venerdì 3 giugno 2016

FRONTE DEL PORTO di Elia Kazan

Un sindacato controllato da una banda di gangster sfrutta gli scaricatori del porto di New York. Uno di questi, Terry Malloy, anch’egli abituato a sopportare soprusi e violenze, decide di ribellarsi ai malviventi (che gli hanno ucciso il fratello) dopo avere imparato sani principi morali da un prete e da Eddie, la ragazza che ama. Terry rivela a una commissione d’inchiesta i loschi affari del sindacato e viene quasi ucciso dai gangster, ma la sua lotta è un esempio per tutti gli scaricatori.

È il contenuto del film e non i mezzi tecnici che stanno dietro ad esso che rendono il film bello o brutto. In definitiva, infatti, che cosa è che conta di più nel cinema: il colore, l’illuminazione, la levigatezza delle immagini?n A me pare piuttosto che la cosa più importante sia il contenuto del film. 
(Elia Kazan, in “Cinema Nuovo” n. 113, 01 settembre 1957)
Il film di Kazan Fronte del porto è un buon esempio di mistificazione. Il proletariato è costituito da un gruppo di essere fiacchi, piegati sotto il giogo di cui si rendono ben conto senza aver tuttavia il coraggio di scuoterlo; lo Stato (capitalista) si confonde con la Giustizia assoluta, è il solo possibile ricorso contro il crimine e lo sfruttamento: l’operaio, se giunge fino allo Stato, fino alla sua polizia e alle sue commissioni d’inchiesta è salvo. Quanto alla Chiesa, sotto le apparenze di un modernissimo gigione, essa è soltanto una potenza mediatrice tra la miseria costitutiva dell’operaio e il potere paterno dello Stato-padrone. D’altra parte, alla fine, tutto questo leggero prurito di giustizia e di coscienza si calma molto rapidamente, si risolve nella grande stabilità di un ordine benefico dove gli operai lavorano, i padroni stanno a braccia conserte, e i preti benedicono gli uni e gli altri nelle loro giuste funzioni.
(Roland Barthes,” Miti d’oggi”, Lerici, Milano 1962)   

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