L'ULTIMA RISATA di Friedrich Wilhelm Murnau
Un vecchio portiere d'albergo, che vive in un appartamento con la figlia e l'amante di lei, data l'età, deve lasciare l'uniforme gallonata per fare il custode dei gabinetti. Al colmo delle umiliazioni e della sfiducia, l'uomo e sull'orlo del suicidio quando, per una inattesa eredità, diventa ricco e alloggia nell'albergo in cui serviva.
Nella loro immagine (delle scenografie) c'è del dramma per l'occhio, secondo il modo in cui sono state disposte o fotografate. Attraverso la loro relazione con altri oggetti, o con i personaggi, diventano elementi della sinfonia dei film.
(Friedrich Wilhelm Murnau, in George Sadoul, "Il Cinema", Sansoni, Firenze 1967)
Murnau con L'ultima risata aveva affrontato il problema del racconto cinematografico sul piano di un realismo psicologico a forti tinte drammatiche. Ed aveva girato un film senza l'uso delle didascalie, unicamente basandosi sul gioco della recitazione e sopra un attento e abile montaggio per contrasti.
(Luigi Rognoni, "Cinema muto", Bianco e Nero, Roma 1952)
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