
siamo nati, nati per essere selvaggi
possiamo scalare così in alto
non voglio morire mai
Nato per essere selvaggio
Nato per essere selvaggio
Steppenwolf, leggendaria band di hard psichedelico e una delle storiche formazioni della scena californiana. Gli Steppenwolf hanno una lunga e travagliata gestazione, avviata intorno alla metà degli anni Sessanta in Canada. Lì risiede, dal 1958 John Kay, fuggito con la famiglia dalla Germania Orientale. Nel 1967 John Kay si unisce agli Sparrows, una band formata dai fratelli Jerry e Dennis Edmonton e Nick St. Nicholas, per una serie di session edite due anni più tardi sull’album John Kay & The Sparrows. Alla fine dell’anno il gruppo si trasferisce in California, via New York, e lì si tuffa nei disorsini studenteschi del Sunset Strip, a Los Angeles, guadagnandosi subito la cittadinanza ordinaria. Gli Steppenwolf nascono nel 1968 con John Kay chitarra e voce, Jerry Edmonton batteria, Goldie McJohn tastiere e Michael Monarch chitarra. Il primo 33 giri SteppenWolf sale subito al sesto posto della classifica USA, in scia agli hit di Born to be Wild e The Pusher, canzoni che diventeranno due tra i più famosi inni della generazione ribelle degli anni Sessanta.
Fai correre il motore
a testa bassa sull’autostrada
cercando l’avventura
e tutto ciò che capita sulla tua strada
sì cara, fai che succeda
prendi il mondo in un abbraccio d’amore
fai fuoco con le tue pistole contemporaneamente
ed esplodi nello spazio
Mi piacciono il fumo e il lampo
il rombare del metallo pesante
gareggiando col vento
e sentendo che sono sotto
sì cara, fai che succeda
prendi il mondo in un abbraccio d’amore
fai fuoco con le tue pistole contemporaneamente
ed esplodi in cielo
come un vero figlio della natura
siamo nati, nati per essere selvaggi
possiamo scalare così in alto
non voglio morire mai
Nato per essere selvaggio
Nato per essere selvaggio
Steppenwolf, leggendaria band di hard psichedelico e una delle storiche formazioni della scena californiana. Gli Steppenwolf hanno una lunga e travagliata gestazione, avviata intorno alla metà degli anni Sessanta in Canada. Lì risiede, dal 1958 John Kay, fuggito con la famiglia dalla Germania Orientale. Nel 1967 John Kay si unisce agli Sparrows, una band formata dai fratelli Jerry e Dennis Edmonton e Nick St. Nicholas, per una serie di session edite due anni più tardi sull’album John Kay & The Sparrows. Alla fine dell’anno il gruppo si trasferisce in California, via New York, e lì si tuffa nei disorsini studenteschi del Sunset Strip, a Los Angeles, guadagnandosi subito la cittadinanza ordinaria. Gli Steppenwolf nascono nel 1968 con John Kay chitarra e voce, Jerry Edmonton batteria, Goldie McJohn tastiere e Michael Monarch chitarra. Il primo 33 giri SteppenWolf sale subito al sesto posto della classifica USA, in scia agli hit di Born to be Wild e The Pusher, canzoni che diventeranno due tra i più famosi inni della generazione ribelle degli anni Sessanta.
mercoledì 4 settembre 2019
SCIUSCIÀ di Vittorio De Sica
La guerra da poco conclusa ha distrutto le famiglie di due ragazzi romani, Giuseppe e Pasquale, che vivono facendo gli “sciuscià” (cioè i lustrascarpe per i soldati americani: dall'inglese shoe-shine) nelle vie della capitale. Con i soldi così guadagnati, essi realizzano il sogno di possedere un cavallo bianco, ma vengono messi in carcere perché invischiati senza colpa in un losco affare. Nella casa di correzione la loro amicizia è compromessa dalla soggezione a un mondo dominato da adulti autoritari, infidi, egoisti: Giuseppe evade e corre a prendere il cavallo. Pasquale Io insegue e ne provoca la morte.
Erano i giorni che sapete, e ne avevo già visto abbastanza per sentirmi profondamente turbato, sconvolto: le donne che andavano in camionetta con i soldati, gli uomini e i ragazzini che si buttavano a terra per afferrare le sigarette e le caramelle. Agli adulti pensavo meno che ai bambini: e pensavo: “adesso si che i bambini ci guardano!”. Erano loro a darmi il senso, la misura della distruzione morale del paese: gli sciuscià.
(Vittorio De Sica, in “Tempo” n. 50, 16 dicembre 1954)
Secondo un deputato, i nostri film dovrebbero sempre finire lietamente. ci ha consigliato di chiudere lietamente tutte le nostre storie. S'incassa di più, dice. Il deputato crede che gli scrittori e i registi italiani premeditano storie tristi a ogni costo? La vita i bella, egli grida dai banchi di Montecitorio. Quando sarà ministro mi farà arrestare perché ho concluso il soggetto di Sciuscià con una morte. Ah, vogliono uscire indisturbati dal cinema, si accontentano di simulacri e gli uomini vivi li seppelliscono con un lampo della loro mente per non udirne i lamenti.
(Cesare Zavattini, in “Rinascita” n. 3, marzo 1949)
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