Silenzio.
Sempre silenzio.
Non parliamo più.
Non danziamo più.
Non gridiamo più.
Perché non siamo liberi.
Perché non siamo piu' liberi in casa nostra.
O Africa d'un tempo!
O Africa domata!
O Africa, Africa nostra.
Tam-Tam,Tam-Tam-Tu
senza sosta, per sempre.
Africa, paese delle tristezze!
Africa,paese senza danze, senza canzoni!
Africa,paese di pianti e lamenti...
Tam-Tam, Tam-Tam-Tu
Senza sosta,
suonati per sempre ,
per rianimare tutta l'Africa,
Per risvegliare quest'Africa addormentata,
fino alla creazione d'un'Africa Nuova,
ma sempre Nera.
Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati, basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca.
martedì 30 maggio 2017
lunedì 22 maggio 2017
Le strutture statali creano oppressione
Le strutture statali creano oppressione, sono contrarie alla natura dell'uomo che non può fare a meno di vivere insieme agli altri suoi simili, essendo un essere sociale. Bakunin mira alla costituzione del comune popolare, in cui ogni cittadino sia libero di esprimere se stesso e le proprie qualità, contribuendo al libero progresso della collettività.
Sono questi i principi che l'anarchico russo ha sottolineato nel 1866 a Ginevra, in occasione del Congresso Internazionale dei lavoratori: "Distruggere l'influenza di ogni dispotismo in Europa, mediante l'applicazione del diritto di ogni popolo, grande o piccolo, debole o potente, civile o non civile, di disporre di se stesso e di organizzare spontaneamente, dal basso in alto attraverso la via di una completa libertà, al di fuori d'ogni influenza e d'ogni pretesa politica o diplomatica, indipendentemente da ogni forma di stato, imposta dall'alto in basso, da un'autorità qualunque, sia collettiva, sia individuale, sia indigena, sia straniera, e non accettando per basi e per leggi che i principi della democrazia socialista, della giustizia e solidarietà internazionale". Quindi abolizione dello Stato e di ogni forma di autorità, critica al socialismo di Stato, ripensamento del processo di industrializzazione e valorizzazione delle forze sociali da sempre emarginate, liberazione dell'uomo. La polizia, le carceri, l'esercito, la magistratura sono i nemici dell'individuo poiché è attraverso essi che la borghesia capitalista si impone sul proletariato.
Lo Stato, scrive Bakunin, è "sinonimo di costrizione, di dominazione attraverso la forza, camuffata se possibile, ma, al bisogno, brutale e nuda.”
Sono questi i principi che l'anarchico russo ha sottolineato nel 1866 a Ginevra, in occasione del Congresso Internazionale dei lavoratori: "Distruggere l'influenza di ogni dispotismo in Europa, mediante l'applicazione del diritto di ogni popolo, grande o piccolo, debole o potente, civile o non civile, di disporre di se stesso e di organizzare spontaneamente, dal basso in alto attraverso la via di una completa libertà, al di fuori d'ogni influenza e d'ogni pretesa politica o diplomatica, indipendentemente da ogni forma di stato, imposta dall'alto in basso, da un'autorità qualunque, sia collettiva, sia individuale, sia indigena, sia straniera, e non accettando per basi e per leggi che i principi della democrazia socialista, della giustizia e solidarietà internazionale". Quindi abolizione dello Stato e di ogni forma di autorità, critica al socialismo di Stato, ripensamento del processo di industrializzazione e valorizzazione delle forze sociali da sempre emarginate, liberazione dell'uomo. La polizia, le carceri, l'esercito, la magistratura sono i nemici dell'individuo poiché è attraverso essi che la borghesia capitalista si impone sul proletariato.
Lo Stato, scrive Bakunin, è "sinonimo di costrizione, di dominazione attraverso la forza, camuffata se possibile, ma, al bisogno, brutale e nuda.”
lunedì 15 maggio 2017
L'OROLOGIO
Nell’esatto momento in cui la rivoluzione industriale ha richiesto una maggiore sincronizzazione del lavoro, nasce l’esigenza dell’orologio. Il piccolo congegno che regola i nuovi ritmi della vita industriale rappresenta allo stesso tempo uno dei bisogni più urgenti tra quelli indotti dal capitalismo per stimolare il proprio progresso.
Così scopriamo, il senso del tempo nel suo condizionamento tecnologico e con il calcolo del tempo, il mezzo di sfruttamento del lavoro. Con la divisione del lavoro, la sorveglianza della manodopera, le multe, le campane e gli orologi, gli incentivi in denaro, le prediche e l’istruzione, la soppressione delle feste e degli svaghi, vengono plasmate le nuove abitudini di lavoro e viene imposta la nuova disciplina del tempo. E allorché viene imposta la nuova “disciplina del tempo”, gli operai iniziano a combattere non contro il tempo, ma intorno ad esso. La prima generazione di operai di fabbrica viene istruita dai padroni sul valore del tempo; la seconda generazione forma le commissioni per la riduzione d’orario nell’ambito del movimento delle dieci ore; la terza generazione sciopera per lo straordinario come tempo retribuito in modo maggiorato del 50 per cento. Gli operai hanno accettato le categorie dei propri padroni e hanno imparato a lottare all’interno di esse. Hanno appreso la lezione: “il tempo è denaro”.
Così scopriamo, il senso del tempo nel suo condizionamento tecnologico e con il calcolo del tempo, il mezzo di sfruttamento del lavoro. Con la divisione del lavoro, la sorveglianza della manodopera, le multe, le campane e gli orologi, gli incentivi in denaro, le prediche e l’istruzione, la soppressione delle feste e degli svaghi, vengono plasmate le nuove abitudini di lavoro e viene imposta la nuova disciplina del tempo. E allorché viene imposta la nuova “disciplina del tempo”, gli operai iniziano a combattere non contro il tempo, ma intorno ad esso. La prima generazione di operai di fabbrica viene istruita dai padroni sul valore del tempo; la seconda generazione forma le commissioni per la riduzione d’orario nell’ambito del movimento delle dieci ore; la terza generazione sciopera per lo straordinario come tempo retribuito in modo maggiorato del 50 per cento. Gli operai hanno accettato le categorie dei propri padroni e hanno imparato a lottare all’interno di esse. Hanno appreso la lezione: “il tempo è denaro”.
sabato 6 maggio 2017
La sortie des usines Lumiere
"L'uscita delle officine dello stabilimento Lumière a Montplasir. Uomini, donne, ragazzi si affrettano per andare a pranzo, chi a piedi, chi in bicicletta. Scomparsi gli operai, anche i padroni escono in carrozza per andare a mangiare. E' la vita intensa colta sul fatto. La proiezione ha avuto del resto l'onore di un bis."
(Resoconto della presentazione del film al congresso di fotografia di Lione: 10 giugno 1895)
I soggetti che ho scelto per i miei film provano che volevo soltanto riprodurre la vita.
(Louis Lumière, citato in Sadoul, Storia Generale del Cinema, Einaudi, Torino 1967)
Louis Lumière ebbe la geniale intuizione di filmare e proiettare come spettacolo ciò che spettacolo non è: la vita prosaica, i passanti che pensano ai loro fatti. Ciò che attirò le prime folle non fu un'uscita dalla fabbrica, un treno che entra in stazione (sarebbe stato sufficiente andare alla stazione o alla fabbrica) ma una immagine del treno, una immagine dell'uscita dalla fabbrica. Non era per il reale, ma per l'immagine del reale che si faceva ressa alle porte del Salon Indien.
(Edgar Morin, in "Il cinema o dell'immaginario", Silva, Milano 1962)
Se il cinema nasce dalla fotografia, potremo riscontrare anche in esso tendenze realistiche e tendenze creative. Non fu certo un puro caso se le due tendenze si manifestarono una accanto all'altra immediatamente dopo la nascita del mezzo. Nel tentativo di abbracciare sin dall'inizio l'intera gamma delle esperienze cinematografiche, ogni tendenza fece di tutto per esaurire le proprie possibilità. I capiscuola furono Lumière, rigorosamente realista, e Méliès, che dava libero corso alla sua fantasia.
(Siegfried Kracauer, "Film: ritorno alla realtà fisica", Il Saggiatore, Milano 1963)
(Resoconto della presentazione del film al congresso di fotografia di Lione: 10 giugno 1895)
I soggetti che ho scelto per i miei film provano che volevo soltanto riprodurre la vita.
(Louis Lumière, citato in Sadoul, Storia Generale del Cinema, Einaudi, Torino 1967)
Louis Lumière ebbe la geniale intuizione di filmare e proiettare come spettacolo ciò che spettacolo non è: la vita prosaica, i passanti che pensano ai loro fatti. Ciò che attirò le prime folle non fu un'uscita dalla fabbrica, un treno che entra in stazione (sarebbe stato sufficiente andare alla stazione o alla fabbrica) ma una immagine del treno, una immagine dell'uscita dalla fabbrica. Non era per il reale, ma per l'immagine del reale che si faceva ressa alle porte del Salon Indien.
(Edgar Morin, in "Il cinema o dell'immaginario", Silva, Milano 1962)
Se il cinema nasce dalla fotografia, potremo riscontrare anche in esso tendenze realistiche e tendenze creative. Non fu certo un puro caso se le due tendenze si manifestarono una accanto all'altra immediatamente dopo la nascita del mezzo. Nel tentativo di abbracciare sin dall'inizio l'intera gamma delle esperienze cinematografiche, ogni tendenza fece di tutto per esaurire le proprie possibilità. I capiscuola furono Lumière, rigorosamente realista, e Méliès, che dava libero corso alla sua fantasia.
(Siegfried Kracauer, "Film: ritorno alla realtà fisica", Il Saggiatore, Milano 1963)
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